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Riflessioni

Sofferenza avventizia

Gli antropologi sono da sempre interessati a ciò che rende gli esseri umani diversi dagli altri animali.

Oggi sappiamo che gli esseri umani sono la specie che ha inventato il microonde, il ballo da sala e come insegnare ai bambini a usare il water.

Ma, cosa ancor più notevole, gli esseri umani hanno inventato la sofferenza avventizia: la capacità di provare dolore e sofferenza per ciò che è stato, per ciò che potrebbe essere o per ciò di cui fa esperienza qualcun altro.

… Il concetto chiave nello studio dello stress è questo : se siete una zebra e un leone vi balza addosso, addentandovi provate dolore, correte per salvarvi la vita e il vostro corpo fa cose stupefacenti.

Cose che sono esattamente quelle necessarie per sopravvivere.

Se siete un essere umano che soffre di dolore avventizio, il vostro corpo fa esattamente le stesse cose, ma se le fa per un tempo prolungato, vi ammalerete”.

In spiaggia mi piace osservare le coppie. La situazione ambientale è tra le più idilliache. Mare blu, acqua calda e trasparente piena di pesciolini, scogli e macchia mediterranea. Lettini e ombrelloni.

Eppure mi è capitato di vedere poche coppie in situazione rilassata e armoniosa. Senza stress. Mi ha colpito l’amore e la pace che emanava dalle schiene di un lui e una lei che stavano abbracciati a guardare il mare.

Come sa chi mi legge sono una sintetica e, quindi, non mi dilungo troppo a spiegare per filo e per segno che cos’è la sofferenza avventizia. Rimando alla lettura del libro: La meditazione come medicina – Dalai Lama Jon Kabat-Zinn Richard J. Davison

C’è modo di lavorare per il proprio benessere fisico e mentale allontanando lo stress causato da noi stessi per una errata concezione della vita egocentrata. Lo stress in situazioni di pericolo è salutare, se non ci sono situazioni di pericolo è fatale per la nostra salute. La ruminazione mentale su ciò che è stato e ciò che sarà è un fattore di stress. Impariamo a vivere nel presente con gratitudine e un senso di appartenenza all’universo. Impariamo a fare bene, stare nel bene e lavorare per stare bene.

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Non è tutto oro

Non è tutto oro quello che luccica.

Ho sempre scritto quanto sono felice della scelta di vita che ho fatto: vivere in montagna. Ho sempre evidenziato gli aspetti positivi e non mi sono soffermata sugli aspetti negativi che, naturalmente, esistono.

Aspetti positivi:

Aria pulita e tersa, normalmente cielo blu

Panorama spettacolare quando apri la finestra

Natura verde foreste alberi fiori animali selvatici

Neve e ghiaccio

Silenzio ( a parte Natale e Ferragosto)

Velocità in Posta e Uffici Comunali: niente code

Piccola comunità dove ci si aiuta e ci si controlla ( la porta di casa può restare chiusa senza il giro di chiave, qui non esistono porte blindate) non esistono cancelli barriere di ferro: i confini sono segnati da semplici pali di legno che può scavalcare anche un bambino

Poche automobili e poco traffico ( a parte Natale e Ferragosto)

Prodotti a chilometro zero. Un ragazzo mi porta le uova, i formaggi e il latte è di allevatori, la verdura viene dal mio orto o da altri orti

Possibilità di camminare ogni giorno scoprendo percorsi nuovi in mezzo alla natura

Aspetti negativi :

Difficoltà a integrarsi in una piccola comunità chiusa

Pochissimi negozi essenziali: il primo supermercato è a mezz’ora di distanza, così l’ottico, il dentista, l’estetista…

Dal 9 agosto siamo senza medico: il sostituto è a 40 minuti di macchina. Meglio non ammalarsi…

Nessun shopping. A meno di scendere nella città più vicina : 40 minuti in macchina. Per fortuna io non intendo più fare shopping.

A ottobre non c’è un bar aperto per fare colazione. Il nostro farmacista mi ha detto che a ottobre ci siamo solo noi e i lupi…

La linea telefonica salta ad ogni temporale. Così la rete.

La strada per scendere è sempre interrotta per lavori con semafori mobili. È a tornanti. Alcune volte è chiusa per una giornata: se non ti informi rischi di stare bloccato su o giù.

Anche d’inverno per le valanghe rischio di essere bloccati e divisi dalla valle.

Lontananza dai familiari e amici.

L’elenco sia degli aspetti positivi sia di quelli negativi si potrebbe ampliare maggiormente. Ma rimane il fatto che per me valgono solo gli aspetti positivi e ogni giorno che passa sono sempre più felice di essere qui. In montagna.

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Nevrosi del mondo

“Quando dico che i disturbi dei pazienti sono reali, intendo dire che sono realistici, proporzionati al mondo esterno.

Intendo dire che le distorsioni della comunicazione, il senso di vessazione e di alienazione, la perdita di intimità con l’ambiente immediato, l’impressione di falsi valori e di futilità interiore che a ogni istante viviamo in questo nostro mondo sono valutazioni autentiche e realistiche e non mere appercezioni intrapsichiche”.

Da: L’anima del mondo e il pensiero del cuore – James Hillman

Per chi va ogni tanto a dare una regolata al proprio sistema da un analista, esattamente come si va a far revisionare aggiustare l’auto dal meccanico, sarà abbastanza chiaro il brano della citazione riportata.

È logico che in ogni periodo storico gli eventi esterni hanno inciso sulla nostra psiche. Ma mai come in questo caso.

La pandemia da corona virus non colpisce solo il nostro sistema immunitario e fisico, ancor più – e la cosa è purtroppo estremamente sottovalutata – colpisce la nostra psiche. La tenuta dell’equilibrio psicologico.

Un buon analista dovrebbe tenerne conto. Siamo più fragili, più esposti, abbiamo bisogno di più tranquillità, più affetto. Il nostro tracciato emotivo è instabile con pericolose punte e sbalzi.

Purtroppo basta leggere la cronaca nera per rendersi conto degli effetti. La famiglia e la coppia scoppia se non sostenuta da un terreno affettivo emotivo solido. Siamo sempre più come topi in una scatola troppo piccola sottoposti a scosse elettriche se non ci comportiamo bene.

Prima di finire in ospedale qualcuno finirà al reparto neurologico.

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Usare le mani

Esattamente nove anni fa scrivevo sul mio altro blog, relativamente a due articoli letti sul quotidiano La Repubblica:

Uno era di Giacomo Papi che raccontava di un viaggio sul treno Freccia Rossa verso Roma:

” I passeggeri si sono tolti il cappotto e automaticamente si sono collegati in rete con il portatile. Tutti stanno già navigando, chattando, scrivendo, calcolando, rispondendo alle e-mail.

Ca va sans dire: nessuno comunica con il vicino. Nessuno dorme anche se sono le sette e mezza di mattina.

Tutti sono già collegati. Il cordone ombelicale va dritto al pc o all’iPad.

Nessuno guarda il paesaggio che sfila fuori dal finestrino. Attivi con le dita, gli occhi e la mente. Molti già lavorano. Sono tutti connessi, interconnessi e attivi. Presenti alla rete del mondo”.

In una delle pagine successive Federico Rampini raccontava del ritrovato gusto della casalinghità e domesticità delle donne sotto i trenta.

fare la marmellata, cucinare, cucire, fermentare yogurt all’antica, fare la maglia e coltivare gli orti. Preparare i bambini in casa scolarizzarli tra le mura domestiche: homeschooling.

La nostra generazione satura di tecnologie ha una disperata voglia di manualità, nostalgia del saper fare le cose”.

Nove anni fa chi avrebbe previsto quello che è capitato per il corona virus? Il lockdown da un lato ha amplificato la nostra dipendenza dalla rete, in questo caso unica modalità di comunicazione con l’esterno.

D’altro lato ha imposto una valorizzazione di tutte le attività manuali. Volenti o nolenti, considerata la forzata carcerazione tra le mura domestiche, ci ha presentato il conto di un tempo dilatato da riempire: così abbiamo riscoperto che le mani non servono solo per digitare sulla tastiera ma anche per disegnare e dipingere, scrivere su un foglio con una penna, lavorare a maglia o all’uncinetto, giocare e costruire, modellare.

A volte, se non comprendiamo da soli, la storia ci impone un forte segnale esterno che ci fa cambiare radicalmente comportamento.

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Humus

Immagine fotografica di Eletta

E l’umiltà? Nel senso di povertà l’umiltà viene da humilis, che deriva con tutta probabilità da humus, cioè terra. C’è forse povertà sulla terra? O umiltà? Sembra invece che chiunque possa venire e farle quel che gli pare. Scavare rivoltare seminare. Ma alla fine lei inghiotte tutti coloro che la divorano. Resiste, in un silenzio eterno”.

Questo a pagina 95 di: La scatola nera di Amos Oz.

Che dire? C’è dentro tutto quello che c’è da pensare ora.

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Il senso

Immagine fotografica di Eletta

Come sempre accade, per caso, ieri sera ho visto un messaggio che giaceva da tempo in uno dei miei spazi di contatto. Vi si richiamava un libro che ho qui ora davanti a me. Un’altra copia è di sopra intonsa.

È un libro che ho letto una decina di anni fa in una situazione completamente diversa. È uno di quei libri mai abbandonati per sempre: ogni tanto ripresi in mano.

Oggi è uno di quei giorni in cui mi chiedo prepotentemente il senso della mia vita. Come sempre accade, ancora per puro caso ho trovato questa frase annotata nel 2012 dopo la scrittura di un sogno:

VEDO, ma nessuno dà credito a ciò che vedo.

Anche oggi, purtroppo, ho potuto constatare che non mi resta che tacere davanti a chi non vuol capire. Per me è un grande dolore vedere e non essere creduta. Vedere e non poter dire.

Prima che capitasse questa grave emergenza, due notti prima io ho sentito e saputo che stava accadendo qualcosa di molto grave. Come ho scritto ultimamente a un amico: ho antenne sottilissime.

Comunque… per tornare al libro che ho qui davanti. In questo momento di vicinanza con la morte molti si chiedono il senso della vita, molti cominciano a riflettere su quali eventuali modificazioni mettere in atto. Qualcuno, invece, banalizza: se devo morire perché pormi tanti problemi?

Allora vediamo il senso:

” Questo libro … vuole risuscitare le inspiegabili giravolte che ha dovuto compiere la nostra barca presa nei gorghi e nelle secche di una mancanza di senso, restituendoci la percezione del nostro destino. Perché è questo che in tante vite è andato smarrito e va recuperato: il senso della propria vocazione, ovvero che c’è una ragione per cui si è vivi”.

Molti già storcerannno il naso alla parola vocazione che sa di religione e ceri e incenso. Non è così. James Hillman è uno psicoanalista junghiano.

In questo senso nel libro vocazione è più relativa alla sensazione che il mondo, in qualche modo, vuole che io esista.

La domanda di fondo del libro è: Come posso rintracciare la trama di fondo della mia storia?

Questo libro ha per argomento la vocazione, il destino, il carattere, l’immagine innata: le cose che insieme sostanziano la teoria della ghianda, l’idea cioè che ciascuna persona sia portatrice di un’unicità che chiede di essere vissuta e che è già presente prima di essere vissuta”.

Quindi, che ci piaccia o no, essere e vivere ora ha un senso non solo per noi. Anche morire. Per questa unicità di ogni essere umano è veramente terribile in questo periodo essere diventati solo numeri. Nelle terribili cifre dei morti quotidiani ci sono nascoste uniche e irripetibili vite che hanno avuto un senso.

Il libro è: Il codice dell’anima – James Hillman – Biblioteca Adelphi

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Riflessioni

Buonumore come dovere etico

Immagine grafica di Eletta

In questo periodo sono sorte come funghi pubblicità di medicinali e integratori per proteggere e rinforzare il nostro sistema immunitario. Vitamine sali minerali e affini.

Si dimentica però di dire che la prima medicina per un sistema immunitario forte è stare bene emotivamente. Si sottovaluta, in questa condizione di stress a cui siamo sottoposti per le nuove regole, il peso e la pressione sul nostro benessere psichico. Solo in due situazioni televisive ho sentito dare l’allarme per un possibile aumento di violenza familiare e sulle donne.

Parlando con un amico dicevo che dopo questa emergenza sanitaria, una volta trovato il vaccino o il rimedio per il corona virus, ci sarà da affrontare un’emergenza emotiva: molti saranno i depressi, molti andranno fuori di testa. Senza tener conto, anzi aggiungendo, l’emergenza economica. Salteranno molti sistemi nervosi.

Già ora convivere in uno spazio ristretto con familiari, alla cui presenza non eravamo più abituati, comporta un alto livello di adattamento.

Naturalmente nella maggior parte dei casi le persone fanno di necessità virtù e riescono, anzi, a inventarsi un nuovo modo di stare insieme in buonumore.

Il buonumore in questo momento è un vero e proprio dovere etico perché nutre il gruppo o le persone che ci circondano di positività e implica una buona conoscenza di sé: so quali sono i miei desideri, ma so anche come smorzarli o rinunciarvi ora. Tengo conto dei miei bisogni, ma considero anche quelli altrui. Alleggerisco, invece di appesantire.

Le persone che non sanno donare buonumore sono persone ansiose e depresse, perennemente insoddisfatte. In questo periodo ansia e depressione abbassano il tono della nostra esistenza e, a sentire alcune ricerche, anche il nostro sistema immunitario disponendoci alla malattia. Purtroppo, una persona depressa abbassa il tono dell’esistenza anche di chi è vicino e quindi influisce anche sul sistema immunitario altrui.

“La depressione, prima di essere una condizione clinica, è un cedimento della memoria, è l’incapacità di rilanciare nel futuro un’esperienza di felicità”. Galimberti

La realizzazione di sé è il fattore decisivo per la felicità che non si trova fuori di sé. Ora che non possiamo soddisfare fuori di noi: acquistando viaggiando incontrando, possiamo trovarla solo dentro di noi nella compostezza della nostra anima.

Felicità e infelicità sono fenomeni dell’anima” – Democrito

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Riflessioni

Siamo noi

Acquarello di Eletta

Il fatto che noi siamo vissuti dalle forze della vita è solo una faccia della verità; l’altra faccia siamo noi che determiniamo la nostra vita in quanto nostro destino”.

L. Binswanger – Per un’antropologia fenomenologica – Feltrinelli

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Attimi Riflessioni

Rammaricarsi

Acquarello di Eletta

In questo momento cupo e difficile è giunto il momento – per tutti gli uomini di buona volontà – di mettere in campo 4 forze:

Rammarico, Affidamento, Riparazione, Decisione.

Rammaricarsi significa ammettere di aver compiuto determinate azioni e riconoscerne le conseguenze negative. L’intento del rammarico è l’allontanamento dalla mente di ogni difesa o giustificazione dell’azione.

La seconda forza, l’affidamento, corrisponde alla disidentificazione. Affidamento significa rinnovare il legame con la pratica spirituale, tramite la devozione, la compassione, la consapevolezza o la presenza.

La terza forza, la riparazione significa agire in modo da demolire l’operato dello schema che si cela dietro l’azione negativa. Se è possibile, emendate l’azione negativa: scusatevi, fate ammenda.

La quarta forza, la decisione significa dar forma all’intenzione di non comportarsi più in un certo modo”.

Quanto ho scritto è una sintesi tratta da: Risvegliati alla vita di Ken McLeod – Ubaldini Editore

Può sembrare strano, ma quando la morte aleggia è proprio giunto il momento di “Risvegliarci alla vita“. Il libro citato è una via buddhista all’attenzione. Logicamente può servire anche a chi non fa meditazione. Purché sia un essere consapevole.

È un tempo di emergenza che mette a dura prova i nostri nervi. Direi che essere estremamente cortesi è il minimo.

Se non lo siamo stati, prigionieri dello schema reattivo del nostro Ego, conviene farsi un serio esame e mettere in campo queste quattro forze. Rammaricarsi per la propria stoltezza, chiedere scusa se ci si è comportati in modo scortese, sentire compassione verso la persona che si è ferita e per se stessi, e infine lavorare per non ricaderci più o almeno tentare.

Queste parole e riflessioni serviranno solo a chi ha un minimo di consapevolezza. Per gli altri, purtroppo, neppure quando la “Signora con la falce” bussa alla porta non c’è proprio nulla da dire e da fare.

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Riflessioni

Grazie e scusa

Immagine fotografica di Eletta

Grazie e scusa: due parole magiche.

Capita a tutti di sbagliare. Capita a tutti di avere i nervi per dei problemi personali o per una giornata storta.

Finché siamo da soli: ce la sbrighiamo da soli finché ci passa. Diverso è quando, per i nostri problemi, investiamo e riversiamo su chi ci sta vicino il nostro mal- essere.

Allora occorre scusarsi. È d’obbligo, soprattutto se chi ci sta vicino vuole darci una mano e sopporta con pazienza alti e bassi.

Non tutto ci è dovuto. Occorre ricordarlo. Essere grati e dire un semplice: grazie di esserci è estremamente importante.

Stare vicino a persone simpatiche e affettuose non è difficile. Si scambia buona energia.

Più difficile stare vicino a chi è chiuso e continuamente riverso sui suoi problemi. Allora tutto quello che si dona è un dato non assodato, che non arriva alla coscienza di chi riceve. È bene invece esserne consapevoli. Ricordarlo. E ringraziare per la pazienza. Per l’energia che si riceve. Gratis. Senza dare in cambio nulla.

A meno di pensare che tutto ci è dovuto. Ma non siamo re o regine. Sono stata aiutata domenica a sistemare il pc che non funzionava: ho ringraziato con calore e cuore la persona che mi ha sistemato il problema. Ero grata.

Ci sono persone, invece, che non si accorgono mai di tutto quello che si fa per loro. Esseri piagnucolosi continuamente ricurvi su se stessi a pretendere. Mai grati. Mai pronti a scusarsi per tutto il mal-essere che riversano sugli altri. Pensano sempre di essere nel giusto. Non hanno minimamente consapevolezza di come si comportano e del male che arrecano.

Allontanarli dalla propria vita. Questa è una possibile soluzione. La depressione è contagiosa. Soprattutto se la persona che agisce male non trova mai un barlume di coscienza per capire e dire le due parole magiche: grazie e scusa.

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Teatro

Immagine fotografica di Eletta

…quello che i trattatisti dell’arte della memoria chiamano teatro: cioè un sistema di luoghi, di immagini, di azioni, di parole atte a suscitare nella memoria altri luoghi, altre immagini, altre azioni, altre parole: in continua proliferazione e associazione. E siamo così a Proust: a una forma di occultismo non sospettata dai trattatisti della memoria”.

Da: Il teatro della memoria – Leonardo Sciascia

Riporto questo frammento dal libro che sto leggendo. Nel teatro della memoria ci siamo tutti noi. Lasciamo tracce che sono parole e immagini e luoghi e azioni – anche qui – in questa rete virtuale/reale che acchiappa pesci e frammenti di plastica.

Pezzi di vita, esperienze, fatti, racconti che ci s-velano anche se siamo velati ( da un nickname ). Lasciamo tracce che entrano nella memoria collettiva.

I blog sono diari pubblici. Tocca a chi scrive lasciare tracce più o meno profonde. Come sempre, non è la qualità dello strumento che usiamo, ma la qualità dell’uso che ne facciamo. Se, cioè, saremo in grado di suscitare nella memoria altri luoghi, altre immagini, altre azioni, altre parole come toccando fili vibranti che trasmettono all’infinito: pensieri, riflessioni, sensazioni…

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Che personalità hai?

Mi piacciono davvero molto questi piccoli video che trovo su YouTube.

Mi piacciono per la chiarezza espositiva. Per la estrema sintesi. Perché l’attenzione è aiutata dalla parte visiva ben fatta.

Tutto molto semplice chiaro e, a mio parere, interessante. Uno strumento di riflessione che può essere di aiuto per la nostra crescita personale.

Provate, come ho fatto io per prima, a riconoscere alcune vostre caratteristiche nei diversi tipi descritti. È un bel test.

https://youtu.be/-nRI-DiEeAg

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Sessualità

Immagine fotografica di Eletta

Sessualità non è idraulica. Questo straordinario termine è stato usato nella conferenza di Umberto Galimberti che ho richiamato ieri. Mi sembra un termine proprio, perché ci sono persone per cui fare sesso significa solo “svuotare i tubi”.

Sessualità è altro. È incontro con il corpo dell’altro. È scambio di energia. Sessualità non è solo genitalità. Va oltre. Abbracciare un corpo, baciare e accarezzare un corpo diverso dal proprio è sessualità. Scoprire la geografia di un corpo – altro dal proprio – è sessualità.

Usare il corpo di un partner non è fare sesso. Se si paga è mercificazione. Se non si paga è ancor peggio. Se si usa il corpo del partner non c’è incontro, c’è uso così come si usa un martello per fissare un quadro o una forchetta per mangiare.

Tanto vale allora passare al “fai da te”. Non comprendo la differenza.

Questa mia riflessione parte da una posizione etica. L’etica non è una nuvola sospesa sopra la nostra testa. L’etica si incarna in ogni gesto e scelta che facciamo in ogni momento della nostra vita: dai momenti più importanti a quelli più piccoli. Quindi anche nel modo che scegliamo per “usare” o “incontrare” il corpo del partner nel momento sessuale.

È una vita che scrivo sul tema.

https://tranellidiseta.blogspot.com/2017/07/l-del-contatto-nella-coppia.html?m=1

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Come i rami

Immagine fotografica di Eletta

In diversi libri che ho letto ho trovato il paragone tra l’essere umano e l’albero. Non ho sotto mano i libri in questione, perciò scriverò quello che penso senza riferimenti e citazioni al riguardo.

Abbiamo radici. Le radici possono essere il luogo dove siamo nati o dove abbiamo costruito la nostra casa. Le radici, da cui traiamo linfa, possono essere anche quello che andiamo a cercare con i nostri infiniti tentacoli per crescere: il nostro nutrimento. Libri incontri stage convegni conferenze studi esperienze…

Nasciamo provvisoriamente, da qualche parte e, a poco a poco andiamo componendo in noi il luogo della nostra origine, per nascervi dopo, e ogni giorno più definitivamente”. RAINER MARIA RILKE

Tutta questa linfa che assorbiamo giorno dopo giorno serve per crescere. Per sviluppare il nostro tronco e la nostra stabilità nel mondo. Ci saranno venti tempeste piogge e sole, ci sarà aria e acqua e forse fuoco a minare la nostra stabilità, ma se siamo forti e flessibili come un giunco ci chineremo fino a terra, ma non ci spezzeremo. Il tronco è il nostro equilibrio. La nostra capacità di esserci nello sviluppo personale.

I rami cercano la luce. Attraverso la luce permettono la crescita delle foglie e dei frutti. Solo cercando la luce è possibile fruttificare.

Come i rami, cercando la luce, possiamo creare. La luce è energia. Solo facendo fluire l’energia possiamo ricevere e dare energia.

Sono verticale.

Ma preferirei essere orizzontale.

Non sono un albero con la radice nel suolo

che succhia minerali e amore materno

per poter brillare di foglie ogni marzo,

e nemmeno sono la bella di un’aiuola

che attira la sua parte di Ooh,

dipinta di colori stupendi,

ignara di dover presto sfiorire.

In confronto a me,

un albero è immortale

e la corolla di un fiore non alta,

ma più sorprendente…

Sylvia Plath

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Resistenza

Immagine fotografica di Eletta

Inseguendo il filo logico degli articoli precedenti desidero scrivere qualche riflessione sul tema della resistenza.

Ci sono persone completamente chiuse a qualsiasi messaggio, segnale e comunicazione.

Sono persone pietre.

Non modificano nulla del proprio comportamento perché cambiare comporta disagio e fatica. Non intendono aprirsi a nuove sfide, non intendono accogliere stimoli e suggerimenti.

Stanno, semplicemente, fermi. Inghiottono tutto quello che accade senza capire perché accade.

Nulla accade a caso: è una frase che spesso ho scritto e in cui credo fermamente.

Tutto quello che incontriamo sul nostro percorso ha un senso e tocca soltanto a noi prendere al volo il messaggio per capire: cosa va tolto, cosa va scelto, cosa va modificato e cosa va considerato.

Ciechi che non vogliono vedere. Sordi che non vogliono ascoltare.

Poi sorge la malattia del corpo o dell’anima. Allora si corre a riparare il pezzo rotto come si ripara la catena della bicicletta. Magari imprecando.

Poi si vedono a terra i cocci di un rapporto. E si pensa di incollarli per avere l’impressione che tutto sia di nuovo a posto. Se non c’è disponibilità a rimettersi seriamente in gioco, non serve. I frammenti non creano più l’intero.

Fare resistenza è normale.

Aver voglia di cambiare è fondamentale.

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Autocoscienza

Immagine fotografica di L.

Conosci te stesso – Oracolo di Delfi

Pare veramente incredibile e paradossale che questo meraviglioso lavoro su se stessi divenga per qualcuno occasione di dileggio così come mi è accaduto ieri – giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Vi riporto alla pagina di Wikipedia, alla voce autocoscienza.

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Autocoscienza

I fatti? Chiedo la mattina a una persona di riflettere e rispondermi, gentilmente, via mail ad alcuni temi che pongo per un confronto.

Sento la persona la sera, notando che non è arrivata alcuna comunicazione scritta. Chiedo il motivo della mancata risposta.

Mi dice: – Per quale motivo avrei dovuto rispondere? Non siamo certo nei gruppi di autocoscienza.

Dileggio. Come se partecipare ai gruppi di autocoscienza fosse attività di gente pessima o di perditempo. Fango su un lavoro invece importantissimo.

Amarantamorgante lo sottolineava ieri nel commento. Naturalmente ciascuno, in vita, sceglie la strada che vuole. Naturalmente la vita è fatta di fasi e non tutti fanno un percorso in modo progressivo e omogeneo. Io stessa. Alcune volte siamo più riflessivi, altre volte meno. Alcune volte abbiamo desiderio di indagare su noi stessi, altre volte meno.

Però ci tengo a sottolineare – pensare di offendermi con scherno dicendo: – Ma stiamo a fare gruppi di autocoscienza – denota uno sprezzo veramente incredibile e ingiustificato che può nascondere una forte resistenza a lavorare con un minimo di introspezione su alcuni temi dati.

Ormai penso di aver compreso che non c’è possibilità di aiutare chi non vuol essere aiutato.

Come giustamente scriveva Neda in un altro commento il desiderio di fare un serio lavoro di esame e riflessione sul nostro essere parte comunque sempre da noi. La molla il desiderio la motivazione parte da noi. Poi, se da soli non ce la si fa, si può chiedere aiuto a una persona esterna.

Chi crede che la vita sia immutabile. Chi crede che il comportamento sia immutabile.

Chi non fa nulla per modificare anche un minimo aspetto del proprio disagio.

Chi addossa sempre le responsabilità a qualcosa o qualcuno fuori di sé e non riflette mai sulle proprie personalissime responsabilità. Tranne poi piangere sul latte versato.

Ciascuno è responsabile di quello che dice e che fa e ne subisce le conseguenze: almeno essere consapevoli di cosa ci porta a dire o fare sarebbe la base da cui partire.

A tutti coloro auguro: buona vita.

Chiedo però a queste persone di non buttare dileggio su chi – magari con grande fatica – quotidianamente cerca di lavorare per fare autocoscienza e conoscere se stesso.

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Binari

Questi sono i binari di Auschwitz.

Violenza morte sterminio dolore nullificazione dell’essere umano.

Ci sono persone apparentemente normali che fanno violenza in modo subdolo, meno visibile, comunque nullificante. Sto parlando della violenza psicologica. Manipolatoria. Invisibile, ma altrettanto orrenda.

Non hanno rispetto della persona.

Ho deciso di mettere dei confini ben precisi a questa violenza. Per mettere dei confini occorre stabilire cosa desideriamo e cosa non desideriamo. Cosa possiamo accettare e cosa non è più possibile accettare nella nostra vita.

Se si ha a che fare con una persona che ci usa violenza manipolatoria conviene comunicare chiaramente quali sono i nostri confini. Fin qui puoi entrare, da qui in poi no.

Una persona sana accetterebbe senza grandi problemi di non oltrepassare la linea bianca segnata a terra con il gessetto.

La persona non sana invece troverà piuttosto irritante non poter intervenire a campo aperto per le sue depravanti scorrerie e scorribande. L’aguzzino deve avere un corpo, e persino una mente, a completa disposizione. Non sopporta gli spazi di autonomia dell’altro.

La tecnica del no-conctat funziona se parte da noi “dentro”: non solo se blocchiamo tutti gli accessi ( smartphone, social ecc. ). Ultimamente ho dovuto porre dei confini con una così detta “amica”. Dopo le confidenze sono arrivati i giudizi perentori: tu sei…

Ascoltare davvero profonda-mente una persona amica, significa ascoltare senza giudizio e pregiudizio. La bacchetta magica per modificare la realtà non ce l’ha in mano nessuno, tanto meno sapere cosa è meglio scegliere e fare per noi. La mia amica pretende di manipolare le persone come se fosse su un gradino sopra e avesse in mano lo scettro.

Vivi la tua vita, che io vivo la mia.

Se vuoi cammina al mio fianco con RISPETTO. Se vuoi ascolta quello che ho da dirti. Se vuoi stiamo in silenzio a goderci della silenziosa presenza.

L’amicizia, come l’amore, ha bisogno di ascolto e presenza. Il feeling a distanza non è amicizia. Se prendi un treno per arrivare dall’altro e vivere anche solo qualche ora insieme: allora dimostri amicizia. Se cerchi l’altro solo per riempire i tuoi buchi, allora è opportunismo.

Il nostro comportamento quotidiano crea o distrugge binari.

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Rose stinte

Questa fotografia l’ho scattata in autunno, quando la magnificenza della fioritura era in perenne declino.
C’è bellezza anche in questo. I petali pare abbiano attuato una metamorfosi cartacea. I colori sembrano stinti come certi tessuti batik.

Come già scritto e commentato con Massimo Legnani e altri: c’è bellezza nella polvere, nelle crepe, nelle rughe. In vecchie case assalite da edere e glicini. In incolti giardini. In consumati visi.

In questa epoca di apparenza plasticata e finta, in questo tripudio di colori saturi e linee apparentemente perfette senza sbavature… c’è da ritrovare bellezza nel consumato vecchio stinto usurato segnato.

Per questo in Pinterest ho dedicato uno scaffale alla : Materia. Vecchi portoni e porte, ferro rugginoso e legno tarlato e rugato, colori consumati dal vento e dal tempo.

Mi ha fatto piacere vedere l’altra sera la pubblicità di un brand famoso: Spuma di Sciampagna che, rifacendo la storia del prodotto, riprende un vecchio stile grafico.

https://youtu.be/Jrf0N2kftOY

Per la stessa ragione etica ed estetica ho dedicato ai visi segnati e alle coppie anziane la preferenza in alcuni altri scaffali di Pinterest: Portrait, Coppia, Ballo la vita.
Credo che si debba, anche in piccoli gesti quotidiani, lavorare per una estetica contro corrente per una rivoluzione culturale in cui la Bellezza non sia solo Perfezione, magari artefatta, ma Segno di Vita e del suo trascorrere.
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Sostegno e rispetto

Oggi vorrei scrivere del sostegno.
Capita a tutti, prima o poi, di essere un po’ traballanti e di avere bisogno di sostegno. Purtroppo la vita distribuisce nella stessa misura situazioni di gioia e dolore.
Il dolore può essere legato a malesseri fisici o psicologici. Un mal di schiena, di denti, una influenza, una forte emicrania per non parlare di malattie più gravi e invalidanti. Oppure situazioni di malessere perché lui o lei ci ha tradito, abbandonato, perché i figli o gli anziani genitori ci danno pensieri…
Sono queste le situazioni in cui si ha bisogno di sostegno.
Sono queste le situazioni in cui si verifica se l’amico/a veramente c’è. Se il nostro compagno/a veramente ci vuole bene.

Essere di sostegno significa innanzitutto esserci. Pare incredibile, ma in molti casi in una situazione di bisogno pare che tutti spariscano, si dileguino.

Esserci vuol dire: capire che l’altro non è nel migliore stato. Ha bisogno di noi e siamo noi, quindi, che dobbiamo dare.

Che cosa? Un aiuto. Ti vado in farmacia a prenderti un medicinale, vado a farti la spesa, ti pulisco la casa.

Oppure: ti ascolto. Ti sollevo un poco il peso dei tuoi pensieri. Parlo con te. Ti sono vicino.
E, soprattutto, ti capisco.
Anche se non sono nella tua situazione cerco di capire il tuo disagio.
E ti rispetto. Se hai bisogno di compagnia ci sono. Se hai bisogno di stare da solo ti lascio da solo.

È facile stare insieme a persone senza evidenti problemi. Si ride, si scherza, si chiacchiera, si gode dello stare in compagnia. Come mi è successo ieri a pranzo con amici in un bel rifugio tra le vette.

Più difficile stare con chi sta poco bene con cortesia rispetto empatia condivisione. Più difficile stare con una persona che ha un serio problema con tatto, cura, amore.

In un libro che sto leggendo c’è la pratica di questi quattro mantra che sintetizzo:

( Un mantra è una sorta di formula magica che può trasformare una situazione purché ci sia consapevolezza e concentrazione e la pratica di meditazione).

1- Tesoro sono qui per te.

Quando ami qualcuno vuoi offrirgli il meglio che hai, ossia la tua vera presenza.

2- Tesoro, so che ci sei e sono molto felice.

Amare significa prendere atto della presenza della persona che ami.

3- Tesoro, so che soffri, ecco perché sono qui per te.

Quando le persone soffrono vogliono che la persona amata sia consapevole della sua sofferenza, è molto naturale: se la persona amata non si rende conto della loro sofferenza o la ignora soffrono molto di più.

4- Tesoro, soffro: ti prego aiutami.

Lo si pratica quando soffri tu, soprattutto quando ritieni che la tua sofferenza sia stata provocata dalla persona che ami. Potrebbe essere difficile, ma puoi riuscirci.

THICH NHAT HANH

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Riflessioni

Primavera

Mi chiedo: se qualcuno, per totale inconsapevolezza, si comporta molto male nei nostri confronti: come comportarci?

Non essendo una monaca buddista o una suora cattolica, non essendo una santa, agli sputi non so rispondere con il sorriso.

Poniamo il caso che una persona vi faccia del male, vi irriti, vi insulti. Che fare? Normalmente, nel caso di tre ex amiche io, semplicemente, ho chiuso la relazione. Invidia maldicenza gelosia: tre veleni da cui preferisco stare alla larga.

Purtroppo sono dotata di antenne sottilissime e sensibilissime, purtroppo vedo dietro la facciata ciò che è. L’invidia è verde e acida: corrode chi la prova e la persona su cui cade.

A parte le amiche, come rispondere a qualcuno che si è comportato male? Chiudendo le porte? Perdonando? Con gentilezza amorevole comunque e sempre? O una bastonata sulla testa ogni tanto è salutare?

Avete presente il bellissimo film: Primavera, estate, autunno, inverno e ancora primavera? Il maestro silenzioso come un gatto sa cosa fare con il ragazzo arrivato a fare pratica.