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Arte

Ritratti d’amore

Questo è un ritratto che ho fatto a un mio amore. La data è 2008. Dodici anni fa. Dopo di lui non ho più detto: ti amo.

In ogni mio rapporto c’è stato un ritratto del mio compagno. Come se fosse imprescindibile fissare su carta il suo volto.

Se vado a memoria penso di averne ritratti almeno cinque. O sei. Chissà. Sono un po’ approssimativa nei ricordi.

Comunque: qualche ritratto è rimasto a me. Qualcuno è stato donato al mio lui di turno.

Fare un ritratto significa entrare.

Per fare un ritratto occorre non soltanto guardare a lungo il viso della persona, le linee ombre proporzioni forme, significa soprattutto vedere.

Vedere quello che è dietro la forma visibile. Un buon ritratto è anima.

Anch’io sono stata ritratta soprattutto ai tempi della Accademia. In particolare ricordo il ritratto che mi ha fatto il mio Maestro di pittura. Inquietante la scabrosa osservazione. Mi sentivo spolpata indagata cercata e scovata. È durato due ore. Senza respiro. Non me lo ha dato: diceva che non lo avevo lasciato entrare. Non mi aveva colto.

È difficile fare un buon ritratto. È difficile farsi fare un buon ritratto.

Non basta stare fermi. Occorre anche essere nella disposizione d’animo del lasciapassare all’indagine. Chi siamo veramente?

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Scrivere

La donna in rosso 

La donna a scacchi rosso argento, accostamento cromatico malsano, scuote la corvina chioma togliendosi il cappello rubino. Ha affilate unghie, affilate unghie imporporate mentre scodella la parola del giorno, il Verbo. 

– Siamo affettivi.

Dice. Di tutti gli affetti fa un bel mucchio, li trita per benino prima di versarli nel domestico pentolone, per cuocerli a fuoco lento. Offre il cibo quotidiano come sostituto del corpo che preserva da contatti e morsi. 

La signora in rosso ha uomini bellllisssimi che, a sua detta, la scarrozzano avanti e indietro: dove lei comanda. Son uomini giovani e lieti di servirla. Corrono a gran frotte. Li tiene avvinti ( questo il segreto sussurrato ammiccando ) non concedendo il bene prezioso, il nido, il delta di Venere. Il luogo sacro. 

Così la femme in rouge ci serve le sue ricette di savoir vivre. Le butta con nonchalance sul tavolino del caffè. Noi, povere ancelle ignare, noi giovani amiche -che sedurre non sappiamo – la guardiamo con sincera ammirazione tra una selva di punti interrogativi.

Rispolvera poi, antichi aneddoti buttando polverose ragnatele sui presenti, appiccicose di noia e dejavu. Rievoca a piè sospinto numerosi fantasmi: l’hanno così a lungo corteggiata, seguita, amata, desiderata, voluta. Le hanno offerto il caffè, mazzi di nontiscordardimè, i suoi fedelissimi lacchè. 

“IL ROSSO che di solito abbiamo in mente è un colore dilagante e tipicamente caldo, che agisce nell’interiorità in modo vitalissimo, vivace e irrequieto. Dimostra un’energia immensa e quasi consapevole. 

Questo rosso ideale può subire nella realtà grandi cambiamenti, deviazioni e variazioni. Pensiamo soltanto al rosso Saturno, al rosso cinabro, al rosso inglese, alla lacca di garanza, dalle tonalità più chiare a quelle più scure. Questo colore dimostra che si può conservare il proprio tono fondamentale e insieme risultare caldo o freddo”.

Da: Wassily Kandinsky _ Lo spirituale nell’arte