Angelica selvatica: il nome di questo fiore stellato mi piace molto. Racchiude due caratteristiche femminili… La donna angelica e la donna selvatica.
Nella serie che sto vedendo la protagonista femminile è decisamente dalla parte delle donne e decisamente contraria a qualsiasi violenza da parte del maschio. Nell’ultima puntata che ho visto la protagonista racconta che una donna – di cui non ricorda il nome – ha detto: Sapete perché gli uomini hanno paura della donna? Perché hanno paura di essere derisi. Sapete perché le donne hanno paura di un uomo? Perché hanno paura di essere uccise.
Diffido sempre di una donna soltanto angelica. C’è sicuramente qualcosa di soffocato, sottomesso, non detto, taciuto. Come sa bene chi ha letto : Stai Zitta di Michela Murgia. So bene che alla maggior parte degli uomini piacciono molto le donne dolci e angeliche. Stanno zitte e buone e non spaccano i c.
Invece per me una donna deve anche essere selvatica, sfuggente, forte e libera. Non deve chinare la testa, ma guardare bene in faccia. Non deve aver paura di dire la verità anche se fa male.
P. s. Ho letto con vero interesse i commenti. L’argomento è di quelli “tosti” e complessi. Suggerisco a tutti di leggere Staizitta di Michela Murgia. Non perché sia la Bibbia, ma perché sgretola qualche stereotipo. Almeno comincia a farlo.
Da parte mia sono anni che scrivo per contribuire, nel mio piccolo, a una vera rivoluzione culturale che faccia finire il deleterio vizio di mettere etichette alla donna. Santa angelica materna dolce vergine puttana troia arpia strega megera befana…
Per dirne solo alcune. Provate a trovarne altrettanti per il maschio…
Cara Abbie, che ti sei infuriata perché il tuo menu, nel prestigioso locale di Venezia, non aveva indicato i prezzi mentre il tuo partner maschio aveva un menu con i prezzi… Considera che questo era un gesto di cavalleria, cortesia e non un affronto. Anche se a pagare poi sei stata tu. Bastava chiedere la carta al tuo compagno/amico e vedere.
Qualche donna considera femminista quello che in realtà non lo è. Diventare come un maschio non significa essere più femmine. E non si conquista la libertà dal maschilismo pagando un conto. Magari!
Io – a queste donne emancipate che si scandalizzano per queste inezie – affiancherei per un mesetto un uomo cafone. Ma proprio cafone: che si mette a parlare con altre persone dandole le spalle, che si mette a smoccicare il naso estraendo lo stesso fazzoletto dalla tasca tutto il giorno, che la lascia sola a tavola come un’oca per andare a salutare i suoi amici o per altro. Un uomo che non si alza per spostarle la sedia, che non le apre la portiera per farla salire, che non le fa mai un complimento e non fa lo sforzo di una conversazione piacevole, ma mastica rumorosamente in silenzio con la testa sul piatto. Un maschio che non la invita mai a pranzo, a cena o a un aperitivo. Altro che Cipriani di Venezia.
Dopo un mesetto con un siffatto tipo sono certa che la Abbie di turno non vedrebbe l’ora di avere al proprio desco un Signor Cavaliere. E qui mi fermo.
Per favore… non definiamo maschilismo o patriarcato quello che è solo cortesia.
“Il vecchio adagio sessista veneto che immagina la donna ideale come una creatura che la piasa, la tasa, e la resta a casa (che sia bella, zitta e a casa) è ancora nella testa di molti e viene fuori attraverso un armamentario di frasi che, pur se non arrivano a imporre direttamente il silenzio, comunque lo sottindendono”.
Così scrive Michela Murgia nel libro: Stai zitta.
È sotterraneo e costante questo modus vivendi nel maxi cosmo maschile duro a morire. Così come sono dure a morire certe parole legate solo al femminile come strega arpia vipera megera…
Come ho già scritto diverse volte si dà molto risalto, giustamente, alla violenza fisica subita da molte donne fino alla morte, come testimoniano, purtroppo, le quotidiane cronache nere.
Non si dà abbastanza risalto all’altro tipo di violenza, ugualmente delittuosa perché annichilente, cioè alla violenza psicologica.
– Stai zitta – appartiene a questo tipo di violenza. Non parlare. Non sei persona in grado di emettere suono. Taci. Non mi interessa quello che dici. Io sono il tuo padrone e decido io. Non ti permettere di giudicare o dissentire. Se mi disturbi mi altero. Non voglio sentire la tua voce.
Murgia intitola alcuni paragrafi di un capitolo del suo libro con quello che si sente dire una donna come lei che parla:
Spaventi gli uomini
Calmati
Hai ragione, ma sbagli i toni
Devi ribattere proprio a tutto?
Così resterai sola…
Povera rompiballe che rimarrà sola… Che paura.
Il detto veneto è duro a morire. Per fortuna molte donne hanno imparato a parlare anche a costo di rimanere sole.
Waho! Che bello stare nel salotto buono di Milano ed essere circondate da una ventina di balordi che ti toccano strattonano ti sussurrano paroline giusto giusto volgarucce. Ci si sta proprio bene lì dentro nel girotondo. Si gode un sacco.
Ricordo quando c’ero io nel salotto buono di Milano e alcune volte prendevo pure l’aperitivo da sola o con qualche amica e nessuno mi ha mai circondata strattonata, solo qualche apprezzamento che però non fa paura, al limite si sorride.
Piazza Duomo, la Galleria… come cambiano i luoghi e le persone. Come cambiano le piazze. E i tempi.
Ero al mare, sola, molto tempo fa. Avevo fatto un sogno che, come faccio sovente, avevo trascritto.
L’ho trovato, aprendo a caso un notes:
Stanotte ho sognato un uomo che immortalava in un quadro una donna. Lei non era ferma in posa: era continuamente mutevole.
Non era possibile fissarla come si fissa il corpo di una farfalla con uno spillo.
L’aspetto estremamente interessante del sogno era che lei era contemporaneamente tante donne.
Nonostante questo lui, l’uomo, riusciva ugualmente a coglierla nei suoi infiniti aspetti in metamorfosi: anche il ritratto, infatti, era in continuo mutamento.
Come le nuvole in un cielo durante una tempesta.
C’è vento in questo maggio che non decolla. Le nuvole non sono mai ferme. Stamattina guardavo una farfalla che si posava sui fiori e poi volava via. In giri svolazzanti infiniti.
Dal web
Io sono inquieta. Non ferma, pacata, scontata. La mia anima è estremamente mutevole, mai paga, oscillante, instabile. In cerca.
Trovare una persona che sappia cogliere la mutevolezza come pregio e non come difetto è veramente difficile.
Stare con una persona inquieta non è facile. Mi viene a noia tutto. Ogni piccola cosa mi infastidisce. E, purtroppo, mi si legge tutto in faccia. I miei tagli sono rapidi. A volte improvvisi e apparentemente non logici.
Detesto chi non ha nulla da dire, nulla da condividere.
Nulla da buttare programmare progettare.
Nulla.
Mi viene a noia la quotidianità senza creatività. La banalità.
Ripetere i medesimi gesti senza un salto laterale, una sorpresa, una variazione.
Giorno dopo giorno.
Una donna inquieta e amata è Kathe, nel romanzo Jules e Jim di Henri- Pierre Roché.
” Lei era, di solito, dolce e generosa: ma se si metteva in testa che uno non l’apprezzasse abbastanza, diventava terribile. Passava da un estremo all’altro, bruscamente “.
É molto magra, si alza all’alba mentre il signore dorme e non calza le ciabatte per non far rumore e svegliarlo. Se ha bisogno di andare in bagno fa tutto piano piano per non turbare il sonno del suo padrone. La sera va a letto con le galline perché il signore tiene ben saldo in mano il telecomando e non si volta mai a chiedere: – Cosa vuoi vedere? Di leggere un libro nemmeno se ne parla.
Così Nullità prende le sue povere cose e se ne va, silenziosa e zitta, nel suo lettino: si rannicchia in posizione fetale per racimolare un po’ di calore.
L’uomo, il signore ha una pancia enorme in cui navigano alcune asserzioni:
Non voglio obblighi, faccio quello che voglio, faccio quello che desidero: secondo le mie lune e i miei capricci. Ho bisogno dei miei spazi e dei miei tempi. Non voglio il fiato sul collo. Ho i miei problemi. Decido io cosa fare, dove andare, quando andare, cosa mangiare, come passare il tempo, con chi stare. Quando dormire, quando riposare, quando passeggiare.
Il signore non ha empatia, compassione, altruismo, pietà.
É molto furbo e tiene Nullità perché le serve. Le serve per avere una parvenza di compagnia: non per far conversazione, a tavola lui guarda il televisore, Nullità fissa un brutto quadro appeso davanti a sè sul muro. Mangia in silenzio. Non disturba. Mastica adagio.
Durante le passeggiate lui non scambia che poche parole con lei. Si ferma invece a lungo con i passanti, e con gli estranei a parlare di nulla. Gli piace apparire e raccontare fole.
Nullità serve al signore perchè sa fare il ragù e altri piatti che a lui piacciono, sa pulire i pavimenti, sa tenere in ordine la casa e gli fa fare bella figura quando va in giro ( Nullità non è brutta nonostante l’aura malinconica e triste che sempre l’avvolge).
Il Signore non considera il suo corpo. Non la desidera sessualmente, non la prende mai tra le braccia, non la bacia, non l’accarezza.
Quando l’ha conosciuta le diceva che era ” grassetta ” e Nullità pensava: quando sarò magra mi desidererà. Ora che é magra lui la ignora ancor di più. Non le fa mai un complimento, non si accorge se ha un vestito nuovo, un colore nuovo, un pensiero nuovo.
Alla vigilia dell’otto marzo, così come si dà un biscottino al cane, il signore le regala quattro primule prese al negozio più vicino. Questo è quanto.
Questo testo mini storia è del 1997. Ho voluto riproporlo perché non si parla mai abbastanza dell’altro tipo di violenza: quella psicologica. Una violenza subdola, e ugualmente tagliente. Annichilente. Molte donne la subiscono. Silenziosamente. Per questo ho scelto l’immagine di Frida Kahlo con la mascherina. Non è una mascherina per il virus. È una mascherina per stare muta. In tema con : Stai zitta! Articolo pubblicato qualche giorno fa.
È ora che le donne maltrattate non stiano più zitte.
È incredibile la persistenza di alcune visioni del femminile.
Quello che riporto è un brano della scrittrice Virginia Woolf tratta dai Saggi 1904-1941. Il titolo è: Professioni delledonne,
Virginia riflette relativamente al mestiere di scrittrice.
” Gli articoli vanno scritti su qualche argomento. Il mio, se ben ricordo, riguardava il romanzo di un uomo famoso. E mentre lo scrivevo, mi accorsi che se volevo recensire dei libri, dovevo combattere contro un certo fantasma. E il fantasma era una donna, e quando imparai a conoscerla meglio la chiamai come la protagonista di una famosa poesia, la chiamai l’Angelo delfocolare.
Era lei che quando scrivevo una recensione si metteva tra me e il mio foglio. Era lei che mi angustiava e mi faceva perdere tempo e mi tormentava a tal punto che alla fine l’uccisi. (…) Era infinitamente comprensiva. Era estremamente accattivante. Era assolutamente altruista. Eccelleva nelle difficili arti del vivere familiare.
Si sacrificava quotidianamente. Se c’era il pollo, lei prendeva l’ala; se c’era uno spiffero, ci si sedeva davanti lei; insomma era fatta in modo da non avere mai un pensiero, mai un desiderio per sè, ma preferiva sempre capire e compatire i pensieri e i desideri degli altri.
E sopratutto ( non occorre dirlo ) era pudica. Il pudore era ritenuto la sua bellezza più grande, i suoi rossori il suo più bell’ornamento. (…)
Sii comprensiva, sii tenera, lusinga, inganna, usa tutte le arti e le astuzie del nostro sesso. Non far mai capire che sai pensare con la tua testa. (…)
E di tutti questi problemi, secondo l’Angelo del focolare, le donne non devono parlare liberamente e apertamente; le donne devono ammaliare, devono conciliare, devono, per dirla brutalmente, dire bugie se vogliono avere successo”.
Sintesi da Voltando pagina.
Quanto è cambiato il modo di essere donna dopo un secolo? Quanto è rimasto? Un mio amico mi diceva tempo fa: – Tanto a voi donne piace tanto fare le infermiere!
È proprio vero che ci piace o, invece, non c’è altra scelta alternativa anche oggi se all’interno di un nucleo familiare una persona sta male o ha bisogno di accudimento?
Non è forse vero che ancora oggi il ruolo silenzioso e quotidiano svolto da tante donne pronte a sacrificare parte ingente del loro tempo e della loro energia è semplicemente funzionale in uno Stato mancante, estremamente deficiente nell’organizzazione di servizi sociali?
Si sacrificava quotidianamente. Anche oggi, anche ora, la cura dei malati, degli anziani, degli infanti, dell’organizzazione casalinga non è ancora quasi totalmente delegata all’Angelo del focolare?
La differenza, rispetto ai tempi di Virginia, è legata al fatto che oggi le donne in più lavorano. Hanno ruoli professionali impegnativi e in più tutto il resto. Tranne casi isolati e fortunati, le famose eccezioni che confermano la regola, in cui hanno accanto un partner evoluto che sa dividere i compiti.
Sii accattivante infinitamente comprensiva tenera lusinga inganna … Non vi risuonano in testa ( mi rivolgo alle donne ) queste parole come ancora estremamente attuali? Oggi forse si direbbe: Sii solare sorridente un po’ oca tollerante paziente silenziosa …
Fino a che punto la donna per piacere dovrà ingannare? Dire bugie a se stessa prima che agli altri?
Quanto dovrà tacere i propri desideri, bisogni, esigenze, pensieri? Quando potrà finalmente esporre il proprio pensiero, dimostrando di saper usare il cervello, senza essere etichettata con uno dei soliti triti adesivi sulla fronte prima di essere impacchettata e spedita a quel paese?
Talvolta mi irrita, altre volte mi strappa un sorriso, altre ancora: pura ammirazione. È il libretto che leggo a spizzichi e morsi perché non ha trama, solo piccole istantanee, Polaroid colorate. Si tratta del ” Diario degli errori” di Ennio Flaiano- Adelphi.
Ecco un boccone irritante:
“Quando io conosco una donna, subito le dico cose sgradevoli, tanto per farle capire che non sono scemo. Dopo si può, se lo merita, trattarla meglio. Sarà contenta. Ti rispetterà “.
Mi viene in mente quella canzone : Prendi una donna… Trattala male…
Vediamo come trasformare questo boccone al femminile per verificare se funziona:
Quando io conosco un uomo, subito gli dico cose sgradevoli, tanto per fargli capire che non sono scema. Dopo si può, se lo merita, trattarlo meglio. Sarà contento. Ti rispetterà.
Sì, funziona: perfettamente.
Vediamo un altro boccone:
” Non ci sono problemi, tutte o quasi tutte scopano, le più belle un po’ meno delle brutte, perché sono belle e allora hanno l’idea di dover scegliere. Ma le altre, quelle che si devono contentare del primo che le invita a letto, scopano continuamente, perché ormai è così, l’abitudine, la vita. Pas même avec dignité. Elles couchent, simplement“.
Il Diario è stato scritto dal 1950 ai primi Settanta. Considerato il notevole cambiamento dei costumi sessuali avvenuto, anche questo brano può essere tranquillamente, oggi, essere trasformato al femminile senza causare sorpresa o sarcasmo.
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Ci sono dei bocconi legati alla vita dello scrittore. Uno in particolare mi è sembrato interessante:
” Mi domandano perché scrivo poco. Io ho risposto : Se uno scrittore è prolifico, date un’occhiata a sua moglie. É quasi sempre brutta. È che volete che faccia il poveretto? Scrive!”.
Se ne deduce che lui aveva una moglie bella che lo teneva impegnato ad amoreggiare invece che lasciargli molto tempo per scrivere. Che dire: – Beato lui!
Fra le due occupazioni: scrivere ed amoreggiare, francamente io preferisco la seconda. Sarei meno prolifica se trovassi un uomo disposto a farlo ma, appartenendo alla categoria delle donne non brutte non mi contento del primo che m’invita a letto… e il cerchio degli stereotipi si chiude. Ah: Flaiano!
( Articolo scritto sul blog Tranellidiseta – che è mio – 7 anni fa. Mi pare ancora valido)
In breve (perché farla lunga non serve)Mi sono ubriacato diverse volte ma non ho mai corso il rischio di essere violentato. Sono uomo. In vita mia non ho mai sentito di un uomo ubriaco violentato. Allora il problema non è essere ubriachi. Il problema è essere donne. Ho camminato a petto nudo. In pantaloncini. In […]
Le donne intelligenti prendono decisioni da sole, hanno desideri propri e mettono limiti.Tu non sarai mai il centro della sua vita perché questa gira intorno a lei.Una donna intelligente non si lascerà manipolare né ricattare, lei non ingoia colpa, si assume responsabilità.Le donne intelligenti mettono in discussione, analizzano, litigano, non si accontentano, avanzano.Quelle donne hanno […]
Riflettevo sul monologo recitato dalla Cortellesi alla serata dei David, un interessante testo linguistico di Bartezzaghi sull’uso e il senso – doppio senso al maschile e al femminile – di alcune frasi, modi di dire, sostantivi come “zoccolo” o ” zoccola “, gatto morto o gatta morta, uomo disponibile e donna disponibile. Il linguaggio segna, denota, evidenzia una sostanziale differenza nella considerazione della persona-uomo e della persona-donna.
Ma quanta strada c’è da fare? Non solo nel parlato, ma anche e soprattutto nell’agito. Non siamo forse rimasti ancora ancorati, tanto per rimanere in tema con Bartezzaghi noto enigmista, con le barzellette della Settimana Enigmista con i ruoli stereotipati della donna moglie brutta astiosa e noiosa e dell’uomo marito sdraiato sul divano con le bottiglie di birra accanto attirato dalle formose donne giovani che passano col tacco dodici: segretarie infermiere e passeggiatrici ( nel senso di donne che passeggiano per strada )?
Dopo aver visto il monologo della Cortellesi, ripreso in Blob, ho anche visto – nella medesima intelligente striscia di Rai Tre – pezzi di trasmissioni che, per mia somma fortuna, mi ero persa ultimamente: da molti anni per tassativa scelta non vedo più diversi canali. Ho scelto di non vederli più proprio perché non mi piaceva l’uso che veniva fatto del corpo femminile, la sua esposizione mercificazione utilizzo. Quando decido decido. Così ieri sera dopo aver visto il patchwork televisivo di Blob ho esclamato: – Ma quanta spazzatura mi evito con la mia scelta.
Poi la sera ho visto su Rai Movie un film di Albanese e il Cettolaqualunque voleva un ” troione ” e diventava matto perché le due “amichette ” non riuscivano a tirarlo su ( non di morale ). Naturalmente Albanese fa satira di un certo tipo di uomo. Molto più diffuso di quanto si possa pensare.
Insomma, gira e rigira, dalle barzellette alle trasmissioni televisive ai film alla pubblicità la donna fa fatica a essere considerata al di là delle cosce culo tette e, ultimamente, labbra rifatte.
Leggevo mi pare su Venerdì di Repubblica delle nuove donne robot che sostituiranno presto le bambole sessuali. Androidi in grado di soddisfare tutti i bisogni maschili. Ecco. Forse per molti uomini questa sarà la vera soluzione.
La mia amica mi vuol passare gli uomini “usati” esattamente come si passano i pullover.
Li usa prima lei: vede se funzionano, se i meccanismi non sono inceppati, se le rotelle son ben oliate. Poi, se non funzionano a dovere, li abbandona nella discarica.
Ogni tanto ne tira fuori uno: è un po’ ammaccato, ma può fare ancora la sua bella figura. Allora decide di presentarmeli. Ogni volta dice che è sicura che è l’uomo che fa per me.
Questi innumerevoli uomini, che finiscono nella sua personale discarica, hanno comunque una venerazione perenne per la loro aguzzina: rimangono a lei legati da un filo sottile forse per una sorta di masochismo implicito.
Perché la mia amica non è che li abbandona per sempre: lascia sempre aperta una porticina; non serra i portoni; non chiude i cancelli. La sua agenda è fitta di nomi, il suo cellulare trilla a ogni minuto. Son gli uomini abbandonati nella discarica che si animano al suo richiamo che tornano al suo profumo…
Non si sa mai: nei tempi bui, nei tempi di magra, con la crisi che corre… meglio non buttare via per sempre e riciclare le cose vecchie. “Non buttare via niente, niente, dicevano quei nonni appena usciti da una povertà congenita”.
Ecco: la mia amica pur buttando via gli uomini “usati”, non li dimentica “per sempre”. Perché i vecchi bottoni, quelli di madreperla poi, posson sempre servire e quei capi passati di moda… Con il fatto che la moda gira e si sa che tutto torna un giorno potranno tornar utili.
Quindi – dopo l’uso – li getta nella sua personale discarica, che più di una discarica assomiglia a un ripostiglio: stanno lì impilati e impalati fino al suo ritorno in mezzo alle ragnatele. Sanno che prima o poi vedranno ancora la luce. Per lo meno quando alla mia amica verrà in mente che Giovanni, Flavio, Filippo o Giuseppe potrebbero andare bene per Claudia, Serena, Ginevra o a Eletta…
In quel momento la dea del ripostiglio arriva con il suo fantastico sorriso e li richiama in vita e loro, a turno, accorrono. Per lei farebbero di tutto. Pur di vederla ancora una volta acconsentono a improbabili improponibili appuntamenti con le sue amiche.
Non so come dire alla mia amica che se ho bisogno di un pullover vado in un negozio e me lo compro da me. Lei è così felice di fare quest’opera di carità. E’ una volontaria del servizio di riutilizzo delle vecchie cose usurate consunte e consumate.
La sua frase preferita è che “gli amici non si dimenticano”, dimenticando il piccolo particolare che di ex amanti e non di amici si tratta.
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