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Attimi

Scalfire

Immagini fotografiche di Eletta Senso

Ci sono persone che sono come pietra: nulla li scalfisce. Nessun avvenimento incontro evento incontro positivo o negativo. Appartengono alla schiera dei litos. Nemmeno una goccia che cade ripetutamente sullo stesso punto, inesorabilmente, riesce a scavare penetrare incidere.

Io sono quella che sono perché ogni incontro avvenimento esperienza, positiva o negativa, mi ha forgiato. Ha lasciato tracce. Ho cambiato perciò spesso percorso e pelle. Qualche volta ho capito – a distanza – gli errori commessi. E ho cercato di modificare il mio comportamento.

In alcune situazioni non ho voluto capire cambiare e ascoltare. Ho fatto muro. E sono caduta. Mi sono ferita. In altre situazioni ho cercato di capire e ascoltare per stare meglio e far stare meglio. Ora sono in un periodo di equilibrio precario perché cerco di far capire a chi non vuol capire. È un mio errore. Non dovrei. Perché ciascuno è artefice del suo destino.

Per cambiare veramente non servono parole. Serve sbattere la testa contro il muro e rialzarsi comprendendo bene la lezione.

P. s. L’immagine di copertina è di L.

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Comportamenti

Questi colori

Immagine fotografica di Eletta Senso

Questi colori non ci sono più. Sono tornata nello stesso posto l’altro ieri ed erano rimasti solo i gialli: senape, zafferano, ocra, limone. Spariti i rosa i bordeaux gli arancioni.

Tutto muta continuamente. Ogni cosa evapora, si trasforma muore e risorge a nuova vita. Come le foglie che diventano humus e nutrimento.

C’è chi rimane strettamente legato agli oggetti come se fossero eterni. C’è chi non sa viaggiare leggero e gettare l’inutile, liberare gli spazi non solo fisici come se tutto venisse immortalato e portato con noi in un’altra vita e in un altro spazio.

Sono nati corsi libri tecniche per imparare a buttare quello che non ci serve più. Ci sono semplici regole del tipo: se non indossi un maglione da cinque anni difficilmente lo indosserai nel sesto: buttalo.

Piano piano sto buttando anch’io. Affetta da shopping compulsivo anni fa ho accumulato una quantità di capi ora superflui e inutili. Riempiono solo gli armadi e mi soffocano.

Se poi teniamo conto che qui in montagna non è il caso di mettere una giacca di Chanel, meglio un pile e gli scarponi… si può immaginare quanti capi ormai inutili io abbia. Logicamente i capi di abbigliamento più belli non è il caso di buttarli. Si possono regalare o mettere in vendita… l’importante è liberare. Dare aria. Sgombrare. Cantine ripostigli anfratti dove l’oggetto è spesso legato emotivamente a un passato altrettanto ingombrante e pesante. L’oggetto emana come ho già scritto diverse volte. Tagliamo, una buona volta, i lacci che ci tengono avvinti a ciò che non c’è più. Al nostro passato.

Impariamo dalla natura a mutare spogliarci e rivestirci di nuovo a seconda delle stagioni della nostra vita.

Immagine fotografica di Eletta Senso
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Luoghi

Gratitudine

Ogni giorno che nasce dovremmo essere grati. Per quello che abbiamo. Invece, spesso, siamo pronti a piagnucolare per quello che non abbiamo o abbiamo perso.

Non c’è giorno che passi senza che io mi senta profondamente grata per questo luogo dove vivo. Che mi ha scelto e che ho scelto.

Prima ero talmente immersa in tante cose da fare, in tante cose da comprare che non vedevo nulla. Non assaporavo nulla.

Nel seminario al castello, nella sala del trono, una donna del gruppo mi ha detto: – Regalati il verde.

Non sapevo nemmeno cosa fosse il verde, non conoscevo l’odore dell’erba, il profumo del fieno e del bosco.

Sono praticamente vissuta nel cemento e l’erba era quella dei giardini delle ville.

Al castello ero andata perché avevo voglia di cambiare. È stata l’esperienza più interessante e importante della mia vita.

Il gruppo era formato da quindici persone. Conducevano una psicologa e suo marito psicoterapeuta. Il tema era: “Ieri, oggi, domani”. Si lavorava dalla mattina alla sera. In plenaria e da soli. Con tutti i linguaggi: verbale, grafico, corporeo. Alcune sessioni venivano registrate e viste e commentate insieme la sera.

Da allora la mia vita ha preso una via diversa. Perché ero pronta al cambiamento.

Se non si è pronti al cambiamento nulla può cambiarci.

– Regalati il verde. È diventato reale.

Ora sono immersa nel verde. Non potrei più fare a meno del verde.

Ora mi nutro respiro assaporo il verde in tutte le sue sottotinte ogni giorno. E la mia giornata ha colore.

Sono talmente affamata di verde che mi fa fatica prendere la macchina e scendere in città. Questo comporta rinunce: nessuna spesa nei supermercati e quindi scelta limitata dei prodotti; niente più shopping o giretti per negozi; niente più vasche o struscio.

Lo struscio lo faccio sui ciottoli del ruscello che scende dal nevaio. Le vasche le faccio sul sentiero solitario immerso nella pineta. La colazione non è al tavolino del bar circondato dal traffico: è nella quiete con gli alberi e le nuvole che si riflettono nell’acqua.

E io mi sento grata.

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Metamorfosi

Cambiare

Immagine fotografica di Eletta

Cambiare non è facile. Siamo strettamente legati e ingabbiati nella routine e ripetizione del già noto. Più semplice fare quello che già facciamo, senza intraprendere una nuova e sconosciuta strada.

Le Sirene del già noto, già visto, già vissuto ci chiamano e ci legano. L’ignoto crea ansia e ci risulta difficile togliere l’ancora e lasciarci andare a una nuova corrente che può portarci in nuove terre.

La metafora viva è quella del bruco che si trasforma, attraverso la metamorfosi, in farfalla. Per poi volare con meravigliosi colori. Serve un periodo di lunga incubazione nel bozzolo. Serve un po’ stare fermi con pazienza. Attendere e lavorare filo dopo filo. Non attendere e dormire: quello si chiama letargo e non metamorfosi.

Serve un serio lavoro su se stessi per cambiare. Un atteggiamento rigoroso e responsabile. Prendersi in carico il proprio obiettivo di benessere. Capire i sintomi che sono segnali di malessere. Guarire.

Leggevo ieri una interessante riflessione: quando si accende una spia rossa sul cruscotto dell’auto è segno che qualcosa non va. Se non “leggiamo l’indicazione”, non comprendiamo il messaggio del sintomo, non ripariamo il guasto.

La riflessione era, naturalmente, più estesa e dettagliata. Riprendeva il rapporto tra i malesseri fisici e quelli che ignoriamo: quello che sta dietro un sintomo. È un tema ampio e complesso di cui volevo già scrivere.

Ne parla anche Galimberti nel suo libro dedicato al Corpo. Sintetizzando ( avrò modo di esplicarlo meglio) : la medicina tratta il corpo del paziente come fosse una macchina sostituendo i pezzi, senza mai chiedersi cosa sta dietro il sintomo.

“Paradossalmente, il paziente non è, rispetto a ciò che soffre, che un fatto esteriore: la lettura medica non deve prenderlo in considerazione che per metterlo tra parentesi (…).

M. FOUCAULT – Nascita della clinica

Per questo lo sguardo medico non incontra un malato, ma la sua malattia, e nel suo corpo non legge una biografia ma una patologia, dove la soggettività del paziente scompare dietro l’oggettività di segni sintomatici che non rinviano a un modo di vivere (…) ma a un quadro clinico dove le differenze individuali scompaiono”.

” È uno sguardo, quello del medico, che sottrae al corpo quell’ambivalenza simbolica che la malattia esalta ( … ) dove sottesa non c’è una riflessione sulla vita in generale, ma solo sulla malattia come entità clinica che ha un decorso, ma mai un senso”.

Da Galimberti – Il corpo

Diverso l’approccio dell’ultimo libro che sto leggendo. Il punto di partenza è il medesimo. La conseguenza è totale: se una parte del mio corpo si ammala, leggo il sintomo, decifro il suo significato e vedo di modificare radicalmente il blocco energetico o il disequilibrio creato cambiando vita. Sciogliendo, attraverso delle scelte precise, il nodo il blocco energetico.

Il medico in questo ultimo caso viene interpellato perché sia “paziente”: aiutandoci a leggere il messaggio simbolico sotteso al sintomo. Non perché ci imbottisca di farmaci ed esami.

In questo caso io sono la sola in grado di curare me stessa, anche se con l’aiuto di un medico. Il discorso qui si fa molto complesso. Conosci te stesso. La base.

La tesi di questo ultimo libro è che qualsiasi malattia è il risultato di un disequilibrio energetico. A me rimane la domanda: e i bambini piccoli malati che disequilibrio hanno? Oppure: è sempre così anche quando è l’ambiente che ammala ( vedi Trapano ).

Domande aperte. Ripeto: il tema è complesso e avrebbe bisogno di un ampio spazio per essere trattato. Chi vuole può approfondire leggendo studiando riflettendo. Ascoltando anche voci diverse.

Scegliere ascoltando il nostro cuore, apprezzare ogni momento ogni minuto e secondo della nostra vita, rispettare il nostro ritmo, essere grati per ogni persona ed esperienza che incontriamo sulla nostra strada, è l’atteggiamento che mantiene sano il cuore”.

Tra le malattie che predispongono all’infarto spiccano l’ipertensione arteriosa e il diabete, due malattie che denotano la difficoltà di rilassarci e accettare l’amore”.

Lorraine Kando – La risposta

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Stagioni

Metaforfosi

Rielaborazione grafica di Eletta

Quello che mi piace dell’autunno è la lenta, ma inesorabile metaforfosi. È il cambiamento. La trasformazione. Prendere un ramo una foglia un pascolo e cambiarne il cromatismo e la materia. Accartocciare stringere assottigliare maculare tinteggiare muovere.

Sarà che detesto la stasi. Tutto ciò che è immobile e sempre uguale a se stesso. Sarà che mi piacciono i cambi di scena. Sarà che mi diverte il capovolgimento e l’inaspettato: la sorpresa. La magia. Sarà che la mia parte bambina ancora sa meravigliarsi guardando e vedendo.

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Riflessioni

Sarcofago

Egli si serra nel sarcofago. Alza alte mura. Quando sente l’attacco imminente sta nella fortezza e scaglia frecce.

L’uomo porcospino si chiude a palla con tutti gli aculei innalzati. Non conosce la morbidezza dell’accogliere.

Simile anche alla tartaruga che rintana la testa nel robusto carapace. L’importante è stare fermi chiusi immobili.

Ci sono capre che per difendersi dagli assalti si fingono morte stecchite. Anche le loro funzioni vitali si abbassano al minimo.

Egli è un vaso fragile. Ha timore di urti spostamenti contatti.

Eppure la vita ne dà.

La vita dà scosse urti movimenti e assestamenti. Spostamenti adattamenti sconvolgimenti.

Qualche volta uscire dalla fortezza, tirare fuori la testa, non scagliare frecce continue, risvegliarsi alla vita è salutare.

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Riflessioni

Cambiare

Ci sono persone che dicono: – Sono fatto così. Prendere o lasciare.

È un atteggiamento corretto?

Si può cambiare?

Il cambiamento si produce in due modi: per forza o per scelta.

Le persone che cambiano per forza, non hanno sentito e ascoltato i segnali che dà la vita.

Arriva una importante malattia, stanno malissimo e d’un tratto, volenti o nolenti, devono riprendere in mano alcuni aspetti del proprio vivere per ri-creare una scala valoriale.

A che è servito aver accumulato, a che è servito non accorgermi degli altri?

A che è servito correre e fare tutto velocemente senza gustare ogni attimo?

Il cambiamento forzato avviene quando viviamo senza presenza. Trascuriamo i segnali che ci avvertono che qualcosa non va e avanziamo per forza di volontà finché le strutture consolidate non si sgretolano.

Vittime di comportamenti che procedono per schemi, siamo in realtà ingabbiati, imprigionati finché non prendiamo coscienza di quanto sta accadendo e ci assumiamo la responsabilità di operare dei cambiamenti.

Il cambiamento è trasformazione.

Fintanto che i comportamenti dettati dagli schemi abituali rimangono intatti continuano a riprodurre il disagio e i problemi già vissuti.

Il cambiamento è possibile solo quando prestiamo attenzione. Prestare attenzione in consapevolezza.

Ho agito ancora così. Ho ripetuto mille e mille volte il medesimo schema. Continuo a comportarmi male e continuo a fare male a me e alle persone a me vicine.

Per operare la trasformazione dobbiamo essere disposti a morire alla vita che conosciamo.

Il lavoro di trasformazione interiore comporta lo smantellamento degli schemi abituali che spingono a ignorare ciò che accade dentro e intorno a noi.

( Il corsivo è tratto da: Risvegliati alla vita di Ken McLeod )

Quello che accade è molto importante. Non prestiamo attenzione a un vicino in sofferenza?

Siamo consapevoli del nostro comportamento?

Riusciamo a uscire dallo schema: Non mi importa quello che capita fuori di me, ma solo dei miei bisogni.

Ci accorgiamo di fare soffrire chi ci sta attorno?

Andiamo alla cieca guidati dai nostri istinti, pensando: Io sono così ed è impossibile cambiarmi?

Sono pienamente convinta che, con grande lavoro e fatica, è possibile cambiare.

Sono pienamente convinta che è possibile cambiare solo se siamo consapevoli.

Sono pienamente convinta che le persone inconsapevoli non facciano che ripetere all’infinito i propri errori provocando i medesimi problemi e risultati.

Vivono il loro inferno già qui. Stanno male e non si accorgono neppure di agire male, seminare male, produrre male.

Stare nell’attenzione non significa fare grandi cose. Cominciamo dalle piccole:

– Presto attenzione al sapore di ogni cibo di cui mi nutro? O ingurgito velocemente.

Cominciamo a gustare ogni boccone. Prestiamo attenzione al sapore. Facciamo esperienza del colore odore sapore. Con lentezza.

Ero una di quelle persone che mangiava velocemente. Oggi sono l’ultima a finire a tavola. Ho fatto fatica a cambiare. Ma sono riuscita.

Questo esempio può essere trasferito a qualsiasi esperienza:

Come camminiamo?

Parliamo?

Lavoriamo?

Come facciamo sesso?

Il tema è ampio.

Riusciamo a introdurre un pizzico di attenzione in più in ogni nostra azione quotidiana?

Riusciamo a essere consapevoli di ogni raggio di sole o goccia di pioggia?

Siamo consapevoli di ogni parola che diciamo o carezza che diamo?

Risvegliamoci alla vita, dunque.