
Ovunque ci sia un essere umano, vi è possibilità di gentilezza.
Seneca
A volte sono più gentili certi animali…
Buona serata
Ovunque ci sia un essere umano, vi è possibilità di gentilezza.
Seneca
A volte sono più gentili certi animali…
Buona serata
Ci sono parole preziose che si ripongono al riparo dei venti, perché non volino via: le pagine calligrafiche, i neri arabeschi.
Parole che non si rileggono per paura che l’aria e la luce alterino il loro disporsi intatto. Fossili nella pietra.
Restano, così, nell’intimità di un angolo nascosto.
Sono parole rare, non dissipate, non quotidiane, usurate, già sentite o lette.
Hanno una luce terribile e inquietante perché vanno al cuore. E il cuore è vulnerabile.
Sono parole che hanno un altro respiro, vivono in un nuovo spazio. Non possiedono un’ombra transitoria come i gesti dettati dal pudore.
Restano pietrificate, fissate, con un brillio diamante.
Giungono nel tempo patito, come un filo che annoda quel che precipita.
Troviamo parole solo per ciò che è già morto nei nostri cuori; c’è sempre una sorta di disprezzo nell’atto della parola.
Nietzsche
“Naturalmente, quando si parla di letteratura, verità non significa raccontare fatti realmente accaduti. Significa piuttosto concepire testi veritieri su quel pezzo di condizione umana che si è deciso di raccontare. Compito della letteratura è dire la verità con lo strumento della finzione, laddove finzione (intesa come creazione, rappresentazione, invenzione) è categoria assai diversa, in qualche modo antitetica, rispetto a falsità”
Gianrico Carofiglio
È quello che cerco di fare io. È quello che ho fatto scrivendo e pubblicando un libro. E quello che sto facendo scrivendo un libro.
Qualcuno, leggendomi nel blog, prende per oro colato e cronaca quello che scrivo. Dimenticando l’operazione descritta da Carofiglio.
Creazione rappresentazione invenzione.
Certi pezzi poi sono talmente lontani dalla mia realtà quotidiana perché risalgono a anni fa. Sono semplici depositi di scrittura dove, talvolta, il gusto per la parola prende il sopravvento sul racconto.
Distanziamento sociale. Distanziamento sanitario.
Distanziamento salutare e morale.
Ci sono distanziamenti fuori misura perché la misura è colma.
Ci sono distanziamenti d’anima quando il bivio – tra il bene e il male – indica percorsi diversi.
Ci sono distanziamenti non fisici prossemici geografici: quando si sta vicino a una ghiacciaia, a un frigorifero, a una metaforica bara. E il cuore non batte. Non c’è vicinanza al gelo.
Ci sono distanziamenti che scegliamo e altri che il Fato ci impone.
Ci sono distanziamenti tra stelle che vibrano come fuochi.
Ci sono distanziamenti nei fatti e non serve scrivere nuove pagine.
T’aspetto
nel lunare richiamo notturno
quando l’aria è silenziosa.
Ti bramo: come conchiglia
tra algide alghe.
Attendo le tue calde parole
tra queste pareti di pizzi
e spigoli
e capitelli di roccia.
Ti vedo
– quando s’addensa
il respiro luminescente:
nebbia d’angeli
nel labirinto celeste.
Ieri ho usato un termine che penso di non avere mai usato. Misericordia.
Anche se è vero, come si può leggere nel link allegato, che si tratta di un attributo divino, per estensione può riferirsi alla capacità umana di essere compassionevoli.
In questo periodo natalizio la TV offre diverse repliche e ieri mi è capitato di rivedere la bella trasmissione di Rai Tre: Quante storie. Il teologo Vito Mancuso presentava il suo ultimo libro: La forza di essere migliori.
Tra le varie cose dette in trasmissione: piuttosto che gli uomini sono lupi per gli uomini ( Plauto homo hominis lupus ) sarebbe bene dire: ogni uomo è qualcosa di divino per gli altri uomini ( Cecilio Stazio homo hominis deo ). Due visioni diverse. Dipende come si intendono i rapporti. Verso cosa tendiamo: verso la sopraffazione, la guerra, la rivalità o verso la compassione, l’accoglienza, l’amore, il rispetto?
Ecco: la parola che mi è saltata fuori ieri, inaspettatamente dal mio vocabolario interno, sta dalla parte del rispetto. Ogni tanto occorre avere misericordia, occorre saper tacere, sorvolare, capire gli errori degli altri e accettarli in modo compassionevole. Esattamente come si cerca di fare con i propri.
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Misericordia
– Stai zitta!
Non sono una di quelle donne che parlano di continuo come un fiume in piena. Non penso di avere una brutta voce. Ieri ho spento la radio perché i due conduttori avevano un tono di voce troppo alto, quasi urlato. Non sopporto le voci stridule alte querule monotone.
Detesto le persone che si installano davanti a te vomitandoti addosso fatti di cui non ti importa nulla. Non vado più in un negozio qui in montagna perché, se entri, devi mettere in conto di stare almeno un’ora a sentire la proprietaria che, tenendoti in ostaggio, ti racconta implacabilmente tutti i fatti suoi.
In una situazione conviviale sono quasi sempre l’unica a far discrete domande agli ospiti in modo che si sentano a loro agio. Raramente qualcuno fa domande a me. Una volta in casa mia un ospite ha guardato i miei libri e mi ha chiesto. Lo scorso Natale: cinque ore a tavola senza che qualcuno mi chiedesse: – Allora, hai appena fatto un trasloco scegliendo di vivere in montagna, come ti trovi? Per questa ragione non ripeterò l’esperienza questo Natale.
Non si tratta di essere al centro della attenzione. Si tratta di essere almeno un poco considerata. Diversa da un manichino, statua di cera o marmo o soprammobile. Si tratta di avere una sana curiosità di fronte a un ospite nuovo che lo ponga in situazione di poter dire, comunicare, chiacchierare.
Come ho già scritto diverse volte credo moltissimo nel valore della comunicazione. Credo che sia bene parlare e dire.
In automobile l’altro ieri ho espresso un mio parere a una persona. Sono stata zittita con una modalità estremamente violenta. Mi ha investito come un’onda feroce.
Penso che si possa esprimere un parere senza censura e che l’altro – in caso di disaccordo – possa reagire con calma dando il suo parere. Anche se diverso. Senza alterarsi. E bestemmiare.
Comunicare non vuol dire parlare del tempo o solo di argomenti leggeri e vacui. Comunicare può voler dire anche esprimere un proprio disagio.
– A mio parere in quella situazione tu non ti sei comportato bene.
Una persona equilibrata sa ascoltare. Pensare riflettere e reagire. Una persona equilibrata risponde con calma. Discute. Senza violenza verbale.
In questi ultimi giorni sono stata investita diverse volte da violenza verbale. Non lo accetto più. Così come non accetto più che mi si dica:
– Stai zitta.
Considerato che non sono una piccola bambina noiosa.
Considerato che si fa, giustamente, un gran parlare della violenza fisica sulle donne occorre anche considerare la perpetua violenza psicologica di certi uomini che usano un tono da padroni.
Ordinano, non chiedono.
Zittiscono, non parlano.
Amano sentire solo parole sottomesse sussurrate e false.
Come sei bravo bello forte.
Se la povera moglie o figlia si permette di dissentire o mostrare un parere appena dissonante col divin pensiero scatta la rabbiosa reazione:
– Stai zitta!
Nessuno al mondo deve avere la limitazione della libertà di dire. Abbiamo raggiunto la democrazia anche per questo. Certe reazioni verbali rabbiose hanno lo stesso impatto di un calcio in faccia.
Nessuno al mondo mi metterà bavagli e mi impedirà di dire che è bene dire.
Come comunicare efficacemente il proprio disaccordo
Smarriti gli orizzonti narrativi,
rimane solo la fatica della salita
nel crepitio niveo.
Vado in alto. Vado su.
Ogni cosa è quieta
per l’ora mattutina.
Ho riavvolto
come una sciarpa
le emorragie narcisistiche.
Fantasmatiche anime stanno
come statue di sale
disseminate nel bosco:
hanno un respiro di ghiaccio.
È necessario
stare nell’incanto del vuoto
per gustare la voluttà del poco.
Il mio pane è la parola
Il mio pane è comunicare
Il mio pane è leggere
Il mio pane è scrivere
Il mio pane è confrontarmi
Il mio pane è imparare
Il mio pane è conoscere.
C’è chi riempie la pancia di cibo. Lo gusta, lo assapora, lo mastica, lo desidera. Il momento del pranzo e della cena è atteso per il piacere del cibo.
A me piace gustare le parole, assaporarne il suono e le assonanze, farle rotolare lungamente in bocca e nella mente e sentirne il sapore, a me piace masticarle e staccarle a brandelli.
Solo il rimbalzo emotivo delle parole mi crea un vero piacere perché soddisfa il mio bisogno di nutrimento.
Oggi, leggendo, ho scoperto che esistono parole vuote e parole piene.
” la parola piena è tutt’uno con la manifestazione del soggetto dell’inconscio, mentre la parola vuota appare come vuota di desiderio e piena di Ego”.
Da: Jacques Lacan – Desiderio, godimento e soggettivazione – Raffaello Cortina Editore
Le parole sono ponti verso l’Altro.
“Quando un artista ricorda, subito crea” – Italo Svevo
Trovo questa frase illuminante nella prefazione di Italo Svevo al libro: Gente di Dublino di James Joyce.
Ecco, in poche parole, quello che penso. Come già detto: per consapevole scelta non do, di mia sponte, l’indirizzo o il nome del mio blog a conoscenti e amici. Qualcuno, frequentandomi, comunque lo trova. E qualcuno se la prende e non capisce.
Sono un’artista. Mi piace giocare con i colori e con le parole. Quando ricordo, creo.
È altro – dalla semplice cronaca o diario – quel che scrivo. C’è una metamorfosi, una trasformazione dovuta al battito linguistico dell’anima.
Qualcuno ha tentato di censurarmi. Non accetto censure. Volo libera quando creo.
Ogni tanto, oltre ai romanzi classici o moderni e oltre ai saggi per me è bene fare un tuffo in un libro ” Meditazione”.
Ho preso una intera collana di Mindfulness & Meditazione. E, ogni tanto, ne prendo uno a caso. Mi aiutano a riflettere sui comportamenti e sulle emozioni. Da sola non sempre riesco a fare il punto sui miei consolidati schemi reattivi. Poche pagine lette la sera possono offrire interessanti spunti.
Ieri sera, per esempio, ho letto il libro di Lama Ole Nydahl dal titolo: Le cose come sono.
“È più semplice sviluppare dei buoni sentimenti verso coloro che corrispondono alle nostre aspettative: queste persone ci piacciono a prescindere.
È invece una sfida più grande augurare il bene a coloro che ripetutamente commettono errori, o alle persone difficili; è necessario capire che la causa del loro comportamento non è la malvagità, ma l’ignoranza.
Il principio assoluto è che tutti gli esseri vogliono essere felici, ma non sapendo quali azioni conducono alla felicità agiscono nel modo sbagliato ottenendo così sofferenza. Purtroppo la maggior parte delle persone spesso arraffa le ortiche che pungono invece dei fiori”.
Ecco: io, tra tutti i vari libri che leggo, ogni tanto ho bisogno di trovare parole che mi permettano di imparare a arraffare fiori e non ortiche.
Uno degli aspetti che amo delle parole è l’etimologia. Il significato recondito dovuto all’etimo, alla radice, alla genesi e sviluppo. Spesso non pensiamo a cosa si nasconde in una semplice parola. Come in questo caso: non avevo mai veramente fatto caso che in carnefice ci fosse questo sottostrato: carne e fice.
” La sessualità non è la carne, è il desiderio. Ciò a cui tende non è l’eiaculazione, ma è l’incontro con l’altro, perché solo desiderando l’altro o sentendomi oggetto di desiderio altrui, io mi scopro come essere sessuato.
Carnefice è chi distrugge la scena
Chi scioglie il corpo dell’altro dalla situazione che voleva esprimere, dalle possibilità che lo circondavano, fino a ridurlo all’inerzia passiva della carne.
(…) il carne- fice gli fa gustare la sua carne per obbligarlo a sentirsi solo carne“.
Umberto Galimberti – Il corpo
Non ho mai parlato degli animali che circondano la mia casa, se non dei caprioli che questa estate sono scesi nel prato meno frequentemente dell’anno scorso.
Ieri ho avuto una mucca in giardino. Mi ha fatto venire in mente il bel film : “Una mucca caduta dal cielo”. La mucca nel mio giardino non è caduta dal cielo, ma è arrivata dalla zona circostante dove pascola con le sue amiche. Non so come ha fatto ad entrare visto che il giardino è recintato, tranne per un entrata stretta che conduce alla stradina dei miei vicini.
Altri animali che circondano la zona circostante la mia casa sono asini caprette e oche. Gli asini fanno sentire la loro presenza ragliando. Le erbacce del mio orto più del pane secco viene raccolto e servito alle caprette dalla mia vicina: donna sempre in movimento. Sono anche comparsi due alsaziani bianchi in gabbia che mi fanno un po’ pena, per via della gabbia.
Pare che qui non manchino animali. Si può dire che conviviamo con essi. Fanno parte del paesaggio e della nostra quotidianità. Nel paese vicino pascolano dei magnifici cavalli bianchi che passano sotto le mie finestre per tutto il periodo estivo cavalcati da cavallerizzi in tenuta perfetta. Ho trovato tre ferri di cavallo nelle passeggiate che tengo sulla credenza: non si sa mai che portino fortuna.
Se penso che certi bambini di città non hanno mai visto un pollo o una mucca se non la loro corporeità nuda a pezzi incelofanata al supermercato… mi spiace per loro. Gli animali fanno parte dell’ambiente montano come, ormai, i piccioni e i gabbiani di quello cittadino o, come so dalla cronaca, i cinghiali che scorazzano la notte tra i rifiuti a Roma.
( Immagine fotografica di L&R )
Occorre imparare a prendersi le proprie responsabilità.
In ogni scelta.
Ogni giorno.
In ogni situazione.
Non ho mai sopportato la falsità e il doppio gioco. In ogni ambito.
Preferisco una persona che sbaglia, ma poi si ravvede, a una che sbaglia e neppure se ne accorge permanendo nell’errore.
Si tratta di essere coerenti. Non stare un giorno sul pero e un giorno sul melo.
Per essere coerenti occorre avere quattro principi e valori base e a questi attenersi.
Ci sono persone false che non li hanno. Sono gli opportunisti. Usano gli altri quando fa loro comodo per i loro egoici interessi. Per poi scartarli quando non servono più.
Ci sono persone doppie. Fanno le vittime hanno sempre dei problemi stanno sempre male: poi li vedi sgambettare senza stampelle felici e ridenti.
Ho sempre asserito: una persona seria si comporta nello stesso modo se è vista in ambito esterno, o se è nell’intimo della propria stanza. Non ha maschere da indossare per rifulgere all’esterno. È uguale a se stessa in ogni occasione.
Ci sono persone che addirittura cambiano voce: gentili e cinguettanti quando devono far vedere quanto sono bravi simpatici e interessanti. Queruli noiosi depressi nella vita privata.
Mi ricordano i finti invalidi: i ciechi che vengono scoperti a guidare, i paralitici che vengono scoperti a camminare.
Non sopporto la falsità. La doppiezza. Non sopporto chi si crede furbo. Non sopporto le persone immorali.
Nella camera dell’ospedale la sua ex compagna gli aveva detto:
– Tu lo sai com’è importante il simbolo. Ti sei ammalato al cuore. Un motivo ci deve essere.
L’omino dai capelli scarmigliati bianchi non aveva risposto. Quando lo avevo conosciuto anni prima soleva dire con gesti plateali:
Noi siamo fatti di mente, cuore e anima.
E ora giaceva nel letto di una clinica dopo un’operazione delicatissima al cuore. Il suo cuore era stato portato fuori dal suo corpo per poi essere ricollocato: guarito dall’infezione alla valvola mitralica.
L’omino era svenuto davanti a Anna mentre lei le tagliava un etto di prosciutto. Non lo aveva più visto al di là del banco. Giaceva per terra afflosciato.
La febbre denotava la debolezza del suo cuore malato.
” La mia infanzia nella sua educazione cattolica è sempre stata piena di cuori. Cuori ovunque: straziati, pugnalati, feriti, sanguinanti, spezzati, palpitanti, fermenti.
La parola cuore è stata insieme a miracolo e tradimento…
(…)
Diciamo sempre, per ogni cosa, che ci vuole cuore, che bisogna avere cuore.
Cuori di pietra, cuori ardenti, cuori duri, cuori teneri, cuori di ferro, cuori di plastica, cuori intrepidi, ghiacciati, puri e impuri, aperti e chiusi, feriti e forti, matti e aridi.
Esistono anche ragioni, affari di cuore. Ma l’essenza del cuore è sempre, per tutti i cuori, nel suo battito”.
Da : A libro aperto – Massimo Recalcati
C’è la bellissima canzone di Battiato. Dove l’uomo è uomo.
Poi c’è la realtà. La donna “deve” fare la colf la badante e l’infermiera. Ma guai se è lei infortunata o malata. L’uomo che la mattina le augura: Buongiorno tesoro, non trova meglio di fare che fuggire se il suo amore ha bisogno di cura, gentilezza, attenzione, amore.
Scappa. Se ne va.
Perché la donna che ha un problema fisico ed è preoccupata non è come sempre sorridente e disponibile e servizievole. Capita che stavolta sia lei ad avere bisogno di CURA.
Allora l’uomo topo le dice che è propria una cretina e che andrà a casa sua. La lascia con il suo problema fisico. Se la donna non è efficiente come nei giorni in cui era sana che serve averla vicina? È preoccupata nervosa. Non assolve più il suo compito di damigella di compagnia, non è altruista come il solito, per un giorno è fuori servizio. Allora l’uomo la insulta, la tratta male, con arroganza e prepotenza. Non l’abbraccia, non la coccola, non le chiede neppure come stai.
Se la poveretta gli dice che non è corretto il suo comportamento, l’uomo è infastidito. Mai sottolineare un suo comportamento errato. Non è in grado di chiedere: scusa né di rivedere i suoi pessimi comportamenti. Lui è un dio intoccabile.
La donna infermiera lo ha accudito per giorni e giorni e si è informata sul suo stato di salute: – Hai dormito? Hai mangiato? Come stai oggi?
La donna infermiera lo ha accompagnato a fare gli esami del sangue. Avanti e indietro con la sua auto con partenza alle sette e quaranta. La donna infermiera gli ha portato il cane perché lui non può fare sforzi, un cane di quaranta chili non un barboncino; la donna colf gli ha organizzato la pulizia della casa; la donna badante gli ha fatto compagnia per svagarlo; la donna compagna ha accettato l’assenza di sesso visto la convalescenza; la donna giardiniera ha tagliato il prato e messo a dimora le piante; la donna cuoca ha raccolto le erbe nell’orto per gustose minestre torte rustiche ed erbazzoni…
Ma quando la donna colf cuoca amante giardiniera infermiera è momentaneamente “fuori uso” per un giorno di indisposizione fisica l’uomo che ha ricevuto cura e attenzione, pensa bene di non ricambiare. E si arrabbia pure. La tratta male aggiungendo malessere al malessere.
Visto che il signore in questione, nonostante glielo abbia chiesto diverse volte, continua a leggermi, FATEMI UN FAVORE: scrivetegli voi che questo non è un comportamento corretto. Magari se glielo dite voi finalmente capirà. Questo può essere un esperimento di scrittura performativa.
Volta a modificare le performance, i comportamenti. Forse se legge i vostri commenti riuscirà a capire quanto vado ripetendo inutilmente da tempo: la coppia è un costante lavoro di dare/avere. Nella coppia occorre lavorare per il benessere reciproco, a turno. Chi sta meglio dà a chi sta meno meglio, ma riceverà il medesimo trattamento di cura nel caso inverso. Nella coppia nulla è assodato. Non c’è un padrone che comanda e una serva che serve. Deve esserci equilibrio, riconoscenza attenzione rispetto. Sempre.
Nella coppia, come nella canzone di Battiato, è bene dire : Perché sei un essere speciale e avrò cura di te.
In giardino. Stanno tagliando il prato. Il sole va e viene tra bianche nubi. Un venticello mi agita i capelli che ho da Medusa.
Stanotte ho fatto un sogno vivido che ho appuntato e, appena ne avrò voglia, scriverò nell’altro blog.
C’è gente che si prende troppo sul serio e manca di ironia. So di far venire i nervi a volte a chi non intravvede il mio sorrisetto beffardo. Mi piace ridere e giocare. Anche con le parole soprattutto dove vedo rigidi vesti talari o da professoroni. Sarà che ai tempi dell’Accademia ero la Lolita muta tra scrittori e artisti che mi facevano scema e ora mi prendo la rivincita.
Essere lievi è degli angeli.
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