
Ieri ho mostrato a mia madre, che non lo aveva ancora visto, un magnifico anello con zaffiro che mi ha fatto un mio amico gioielliere. La pietra preziosa riluce di un turchese celeste splendido. Questo anello è un dono che mi sono fatta: dando in cambio un orologio con pavé di novanta diamanti, che mi aveva regalato il mio ex.
Tanto il dono è simbolico e quindi non solo ancorato al valore in sé, tanto acquista il “mana“: cioè e-mana.
Se non emana più e diventa perciò un oggetto morto, tanto più – senza alcuna remora – io lo abbandono e me ne libero.
La medesima situazione – di grande distacco dall’oggetto prezioso – l’ho già agita anni fa. In quel caso operando una scelta ancora più forte di un baratto.
Penso di essere una delle poche persone ad aver messo un prezioso monile ( perle smeraldo e diamanti ) in un sacchetto di velluto per poi gettarlo con forza da un ponte zen di legno in mezzo a un placido laghetto.
Là giace in mezzo ai fondali e pesci lacustri. Forse, colpito da un raggio di luce, ancora riluce.
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