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Favola Zen per l’anno nuovo

Auguro un Buon Anno a tutti con questa favola Zen.

” Una scheggia di tempo, una grande gemma.

Un signore pregò Takuan, un insegnante di Zen, di suggerirgli come potesse trascorrere il tempo. Le giornate gli sembravano molto lunghe, mentre assolveva le proprie funzioni e se ne stava seduto e impettito a ricevere l’omaggio della gente.

Takuan tracciò otto ideogrammi cinesi e li diede all’uomo:

Non si ripete due volte questo giorno

Scheggia di tempo grande gemma.

Mai più tornerà questo giorno.

Ogni istante vale una gemma inestimabile”.

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Favola zen 

Questa è una favola zen che ogni tanto mi piace ricordare e rileggere perché contiene in sé una grande lezione di vita: ogni accadimento, ogni evento, ogni incontro, persino ogni sfortuna può causare risvolti insospettabili. 

Non sappiamo cosa accadrà dopo, ma se abbiamo uno spirito di accettazione e gratitudine tutto al termine servirà e avrà un senso. Chi continua a lamentarsi per tutto ciò che gli accade o gli é accaduto, spesso è ripiegato sul passato e non coglie le opportunità del presente. Non è rassegnazione è visione. 

Eccola: 
“Un contadino viveva insieme al figlio su pochi acri di terra. Non se la passavano molto bene, ma avevano un cavallo, un buon cavallo, con cui arare i campi.

Un giorno, mentre stavano riparando il recinto, il cavallo fuggì.

Saputa della perdita i vicini erano pieni di commiserazione. Il contadino non volle sapere:

– Cosa vi fa pensare che sia una disgrazia? – domandò e li mandò via.
Una settimana dopo il cavallo tornò in compagnia di un cavallo selvaggio.

Adesso il contadino aveva due cavalli. Appresa la notizia, i vicini si congratularono, ma anche questa volta il contadino non ne volle sapere:

– Cosa vi fa pensare che sia una benedizione? – domandò.
Qualche settimana dopo il figlio fu gettato a terra dal nuovo cavallo mentre cercava di domarlo, e si fratturò gravemente l’anca. Guarì solo in parte dalla caduta ma, benché fosse ancora in grado di aiutare il padre, i suoi movimenti erano limitati.

Ancora una volta i vicini giunsero per partecipare al dolore e il contadino, ancora, domandò:

– Cosa vi fa pensare che sia una disgrazia?
Il mese successivo arrivò un esercito. A corto di soldati, gli ufficiali arruolavano tutti i giovani abili che riuscirono a trovare e li costrinsero ad andare a combattere.

Ma l’esercito non sapeva che farsene di un uomo con l’anca fratturata. 
Fu così che il figlio rimase vicino al padre a coltivare i pochi acri di terra”.