“Il paesaggio illumina l’uomo. Il paesaggio è fondamentale. La vera filiazione sta nel paesaggio. La stanza e la pietra non meno che il taglio del cielo.”
Yasmina Reza
Viviamo nel paesaggio, le sue parole sono infinite.
È ambiente, orizzonte, panorama, spazio, suolo, territorio: tanto che potremmo dire che stare al mondo è riconoscere il paesaggio, sapere che non si tratta di un semplice fondale, della quinta che delimita lo spazio della commedia umana.
Dietro la legnaia c’è questa casetta, ricovero per attrezzi, della mia vicina.
Da pochi giorni il sole arriva alle 8.
Mi piace questo piccolo angolo che ha come sfondo alberi e rocce.
Poiché è il primo anno che vivo in questa casa ho deciso di fissare le trasformazioni nel tempo di questo luogo.
Ecco com’era alcune settimane fa dopo la nevicata:
Tra poco comincerà a ornarsi del colore delle rose. La mia casa – e la sua – é caratterizzata da alte piante di rose.
Ecco com’era questo angolo a fine agosto/settembre, quando ho iniziato ad abitare questa casa.
Tutto muta. Nulla è immobile e uguale a se stesso. Dovremmo imparare dal paesaggio la trasformazione. Invece spesso cambiamo il nostro abito, ma non il nostro modo di abitare il mondo.
Finalmente un po’ d’aria qui, seduta su un masso, nel ruscello. La salita nel bosco è stata pesante per il grado di umidità e caldo. Io che non sudo ho dovuto togliere il Panama e avevo la fronte bagnata.
Chissà se tutti i cretini adesso avranno capito che Greta non era una gretina…
Sono nella spiaggia della balena. Mi piace dare nomi alle spiagge… Dopo l’alluvione di ottobre qui è cambiato tutto il paesaggio e l’idrografia… Con il grande caldo non c’è un filo di neve su questi nevai e il corso è sempre più ristretto.
Sono seduta sul dorso dello balena, qui l’acqua fa un piacevole rumore di scroscio per poi allargarsi più silenziosa e quieta più avanti.
Domani dovrò scendere in pianura per un affare piuttosto importante. Spero di non collassare e di ritornare sana e salva tra i miei massi e l’acqua che scorre.
Le temperature miti hanno sciolto la neve. Così, dopo la pioggia di stamattina, sono uscita a far due passi stasera. Ho incontrato le galline e nessun altro. Qui, nel mio borgo, si può tranquillamente camminare in mezzo alla strada.
Una bella luce bassa e qualche nuvola bassa, come un alito sui pini e le rocce.
Predomina il viola che contrasta con le ultime fiammate gialle. Una calma meditativa passeggiata serale tra uno scenario continuamente variato da un regista occulto.
Salgo al lago. Trovo la proprietaria del rifugio finalmente aperto e facciamo due chiacchiere. Le dico: – Finalmente ci rivediamo e finalmente rivedo questi paesaggi perduti.
Mi risponde: – Eh, sì e pensare che c’è gente che soffre per i centri commerciali chiusi.
Sorrido. È esattamente quello che ho pensato io. Telepatia.
Nessun giudizio sui gusti personali, se fossero personali e non indotti. Non posso credere che “naturalmente ” una persona possa pensare che le manca il cemento, le luci artificiali, la musica rumore e le “cose” nelle vetrine.
Posso pensare che non c’è altro, purtroppo, per molti. Per molte famiglie che hanno passato, in epoche normali, il sabato e la domenica a spasso in un centro commerciale felici di consumare tutto l’artificiale.
Bisogno indotto. Non naturale. Bisogno consumistico stupido perché induce desideri futili inutili e mai soddisfatti e soddisfacenti: prendo un oggetto e, subito, me ne manca un altro.
In questo periodo di emergenza nazionale e lockdown, in questo periodo di negozi chiusi e consumi ridotti chissà se qualcuno scoprirà il bisogno di stare in mezzo alla natura. Di respirare odore di resina ed erba di fiori e muschio o di sabbia e onde saline…
Chissà se, per ora all’interno della propria regione, qualcuno dirà: – Oggi voglio riveder le stelle e le stalle, le mucche al pascolo, le farfalle, le conchiglie, voglio sentire l’odore del mare anche solo per passeggiare…
Dopo tanto tempo chiusi nelle case e negli appartamenti, forse verrà proprio voglia di paesaggi e aria pulita e non condizionata. Forse qualcuno scoprirà che è meglio stare in natura, che tra quattro o quattrocento mura.
Nebbia oggi, come un tempo a Milano. Ma qui son nuvole che scendono ad abbracciare i piedi. Bianche e opache. Non si vedono i boschi e le case di pietra e le staccionate e i pascoli. Sarà il mio primo autunno da residente. Tutto mi pare nuovo.
Comincio i lavori di preparazione al freddo e al buio. Rimettere le sdraio al riparo dopo l’estate in giardino. Riempire la bussola di pellet: per ora un carico di trecento chili. Sistemare la serra per alloggiare i gerani che, ancora dai balconi, squillano vigorosi.
Ogni giorno sposto leggermente le tre zucche sulle assi in modo che non prendano umidità dal terreno. Ogni giorno noto che si sono mosse: come se camminassero piano piano in punta di piedi. Devo fare in modo di proteggerle e controllarle: ho notato un interesse morboso, da parte dei giovani vicini, per le mie zucche… in vista di Hallowen. Preferisco usarle per mille ricette che averle rubate.
Raccolgo i frutti ultimi del mio orto: prezzemolo, carote, fagiolini, erbette, sedano, pomodori… tra poco andrà in letargo anche questo fazzoletto di terra. Sono grata del suo lavoro. La terra, mai coltivata prima, ha dato deliziosi frutti.
” La nostra storia e la nostra psiche sono anche una geografia, siamo inseparabili dai nostri luoghi, per amore o per rancore “.
Da: Mindscapes – Vittorio Lingiardi – Raffaello Cortina Editore
Nella sede di questa casa editrice io sono stata diverse volte per delle vernici: aperture di mostre d’arte. Devo essere stata anche rapita da un cameraman per un servizio televisivo. Questo è stato, nella vita trascorsa, un luogo. Ricordo in particolare una gonna piede de poule a quadrettini neri e bianchi e una fascetta nei capelli en pendant.
Erano i tempi dell’Accademia di Belle Arti ed ero circondata da pittori e scrittori.
Un luogo della mia vita e un’epoca di grande trasformazione.
A differenza di molti, non ho mai avuto radici. Luoghi del cuore a cui mi sentivo particolarmente legata. Ho vissuto sul lago da sposina. Il lago ha un suo fascino lento e quieto. Mi piaceva vedere le acque increspate dal vento metalliche in certe terse giornate invernali.
Un altro luogo del cuore è stato una chiesetta in mezzo al bosco tra ruderi di età romana. Lì andavo spesso con il mio amore a passeggiare leggere sognare. Era un luogo che emanava. Negli interstizi delle pietre lasciavamo messaggi. Il mio nome è inciso nella colonna dell’ingresso. Ho provato a cancellarlo, ma resterà per sempre.
Nel posto dove ho vissuto e lavorato nulla mi pareva particolarmente bello ed evocativo. Solo nel mio appartamento che aveva una grande terrazza volta sulla catena alpina stavo bene: guardando il panorama delle vette che si stagliavano sul cielo rosso in certe serate estive.
Ora e solo ora mi sento a casa, ora che il panorama si è rovesciato e ciò che vedevo da lontano è divenuto il mio vicino. Sono ai piedi del monte e posso salire sul suo imponente corpo, sentirne il respiro, accarezzare le aspre e dolci forme.
Per la prima volta in vita mia mi sento a casa. Sento che qui metterò radici.
E voi che rapporto avete con il luogo? Avete radici?
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