La felicità è amare

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La felicità è amare quello che si ha.

Mi sono svegliata all’alba nella mia casa nuova che amo, nel silenzio che amo.

Non forzo il sonno. Quando mi sveglio presto cerco di vivere le ore dell’alba facendo cose che mi piacciono. Stamattina ho letto, bevuto un buon caffè e ascoltato l’intervista di Laura Campanello a Massimo Recalcati fatta su Radio 27.

Trascrivo in sintesi alcuni punti su cui riflettere:

La forma della nostra vita dipende dagli incontri che abbiamo fatto.

Gli incontri decisivi della nostra vita sono o gli incontri con i maestri o gli incontri d’amore.

L’incontro vero è sempre un incontro d’amore. Quando noi facciamo un incontro d’amore noi facciamo un incontro con la moltiplicazione dei mondi. L’incontro buono ha l’effetto di aprire il mondo, di farci verificare che esistono molte forme e molti linguaggi.

L‘indipendenza che rifiuta la dipendenza è una forma di falsa indipendenza.

Una delle forme della nevrosi è l’illusione di fare tutto da sé.

È uno dei miti del nostro tempo, è un mito che danneggia la soggettività perché non c’è soggetto che non sia in rapporto a un altro, che non sia in relazione.

La felicità è amare quello che si ha. Non è cercare quello che non si ha.

Pensare che ogni giorno sia lo stesso di questo mio giorno. Ogni giorno mi piace per quello che è e quindi, vorrei ripetere ogni mio giorno.

La formula della felicità è poter dire “ancora come adesso”. Quando uno dice: ancora come adesso è beato.

Noi viviamo in un tempo che ci suggerisce che il nuovo sia altrove rispetto a quello che viviamo.

La novità che noi cerchiamo al di là di ciò che noi facciamo e siamo, si rivela sempre la stessa insoddisfazione.

Il vero nuovo è sempre nella piega dello stesso.

Come nella fedeltà nell’amore. È sempre la stessa di cui conosco la geografia del corpo, la voce, i sentimenti però quella – che è sempre la stessa – nell’amore si rivela sempre un nuovo.

12 pensieri su “La felicità è amare

  1. Mi fai venire in mente che c’è stato un periodo, in tarda adolescenza, in cui puntualmente mi svegliavo all’alba. Senza sveglia. Allora andavo in giardino, annusavo l’aria, mi godevo quel momento tutto mio, e quando il mondo iniziava a svegliarsi tornavo a dormire…

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