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Guerra

I tipi esili

Forse l’unica cosa che ci salva è l’arte e la poesia. Per questo rileggo Sylvia Plath.


I tipi esili

Sono sempre tra noi, questi tipi esili

senza dimensione come le figure grige

su uno schermo. Sono,

diciamo, irreali:

fu in un film, fu soltanto

in una guerra dalle sinistre notizie, quando

eravamo piccoli, che essi a forza di fame

divennero così smunti e poi non rimpolparono

le loro filiformi membra benché la pace

rimpinguasse le pance dei topi

sotto la più misera delle mense.

Fu durante la lunga battaglia della fame

che scoprirono il loro talento a perseverare

in esilità, per venire, più tardi,

nei nostri brutti sogni, minacciando

non con fucili, non con prepotenze,

ma con un esile silenzio.


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Donne

Otto marzo

È così piccolo

il luogo dove sto andando,

e perché questi ostacoli –

Il corpo di questa donna,

gonne incarbonite e maschera di morte

vegliato da pie figure e fanciulli in ghirlanda.

E adesso denotazioni –

tuono e cannoni.

Il fuoco ci separa.

Non c’è luogo tranquillo

che giri e giri a mezz’aria,

intatto e intoccabile.

Il treno si trascina, sta urlando –

animale smanioso della sua destinazione,

macchia di sangue,

faccia sull’estinguersi del bagliore.

Seppellirò i feriti come crisalidi,

conterò e sepellirò i morti.

Si torcano le loro anime in una rugiada,

incenso sulla mia strada.

Dondolano i carri, sono culle.

E io, sgusciando

da questa pelle di vecchie bende, noie,

vecchie facce a te salgo

dal nero carro di Lete,

pura come un infante.

Da Arrivare là – Sylvia Plath

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Letture

Sylvia Plath #diario

Il ” Diario ” di Sylvia Plath: 400 pagine di diario. Riflessioni intime, fluide, senza schermi. A me piace leggere i diari. Finora ho letto pagine e pagine di Anais Nin. E il diario di Virginia Woolf. Non mi è finora capitato fra le mani un diario maschile.

Forse è un tipo di scrittura intimistico più consono alla sensibilità delle donne. Nel caso di Virginia e Sylvia mi viene in mente si tratta di donne che sono morte suicide: una sensibilità portata all’estremo. Il prezzo da pagare, forse, per la loro sublime arte.



Riporto un brano tratto da Sylvia Plath.

” Diciamocelo: sono atterrita e agghiacciata. Innanzitutto, immagino, ho paura per me stessa… il vecchio, primitivo istinto di sopravvivenza. Sta insorgendo, perciò vivo ogni momento con una terribile intensità. Ieri sera tornando in macchina da Boston, mi sono abbandonata sul sedile e ho lasciato che le luci colorate, la musica della radio, l’immagine riflessa del ragazzo che guidava mi venissero incontro.
Tutto fluiva su di me con un lancinante grido di dolore… ricorda, ricorda, questo sta accadendo ora, ora, ora. Vivilo, sentilo, stringilo. Voglio diventare pienamente conscia di tutto ciò che finora ho dato per scontato. Ti colpisce con più forza quando senti che potrebbe essere l’addio, l’ultima volta”.

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Assonanze

Il suono dei vocaboli

Immagini fotografiche di Eletta

“Ogni vocabolo può essere minuziosamente analizzato per quanto riguarda sfumature, valore, calore, freddezza, assonanze e dissonanze di vocali e consonanti. Suppongo che tecnicamente l’apparenza visibile e il suono dei vocaboli presi a uno a uno assomiglino molto al meccanismo della musica… o al colore e alla grana di un dipinto”.

Sylvia Plath _ Diari

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Arte

Matisse

L’estate esplode nelle tele di Matisse.

” Oggi: Matisse che esplode sulle tele in vibranti, ricche ombre rosa, peltri color pesca pallido, limoni gialli fumo, mandarini arancio forte e limette verdi, ombreggiati di nero, e gli interni: a fiori orientali – pallida lavanda e pareti gialle con una finestra affacciata sul blu della Riviera – la forma a doppia pera blu brillante di una custodia di violino – strisce di luce di sole fuori, dita pallide – il ragazzo al pianoforte intarsiato che ha la forma di un metronomo verde del mondo esterno. Colore: una palma che esplode fuori da una finestra in spruzzi gialli, verdi e neri, in una cornice di ricchi tendaggi neri a disegni rossi.


Un mondo blu di tondi alberi blu, spilloni e una lampada.”.

Sylvia Plath

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Stasera sono brutta

Stasera sono brutta. Ho perso ogni fiducia nella mia capacità di attirare i maschi, e nell’animale femmina questa è una malattia alquanto patetica”.

Da : Diari di Sylvia Plath

La bellezza di una pagina di diario è la disarmante sincerità del momento. Anch’io ultimamente mi sento brutta. Perché così appaio nelle fotografie che mi fa il mio compagno. Ci mette ore a fotografare un fiore, sceglie la giusta distanza e inquadratura, la luce, toglie a mano i fili d’erba che potrebbero disturbare… ma quando mi fotografa, e lo fa assai raramente, lo fa con distrazione velocità e senza un minimo di studio. Non mi riconosco in quelle istantanee. 

Ho delle magnifiche fotografie fatte da altri uomini, alcune in bianco e nero con la Leica, che sono davvero belle. Colgono la mia essenza. L’uomo della Leica, ha perso tempo quel giorno sul lago, per cogliere il miglior attimo del mio sguardo.

Fin da ragazza mi sentivo brutta. Ho molto faticato per costruirmi una faccia che mi piacesse. Un look che mi valorizzasse. Fino allo sciame di mosconi che svolazzavano intorno al mio nettare di ventenne. Ho creato un tamponamento a catena un giorno per le strade della mia città, per un pappagallo che si è bloccato d’improvviso per guardarmi e filarmi. Ho riso molto.

Ma ultimamente rimane il fatto che mi sento brutta a giorni e periodi alterni. Per questo ieri quando ero dalla parrucchiera e le ho detto di avere una figlia molto bella, e parlando di un suo nipote che l’ha conosciuta questo inverno in una sciata e al quale, incontrandolo per caso in un paese gioiello qui vicino ho detto:

– Sono la madre di L. 

Lui, guardandomi mentre si chiacchierava del più e del meno ha esclamato: – Caspita si vede che sei sua madre: vi assomigliate molto.

E io l’ho preso come un complimento perché mia figlia è davvero bella. 

Allora la parrucchiera mi ha detto: – Certo. Tu sei veramente una bella donna. 

– Ti ringrazio, perché ultimamente mi vedo brutta. 

– Stai scherzando? Tu sei veramente bella, ma bella bella. 

Con quel doppio aggettivo raddoppiato per rinforzare. 

Così, è bastato un complimento della parrucchiera, che so diretta e sincera come me, per dirmi che dopotutto non faccio così schifo. Non sono esattamente come quella strega che vedo immortalata nelle istantanee del mio compagno. Forse è lui che, alla fine, non sa cogliere quel briciolo di bellezza che ho. 

Pare che si diverta molto a sminuirmi. Un anno fa diceva che ero: grassetta. Non vi dico le risate delle mie amiche, perché io sono veramente magra. Adesso, che a furia di camminare, sono uno stecco dice che sono perfetta. Le mie amiche, invece, dicono: – Mangia che sei troppo magra. 

Punti di vista. Intanto ho deciso di non farmi più immortalare da frettolose fotografie. O mi si studia per valorizzarmi nei pochi ma sostanziali pregi che ho, o niente. 

La bellezza è anche questione di energia e autostima. No? 

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Diari 

Sto leggendo il “Diario” di Sylvia Plath. Quattrocento pagine di vibranti annotazioni di questa poetessa. 

Nel tempo ho avuto modo di leggere altri diari: nella mia giovinezza, quando frequentavo l’Accademia di Belle Arti, nei viaggi in treno avevo sempre con me un libro del diario di Anais Nin. Scrittrice davvero prolifica. La monumentale opera vanta quindicimila pagine dattiloscritte. Pubblicate in diversi volumi. Li ho letti quasi tutti. 

Un altro diario che ho avuto il piacere di leggere è quello di Virginia Woolf. 

Amo leggere i diari perché sono tracce sempre diverse, non omogenee e senza maschera, del riverbero del tempo dell’anima di chi scrive. Impressioni, stati d’animo, umori variabili – continuamente variabili – come il cielo in primavera. Acquazzoni temporali grandinate e poi, cielo terso turchese pulito lindo. 

Il diario si scrive per sè. Non per altri. Quindi ha meno filtri e condizionamenti. La scrittrice o lo scrittore si sente libero di annotare eventi e sentimenti senza coerenza, continuità logica, costrutto narrativo e finalità esterna. Il diario è uno strumento per esteriorizzare, scrivendo, un pensiero che viene fissato sulla carta. Non rimane prigioniero tra i meandri della mente. Nel diario non si mente. 

” Penso che dopo un po’ mi abituerei all’idea del matrimonio e dei figli. Se solo non soffocasse il mio desiderio di realizzarmi in un appagato stordimento sessuale. Certo, il matrimonio potrebbe rappresentare una maniera di realizzarsi, ma solo nel caso in cui la mia arte, la mia scrittura, non fosse altro che una mera sublimazione dei miei desideri sessuali, destinata a inaridirsi una volta sposata. Se solo riuscissi a trovarlo… l’uomo intelligente ma dotato anche di fisico prestante, magnetico. Se io posso offrire tutto questo, perché non dovrei pretendere altrettanto da un uomo?”.

Sylvia Plath

Parole potenti. Quale donna artista non desidererebbe anche oggi trovare un uomo intelligente, ma dotato anche di fisico prestante e magnetico? Così intelligente da completare e non annientare la creatività artistica di una donna?