Riporto questo bell’articolo di Manuel perché scrive quello che anch’io ho già scritto e rimarcato: non ci si stanca mai in natura perché tutto muta.
Posso guardare questa rupe – che ho esattamente sopra il rettangolo del mio nuovo giardino – e posso guardare solo e sempre questa rupe tutti i giorni alla stessa ora e troverò sempre uno spunto nuovo.
Un paesaggio diverso. Perché diversi sono gli alberi nelle diverse stagioni, diverso lo sfondo del cielo terso, come in questi giorni, o attraversato da nubi e veli. O, come mi è stato detto l’altra sera dalla mia vicina, solcato dall’aquila.
Fotografare gli animali è davvero difficile. Mi piacerebbe cogliere al volo il passaggio degli animali che, a quanto pare, girano al calar della notte o di primo mattino: il tasso, la donnola, la volpe…
Vedremo. Per ora ho solo catturato fotograficamente farfalle.
Tutto passa e si trascolora, tranne le immagini che pietrificano un istante.
A differenza dello specchio che segna l’immagine in presenza del soggetto, la fotografia porta impressa la presenza dell’oggetto anche in assenza del soggetto.
Per questo l’immagine fotografica rimanda a un tempo che fu. Per questo reca un alone di nostalgia, di distanza fisica e temporale. Segna l’impermanenza.
Amo fotografare i dettagli più dei panorami. Mi piace scoprire la bellezza nel piccolo più che nel vasto.
Mi piacciono le ombre più del contesto.
Queste fotografie sono state scattate con lo smartphone ma al lago rosso di bauxite ho portato la Reflex e mi sono concentrata sulle parti più del tutto, comunque magnifico allo sguardo.
Come questo angolo: con i verdi profondi e squillanti e il rosso della roccia.
Mi chiedo sempre come mai molti italiani, anche in questo periodo di pandemia, abbiano tanta voglia di vacanze all’estero quando la nostra bella Italia ha talmente tanto da vedere gustare scoprire.
Ogni angolo regala profumi, sapori e colori così benefici per il nostro cuore e così sorprendenti per la nostra mente…
Ora che le ho scaricate aggiungo altre immagini di questo posto magico scattate con la Reflex
Nelle immagini fotografiche io non ci sono mai perché sono dietro l’apparecchio fotografico, in questo caso solo lo Smartphone, e perché nessuno mi fotografa.
Solo quando viene mia figlia ho l’opportunità di essere immortalata e, quindi, posso avere un ricordo non solo del mutare del paesaggio, ma anche del mio mutare.
Ho parecchie fotografie di anni fa e potrei metterle in ordine temporale: quando ero piccola, bimba, adolescente, giovane e adulta.
È bello guardare le istantanee di un tempo, certe sono scolorite perché le pellicole un tempo si potevano avariare e virare. Oggi con il digitale non ci sono più questi problemi.
Mi sono piaciute le Polaroid. Ne avevo una che faceva foto francobollo. Simpaticissime. Ne ho fatte un sacco a mia figlia. Ho imparato anche a lavorarle a caldo, una tecnica che permetteva effetti pittorici interessanti.
Ogni tanto sfoglio le mie fotografie ed è bello vedersi nelle diverse epoche della vita. Non c’è nostalgia, solo sorpresa per come sono stata in ogni epoca: così diversa eppure così uguale a me stessa. Unica, come tutti noi.
Ieri, armata della mia Reflex con l’obiettivo giusto, ho passeggiato nei boschi vicino a casa. Una passeggiata lunga non per i chilometri percorsi, ma per le continue soste.
Nel bosco tutto era giallo con qualche sprazzo arancione che contrastava con il verde cupo degli abeti. Si stava come in una cattedrale con vetrate boschive. Guardavo, assaporavo, fotografavo.
Fare una buona fotografia significa vedere. Dentro la cornice: la sagoma di un tronco o di un maestoso abete dà un effetto diverso se messa di lato a destra o sinistra o al centro. La medesima realtà può essere fotografata da angolazioni diverse e dare, perciò, immagini diverse.
C’è un peso nella composizione, esattamente come in una composizione artistica da tener presente.
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Gli elementi della grammatica visiva che formano i messaggi visivi sono determinati:
Dai punti
Dalle linee
Dai colori
Dal contrasto luce- ombra
Dalle masse
Dalle diagonali
Dal punto di forza
Le principali regole dei codici visivi al momento della percezione sono:
La configurazione spaziale: figura-sfondo; le leggi della vicinanza ( un albero chiaro, per esempio risalta su un colore scuro; un arancione prende più forza con accanto un turchese…), le leggi dell’eguaglianza, della forma aperta e/o chiusa…
Le principali regole compositive sono: l’equilibrio, il peso; la direzione, il ritmo, la simmetria, il movimento, la prospettiva.
Su ogni punto elencato ci sarebbe da scrivere molto, comunque chiunque si occupa di attività visive ( cineasta, pubblicitario, pittore, fotografo, grafico… ) se vuole fare un buon prodotto/opera deve tenerne conto.
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Amo le masse compatte cromatiche e detesto le immagini “cartoline” che trovo scontate. Mi allettano più i dettagli, il ritaglio, dell’insieme.
È stata una passeggiata bellissima: ho respirato armonia e colori.
In questo tempo di selfie e digitale prendere tra le mani vecchie fotografie rimbalza subito in un tempo lontano.
Mia madre, in questo mese, fa villeggiatura in un appartamento vicino a me in montagna.
Una madre conosce ogni fase vita della figlia e ne sa ridere. Quando il tempo colora le distanze emotive di eventi anche dolorosi si può finalmente ridere. Il comico si salda strettamente con la tragedia.
Ieri le ho portato delle vecchie fotografie di una mostra personale che ho tenuto nella città dove sono nata. Il titolo della mostra era: “Apparenza”. I quadri erano acquarelli per lo più con il tema della maschera nuda.
Abbiamo rivisto insieme le persone fotografate in sala mentre guardavano le opere al vernissage. Persone che non vedo e sento più. Perse nel tempo e nello spazio.
C’era anche Babu. Lui è passato definitivamente in un altro spazio e tempo.
Babu è stato uno dei miei “storici” fidanzati. È morto a Mosca. L’ultima volta che mia madre lo ha visto è stato in televisione: era vicino a Putin in un evento russo.
Di Babu ho già scritto per via della sua segreta fidanzata nascosta dietro la tenda.
Di Babu racconterò perché c’è davvero molta materia narrativa straordinaria e comica.
Fossi una regista ne farei un film. Babu che cade nel ruscello, Babu che mi tradisce, Babu che rincorre la mia auto nella neve con il colbacco in testa. Babu che prende tra le braccia mia madre e la fa volteggiare. Babu e le sue case castello.
Babu non c’è più. Di lui rimangono ricordi che fanno venire le lacrime agli occhi: per le risate. Impossibile pensare a lui, essere istrionico e bugiardo come Fellini, senza provare un moto di incredibile simpatia.
Quando l’ho lasciato stava partendo per Mosca: mi aveva detto che sarei andata con lui, mi avrebbe sposata. Come nella storiella di chi grida: – Al lupo! Al lupo! così tante volte che, alla fine, non viene più creduto… quando mi ha detto che si era sposato e aveva una figlia piccola come la mia, che tenevo in braccio, non gli avevo creduto.
Ho saputo solo anni dopo, da amici comuni, che era morto lasciando la moglie russa con una bimba piccola.
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