Categorie
Attimi

Tenerino

La psicoterapeuta era giovane, così giovane. Non poteva capire come si sta come stava Ester in quel momento.

Prima di salire nello studio era entrata nel negozio. C’era di tutto. Scarpe vestiti vasi e bicchieri cd libri tappeti. In un reparto c’erano le cose pasquali. E lì aveva trovato un peluche morbido e bianco, forse una pecora. Lo aveva preso in mano così morbido e cedevole e caldo. Era andata alla cassa. La commessa aveva chiesto:

– È un regalo?

Ester aveva risposto di sì.

Poi era salita dalla psicoterapeuta.

– Cos’ha comprato?

Le aveva domandato appena seduta, guardando il sacchetto. Ester aveva tirato fuori il peluche.

– Lo ha comprato per lei?

Ester aveva scosso la testa. No, era il regalo pasquale per lui.

– Lo tenga lei.

Aveva commentato la psicoterapeuta. Gli dia un nome e lo regali a lei stessa. Ester l’aveva guardata come la guardava sempre con uno sguardo opaco. Neutro.

Anche quando le aveva detto:

– Adesso esce, si ferma in un bar, c’è il sole, si prenda un aperitivo.

Anche allora l’aveva guardata con quello sguardo opaco. Che significava andare in bar? Non ne aveva bisogno né voglia né desiderio né curiosità. Aveva voglia di stare solo in cantina.

Così dopo dieci anni ogni sera voltandosi nel grande letto quando lo trovava, così morbido e caldo tra i cuscini, Ester sorrideva e si addormentava stringendo nella mano la zampetta pelosa di Tenerino.

( Tutti i personaggi femminili delle mie storie brevi il cui nome inizia sempre per E non sono altro che vicende vissute da Eletta nelle diverse alterne fasi della vita. Volutamente scritte con questo gioco in E perché siamo uno nessuno e centomila. Perché l’Eletta di oggi non è quella di ieri e neppure la stessa di domani ).

Categorie
Coppia

La ricetta per una buona giornata

Emily guardava il quadretto dietro il corpo massiccio del suo caro compagno. C’era scritto il menu per condire una buona giornata: un pizzico di pazienza, un etto di tolleranza, un decilitro di bontà e altre amenità.

Lo leggeva e rileggeva. Lui taceva. Emily allora disse: – Ci vorrebbe un televisore. Lui non aveva capito l’ironia e aveva continuato a guardarla con aria bovina e assente. Era il giorno del compleanno di Emily. Per questo erano usciti a pranzo.

La mattina del suo compleanno Emily si era svegliata alle sette. Dormivano in camere separate e, come sempre, lui dormiva. Si era detta: magari oggi, per il mio compleanno si sveglierà prima, mi abbraccerà e mi porterà nel lettone a fare l’amore. Invece lui non si era svegliato. Non si era svegliato alle nove, e nemmeno alle nove e mezza come faceva solitamente. Era comparso in sala alle dieci.

Dopo averle fatto gli auguri le aveva detto: – Hai visto il bigliettino?

No, Emily non l’aveva visto. Un foglietto ripiegato in due, piccolo, minuscolo: stava sulla tovaglia. Lo aveva preso, lo aveva aperto e i suoi occhi non potevano credere a quello che vedevano. A quello che leggevano.

C’era scritto, per metà foglio nella parte superiore, c’era scritto: ” Alla mia compagna che…”. Cinque frasi di recriminazioni. E poi, sotto, nella parte inferiore: gli auguri.

Emily non poteva credere che lui avesse scritto cinque orrende frasi il giorno del suo compleanno. Sei stronza. Sei permalosa, sei saccente, sei noiosa, sei…

Così Emily dopo aver atteso tre ore che lui il giorno del compleanno si svegliasse per farle gli auguri, se ne stava seduta sul divano, con il bigliettino tra le mani e non poteva proprio crederci.

La rabbia e il disgusto le aveva fatto venire il mal di testa. Lei non soffriva mai di emicrania. Mai.

Per questo ora, al ristorante, cercava di imprimersi bene nella memoria la ricetta per una buona giornata. Leggeva e rileggeva gli ingredienti e le dosi. E si chiedeva: quanta tolleranza pazienza bontà umiltà ironia le sarebbe servita, davvero servita, per avere una buona giornata di buon compleanno con un avvio così deprimente?

Emily si chiedeva e richiedeva che senso aveva scrivere un bigliettino di auguri pieno di cattiveria. Proprio il giorno precedente gli aveva chiesto: – Come mai sei così irritato? Perché cambi umore così velocemente? Cosa ho fatto che ti ha innervosito? Il suo caro compagno poteva parlarle e dirle: sono arrabbiato perché tu… mi fai innervosire quando… mi sono montati i nervi per questo tuo comportamento. Invece lui aveva taciuto. A lui non piaceva parlare, comunicare, discutere.

Poi la sera, quando lei si era ritirata nella sua cameretta per il riposo notturno, lui aveva preso un foglietto e aveva scritto vomitando tutto il suo rancore.

( Questa mini storia insegna che è inutile buttare lo sporco sotto il tappeto: i nodi vanno sciolti perché, anche se qualcuno compra tutti gli ingredienti per fare una buona giornata, basta un grammo di rancore a inacidire il preparato e rovinare tutto. Insegna anche che è meglio sputare subito il rospo, che servirlo il giorno dopo nel piatto con gli auguri ).

Tutto imparammo dell’amore:

alfabeto, parole,

un capitolo, il libro possente,

poi la rivelazione terminò.

Ma negli occhi dell’altro

ciascuno contemplava un’ignoranza

divina, ancora più che dell’infanzia;

l’uno all’altro, fanciulli,

tentammo di spiegare

quanto era per entrambi incomprensibile.

Ahi, com’è vasta la saggezza

e molteplice il vero!

Emily Dickinson

Categorie
Scrivere

L’uomo ghiaccio 

Oggi parto. Ho voglia di cambiare aria ambiente orizzonte vista visi incontri suoni odori cibi vestiti temperature atmosfere. Dove vado c’è un altro tempo, dilatato, ritmato differentemente e condiviso. Non sarò sola per sette giorni. Per questo mi sto godendo il tepore del mio letto, dopo aver fatto una bollente doccia, nuda sotto i piumini. Sarò con l’uomo ghiaccio. Lui non mi tocca, non mi guarda, non mi parla, non mi abbraccia, non mi scalda. Quando lo vedo la mia temperatura corporea scende all’improvviso e tutti gli ardori si spengono all’improvviso come in un blackout. 

Stare nel medesimo spazio con un uomo ghiaccio non è semplice. Specie se la temperatura esterna è già gelida. Occorre coprirsi molto, mettere maglie maglioni felpe sciarpe guanti cappelli calze pesanti: tutto di lana e cashemire. Occorre darsi calore con the bollenti, brodo, vin brûlé, cioccolate e altri piatti che prevedano una cottura. Occorre evitare gelati e ghiaccio negli aperitivi: non mi metta il ghiaccio, per favore. 

L’uomo ghiaccio tiene a distanza, tiene una distanza prossemica standard. Non ti tocca o prende la mano, che comunque va coperta dal guanto. Evita accuratamente ogni anche accidentale contatto, non ti sfiora, se lo incontri in casa nello stretto corridoio occorre farsi da parte prima che lui si faccia da parte.

Dorme nel suo letto che assomiglia a una teca di cristallo. Non desidera essere svegliato dal bacio di una principessa. Io dormo nella mia piccola tenera cameretta: l’ultima volta mi sono portata una coperta riscaldante elettrica, l’accendo un’ora prima di andare a letto, così quando mi infilo sotto le coperte sento calore e riesco a dormire come se stessi vicino a un uomo fuoco.