Lo stupido uomo scatenò la guerra per tre fette di lonzino. La sua servetta chiuse la bocca come una zip e vi rimase impigliata una foglia d’insalata. L’orco barbuto era offeso. Mangia e taci che io mangio quel di cui ho voglia. Anche del tuo cuore, eventualmente. Si muoveva come un go kart sul tavolo con le rapaci mani. La poveretta lo guardava con occhi spenti. Il sorriso che fino a poco prima scintillava sul viso smunto, fu spento come un cerino dai funesti gesti. Lo stupido uomo costruiva e distruggeva con vorace velocità i delicati templi di Armonia. La lentezza della ponderazione non gli apparteneva.

Scrive Roland Barthes:
Le figure non partecipano affatto all’epos, all’ordine epico, sono dei lanci audaci.
Infatti il soggetto innamorato non sa cos’è un racconto, egli non si vive in un racconto…
Due termini metaforici rendono conto di questa opposizione:
– Figure prese in ordine, una temporalità narrativa: testo, tessuto
– Ma le nostre figure: non c’è tessuto ( la trama ), ma la superficie, ciò che è sovrimpresso a un sintagma qualsiasi; meglio di tessuto: moiré.
L’accento su moiré l’ho messo io perché nel testo originario non c’è. Ma, avendo condotto delle lezioni d’arte sull’effetto moiré, tengo alla precisione della scrittura corretta del termine, così come tengo alla scrittura corretta delle parole dal punto di vista ortografico.
Le citazioni sono tratte da : “Il discorso amoroso” di Roland Barthes. Libro che edita il materiale inedito di : “Frammenti di un discorso amoroso”. Testi inevitabili per chi scrive e per chi ama l’amore e il suo mistero. Due testi inevitabili per chi ama la scrittura.

Ho avuto il piacere di conoscere questo libro grazie a un mio amante del tempo che fu. Ci sono libri e autori che aprono vie e traiettorie nuove. Non tutti i libri hanno il medesimo peso nella vita di una persona. Almeno: così é nella mia vita.
Stamattina, aperta la posta, ho letto un testo moiré, un testo superficie, senza trama, senza tessuto. Io chiamo questi testi: frammenti. Sono giochi di linguaggio che sfiorano la superficie delle cose senza indugiare troppo. Sono dei lanci audaci, come scrive Barthes, perché non intessono storie ben costruite con il giusto tempo e logica. Non hanno un inizio e una fine. Giochi linguistici come scarabocchi, linee che s’intersecano creando diversi effetti ottici. Il colore è dato dall’incidenza della luce sulla superficie, sulle increspature, sulla differente grana.
Chi scrive in un blog non può, per problemi anche di spazio e di pubblico, non può – dicevo – creare storie tessuto. Il tessuto testuale si srotola in lungo e in largo. Appartiene al romanzo. Qui chi scrive come me, può solo accennare, spiluccare, dare brandelli di vita, frammenti di esistenza. In questi assaggi ci sono anche riferimenti a testi letti. Quelli fondamentali che vengono presi e ripresi in mano continuamente e non abbandonati con i loro inutili corpi polverosi in libreria.
Per concisione le citazioni sono solo accennate. Chi ha curiosità e desiderio di approfondire, prenderà il libro e godrà dell’intero.
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