Ho deciso di educarmi a tacere. Non qui. Non attraverso la parola scritta: qui ho un volto neutro e grandi ali.
Ho deciso di educarmi a vedere e tacere. Non posso fare a meno di vedere: non ho bende agli occhi. Ma posso stringere un nastro sulla bocca, un nastro blu, di seta, leggero. Così non potrò dire. Così starò muta.
Ho deciso di darmi un tempo di silenzio. Facciamo dieci giorni. Non appartenendo alla schiera dei santoni indiani, degli asceti che semplicemente stanno anche immobili su colonne o a terra, non mi sarà facile tacere.
Vedere e tacere. Nulla chiedere, non sottolineare le incoerenze le imperfezioni le sbavature che vedo nell’altro. Ogni cosa è già stata detta, ogni preghiera richiesta osservazione domanda è già stata fatta. A che serve ripetere? Come il maestro zen che, dopo le stupide domande dell’allievo gli prende il capo e, con un movimento fulmineo, gli mette la testa sott’acqua perché capisca non con le parole, ma con l’esperienza l’importanza della vita, del respiro, dell’aria… così io farò.
Mi asterrò volontariamente da ogni parola per dieci giorni. Non con tutti, logicamente. Solo con lui, la persona che non ascolta, non comprende, e sbadiglia quando gli spiego parlo chiedo commento comunico.
Non sarà facile per me tacere. Ma voglio comunque provare. E vedere l’effetto che fa in me e fuori di me.
Poi vi racconterò.
PRIMO GIORNO
Non è stato semplice tacere. Ma è solo il primo giorno e c’è lo stimolo della prova, del gioco, del test.
In un momento critico ( avrei preso a schiaffoni ) non dire nulla è stato davvero ostico. Non dire nulla e mantenere un clima pacato. Perché, si sa: la comunicazione non verbale, mimica, gestuale è talvolta più potente di una frase sprezzante.
Quindi tacere e mantenere un atmosfera calma, ariosa, tranquilla come se l’altro non ci avesse offeso.
Vediamo come andrà il secondo giorno.
SECONDO GIORNO
Anche oggi sono riuscita a tacere, a far scivolare lentamente ogni possibilità di attrito e replica nel nulla, nel silenzio. È una dura disciplina perché scatta immediata la solita modalità di reazione. La persona mi sembra stupita del mio arrendevole silenzio. Vedrò di stupire anche domani. Stasera chiuderò la giornata con coerenza. Non parlare significa accettare che l’altro si prenda in modo assolutamente autonomo la responsabilità di ogni suo gesto e scelta. Non farò la mamma. Non farò l’offesa. Ho notato che stando zitta è come se spostassi il fuoco dell’attenzione dall’altro su di me. Sono lieta di pensare per dieci giorni solo a me. Dimenticarmi del piccolo che piange ( il piccolo, logicamente, è già adulto da diversi anni ).
TERZO GIORNO
Oggi la prova è davvero dura. Lui si è appena comportato con assoluta mancanza di empatia e connessione. Come ho da poco scritto a Elena, mi sarebbe così semplice far capire in che situazione mi trovo, portando esempi. Subito la gravità della situazione sarebbe evidente.
Una persona che ama comunicare non sceglie la strada opposta senza ragione. Vi dico soltanto che se non fossi in questa situazione di imposto silenzio, mezz’ora fa avrei detto, urlato, ripetuto per mezz’ora. Le stesse cose già dette ripetute scritte sussurrate urlate. Mi annoia la noia, scrivevo sull’altro sito. Mi annoia ripetere. E poi: a che serve se l’altro è immodificabile?
Sono solo le 15. Vedrò di tener duro fino a stasera. Oggi è finora la prova più difficile perché il suo comportamento di poc’anzi avrebbe tirato i nervi anche a un santo.
QUARTO GIORNO
Ho fatto questi schizzi:
Accidenti. Li ho sull’iPad e sono lontana da casa. Studierò il modo di caricarli qui, sullo smartphone.
Appena possibile li condividerò: a volte un disegno grafico spiega più di mille parole.
QUINTO GIORNO
Non mi ero resa conto che qui, in quello che pensavo il mio sito gratuito, vengono messi annunci pubblicitari. Almeno in Blogger te lo chiedono, se li vuoi. Va beh.
Ecco gli schizzi:

La comunicazione è un processo circolare. Per circolare il messaggio parte da un emittente, giunge al destinatario che risponde con un messaggio. E viceversa.
La comunicazione quando non è disturbata da un rumore esterno o interno ha un ritmo.

Io dico qualcosa e tu mi rispondi. O viceversa. Si può rispondere anche con il linguaggio gestuale, o con quei mugugnini o versetti che mantengono il contatto con chi sta parlando ( funzione fàtica ). L’importante è mantenere un ritmo, al di là delle normali differenze. Ci sono persone che sono logorroiche, in tal caso la linea del loro intervento sarebbe molto lunga. Ci sono persone più concise.
Al di là della lunghezza del dire, se c’è una buona comunicazione tra due individui lo schema potrebbe essere questo, con le dovute pause variazioni e alterazioni.
SETTE GIORNI FA
Sette giorni fa scrivevo: Provarmi nel silenzio. Il test, l’esperimento è riuscito solo in parte. Ieri ho rotto il silenzio.
A cosa mi è servito stare in silenzio: a tacere anche se vedevo storture incoerenze, atteggiamenti e comportamenti irritanti da parte dell’altro. Desideravo non essere per qualche giorno il cliché della moglie riprodotta nelle barzellette della settimana enigmistica. Avete presente? Il marito sul divano con accanto le bottiglie di birra, stravaccato e la moglie che fa la battuta? Stereotipi.
Mi è servito a capire se lui capiva che io stavo zitta con fatica e volontariamente. Lui ci ha sguazzato allegramente in questo silenzio. Che meraviglia: continuare a fare quel che si vuole senza una compagna che dice! No, non ha capito la fatica.
Ho rotto il silenzio perché con certe persone senza consapevolezza è assolutamente indifferente tacere o parlare. Il silenzio è uno spazio mistico da saper assaporare. Il dialogo, il confronto è uno stato che presuppone il rispetto della differenza dell’altro. Se io gli dico, con calma chiaramente il mio punto di vista, che so: su come io intendo il rapporto uomo/donna in una relazione, se io poi gli chiedo: E tu, come lo vedi? Lui non mi risponde. Lui tace. Lui sa mettere in atto un silenzio perenne che è chiusura, difesa, offesa.
Per questo motivo avevo scelto, giorni fa, di utilizzare la sua stessa modalità: per fargli da specchio. Purtroppo lui è totalmente indifferente a qualsivoglia modalità relazionale. Se gli parlo, tace. Se io sto zitta, tace. Ci sono persone che hanno gravi problemi comunicativi, parlano del tempo, del cane, di storia o politica, di esperienze passate, ma non chiedetegli di fare una minima analisi su aspetti intimi. Sulla relazione, per esempio. Sul loro modo di intendere o portare avanti un rapporto affettivo.
Per quanto mi riguarda, invece, ritengo indispensabile ogni tanto dirsi, a cuore aperto, quali aspetti possono essere migliorati per vivere un rapporto più soddisfacente. Vivere in coppia è un continuo adattamento. A mio parere è bene dirsi: è possibile migliorare questo aspetto per il benessere di entrambi. Senza offendersi perché siamo esseri limitati e quindi perfettibili.
Fine
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