Finalmente è arrivata a dipingere con mano lieve e polvere di talco tutto il paesaggio. Finalmente dopo mesi e mesi ho dovuto pulire la macchina dallo strato di panna.
Mi piace la sua scrittura, la sua grafia, la sua capacità di mettere ogni linea in rilievo. I neri risaltano per contrasto nel mare bianco.
E mi piace la impermanenza della sua arte: mi ricorda i mandala dei monaci tibetani fatti con cura per poi diventare polvere nel nulla. Costruzione meditazione distruzione.
Infatti per fotografare l’arte della neve occorre saper cogliere l’attimo. Dopo poco arriva la bufera.
Sono veramente contenta di aver raccontato di Banksy – dopo aver visto una sua mostra a Otranto a settembre. Mi sembrava strano che non ci fosse in questo momento purtroppo bellico, di morte sopraffazione e violenza. Invece leggo sul Corriere che ha deciso di vendere una delle sue innumerevoli opere contro la guerra.
“Banksy, un’identità nascosta per sua scelta e uno degli artisti contemporanei più noti e fecondi dell’arte di strada, ha deciso di mettere all’asta la sua opera «CND Soldiers» per finanziare l’ospedale pediatrico più grande di Kiev, Ohmatdyt children’s hospital”.
Ho visto un suo quadro in un film. E subito mi sono ricordata dei suoi colori. Alcune sue opere sono presenti in una raccolta privata che ho avuto il piacere di vedere diverse volte.
Mi è venuto in mente leggendo Eco che scrive d’arte. Perché così lavora la nostra mente:inanellando e saltando da un ricordo all’altro per associazione e sentori.
Eco, nel libro che sto leggendo, è andato a vedere una mostra di Hayez e spiega perché è un pessimo pittore.
“Noi siamo abituati a ritenere opere d’arte quegli oggetti che
a – da un lato ci obbligano a considerare il modo in cui sono fatti
b – ci lasciano inquieti perché non è così pacifico che vogliano dire quello che apparentemente sembrano dire… Polisemia e apertura…
Non vi sto ad annoiare ( per chi vuole approfondire rimando alla lettura di : Sugli specchi e altri saggi – Umberto Eco – Bompiani). Ma, tornando alle opere di Rothko, le tele hanno proprio questo rimandare ad altro che travalica il mero accostamento cromatico. I suoi colori hanno un’apertura e un rimando che esce e si espande in un altrove.
Respirando i colori della fantastica tavolozza autunnale di Madre Natura.
Ecco la matrice, l’origine, la Musa ispiratrice di molti movimenti artistici : dai Divisionisti agli Impressionisti fino ai Fauves…
HenriMatisseClaude MonetRaoul Dufy
Non importa il soggetto. Importa l’uso e la scelta dei colori. Il loro vibrare per accostamenti e contrapposizione complementare. Il loro sfumare esaltarsi mescolarsi danzare: uno per l’altro, uno accanto all’altro.
Opera di Bansky per ringraziare il personale medico e paramedico
Al castello di Otranto ho avuto la fortuna di vedere la mostra di Banksy, che avrebbe dovuto terminare una settimana fa, ma la cui chiusura è stata prorogata.
Qualcosa sapevo di questo eccentrico artista, ma non avevo mai approfondito. Quindi vedere alcune sue opere serigrafate mi ha permesso di capire e sapere perché tra tutti i graffitari Banksy sia Banksy. Uno che ha lasciato un segno indelebile nonostante le infinite cancellature e imbrattature dei suoi lavori.
Mappa concettuale in cui si visualizzano le derivazioni delle correnti artistiche di Bansky e le sue molteplici iniziative artistiche performance e azioni politiche
Innanzitutto mi piace il suo apparire e scomparire lasciando tracce che non sono solo murales, ma veri e propri messaggi etici.
Le pie donne sotto un cartello che annuncia i saldi
Non si sa chi sia. Colpisce in molte parti del pianeta con il suo cappuccio nero ed evapora.
Con lui la street art ha assunto dimensioni di gioco satira surrealismo incanto condanna e libertà assoluta.
Anche la blasfemia e la libertà di far acquistare nella casa d’asta Sotheby’s a Londra la sua opera Girl with Red Balloon per 1,042 milioni di sterline per poi fare in modo che l’opera si autodistruggesse sotto lo sguardo incredulo dei presenti. ( Un congegno, azionato sapientemente, ha ridotto in striscioline il lavoro dopo l’acquisto).
L’artista sa disegnare. Ha uno stile inconfondibile e la sua firma è un secchiello di vernice e l’immancabile rullo. Utilizza le pareti delle città come tela e interviene, ad hoc, dove c’è bisogno di una scossa etica. Di uno schiaffo al potere, all’ingiustizia, al consumismo, alla guerra.
Le armi sono fiori
I suoi soggetti sono spesso bambini e topi.
Alcune sue frasi:
Non sono diventato un writer per farmi dire dagli altri cosa dovevo fare.
Tutti gli artisti sono pronti a soffrire per le loro opere. Perché allora sono così pochi quelli che hanno voglia di imparare a disegnare?
Mi mancano i musei. Le ultime volte ho sostato sulla panca di velluto a guardare immobile un’opera. L’ultima volta sono entrata nella “Camera degli sposi” e un brivido mi ha percorso. Un’emozione che mi manca.
Immagini fotografiche di Eletta Senso
Quando ho visto la Galleria degli Uffizi e altri grandi siti museali ero più stupida e correvo senza fermarmi a guardare guardare guardare. Consumavo l’arte senza contemplazione. Così al Museo del Palazzo Topkapi a Istanbul. Sono uscita stanchissima.
Ora, nell’ultimo periodo, ho finalmente capito che occorre scegliere in ogni museo cosa vedere e non solo guardare. Stare e sostare davanti a poche opere. Tornando magari un’altra e un’altra volta per stare e sostare davanti a altre opere.
Per questo le visite migliori ai Musei ultimamente hanno avuto dei tempi lenti, direi meditativi.
L’estate scorsa avevo prenotato Pompei. Poi per via della pandemia ho dovuto disdire. Mi auguro che questa prossima estate possa riempire gli occhi, e il cuore, di altra bellezza della nostra bella Italia.
Questa potrebbe essere una nuova opera d’arte, dopo la più famosa, per chi conosce un po’ di storia dell’arte, “Fontana” di Duchamp. Opera che ha stravolto il concetto stesso di arte…
La mia potrebbe essere almeno un’opera animata da una presenza viva, come certe performance di Marina Abramovic o di Body Art.
Dall’orinatorio di Duchamp in poi l’arte non è stata più rappresentazione della realtà e la misera realtà degli oggetti – più umili semplici quotidiani – se posti in una galleria, si sono trasformati in arte.
A tal punto che persino il mio gesso una volta tagliato potrebbe essere esposto in una moderna gipsoteca con arie di arte concettuale…
Comunque per dirla tutta: ai Tagli di Fontana che fanno da sfondo nello studio di Fazio a “Che tempo che fa”, io preferisco la vitalità in perenne movimento dei pesci nell’acquario che gli fa da scrivania.
Le avanguardie servono a rompere degli schemi. Si sa. Ma io ancora preferisco chi sa disegnare e dipingere sui muri o sulle tele a chi le ferisce con improbabili tagli per cercare profondità su superfici piatte.
Camminare nel bosco dopo giorni di pioggia regala quadri di astrattismo.
L’Espressionismo astratto è un movimento nato a New York negli anni ’40. I pittori appartenenti a questo movimento erano per lo più gestuali: dipingevano con rapidità gestuale su grandi tele, a volte lasciando colare direttamente il colore – dripping – come nel caso di Pollock.
Pollock usava tele poste direttamente sul pavimento e gettava il colore – a volte direttamente dal barattolo o usando bastoni – con getti ampi e veloci e sgocciolamenti.
La tecnica si chiama “Action painting”: infatti il corpo stesso del pittore era, attraverso i movimenti del corpo, parte integrante dell’opera.
Camminando nel bosco si può ammirare come la Natura sia, in fondo, la prima artista espressionista astratta.
Un dettaglio – come quello colto nell’immagine fotografica – ci regala composizioni vigorose per accostamenti di colori e forme impresse – con vigore – dai gesti del tempo.
Non sa che solo guardando per ore un viso un luogo un albero un fiore per ritrarlo si può finalmente vederlo. Vederlo davvero. Imprimere ogni linea ogni segno curva ombra per sempre nella memoria.
Mira Mirò. Con l’accento – o no – sulla O. Segni scarabocchi asterischi e giocolieri. Segni liberi e pensieri. Strade strette – strette e fini con accenni di colline. Occhi e tuorli gialli e rossi. Gatti e baffi sbuffi e pizzi. Ghirigori senza fine. Tutto naviga – e attraversa – una tela stemperata. Ocra e gesso di lavagna. Nulla è statico e ancorato nel tuo spazio smisurato. Aquiloni e stelle e strisce. Zampe lunghe di vernice.
Blu indaco col rosso che si espandono di sotto. Un gallo che becchetta, un accenno di civetta. Un rastrello e un ombrellino. Gira il verde in un giardino.
Cade l’ombra di un aeroplano sull’accenno di una mano.
Leggere vuol dire anche conoscere. Grazie al libro che sto leggendo, e di cui ho già scritto, “La vita delle immagini” di Charles Simic sono venuta a conoscenza di un artista le cui opere mi hanno incantato.
Da sempre mi occupo di arte, oltre che di scrittura, e mi sembra incredibile che in tutto questo tempo mi sia sfuggito. Ma è così.
Giunta a pagina 179 del libro leggo di questo artista americano morto nel 1972. Dato che non mi ricorda nulla il suo nome e Simic comincia a descrivere le sue opere che “consistevano soprattutto in scatole di legno chiuse da un vetro contenenti una serie di oggetti trovati, assemblati in maniera inattesa ” … mi incuriosisco e vado a cercarli on line per vederli.
Rimango a bocca aperta. Guardo decine di opere e le trovo magnifiche. Un gusto estetico che pone ogni piccolo oggetto, ogni linea, fotografia, frammento in un equilibrio compositivo perfetto.
Oggetti raccolti ovunque, ritagli di giornale, spazzatura. Tutto preso e sistemato nel piccolo mondo di una scatola di legno. Un universo, una composizione poetica.
“L’importante non è ciò che si guarda, ma ciò che si vede” – Thoreau
I teatrini di Cornell sono una realtà artistica da vedere intimamente. Adoro gli artisti che odorano di vernice e sono sporchi di colore, Cornell sicuramente odorava di colla legno e forbici. Me lo immagino chino a provare e riprovare -togliendo e spostando piccole perle fili e figurine – finché tutto funziona.
Scrive Simic: Le sue scatole mi fanno pensare a delle poesie rigorosamente ermetiche. Il corpo a corpo immaginativo con una di esse è come la contemplazione del labirinto di metafore sulla scacchiera di un poeta simbolista”.
Forse per questo sono così colpita da queste sue opere : perché sono come note disposte apparentemente a caso che solo lo sguardo può far vibrare e sonare in modo da creare un’armonia musicale. Un po’ come i giochi poveri dei bimbi nello scorso secolo che con un carrettino di legno legato a una corda potevano immaginare incredibili viaggi.
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