
( Immagine fotografica di R & L )
Oggi sono salita al lago, ho fatto colazione davanti all’acqua turchese placida e immobile rotta solo ogni tanto dai cerchi concentrici delle trote. Poi mi sono sdraiata sulla sdraio a prendere il sole e ho messo gli auricolari per ascoltare musica. È con la musica che poi ho camminato fino alle vecchie miniere. Il bosco in parte era in ombra. Ormai il sole è sempre più basso e lento. Ci sono dei brani musicali che non mi permettono di stare ferma: il ritmo è così forte che provoca la danza. Quindi ho ballato camminando. Oggi c’era poca gente su essendo ormai settembre. E, francamente: pensassero pure quello che volevano vedendomi ballare.
Ho sempre pensato di avere una remota origine africana per via dei tamburi. Non posso stare ferma quando sento battere a ritmo forsennato la batteria. Nessuno dei miei uomini mi ha mai portata a ballare.
Quando le gambe hanno cominciato a essere stanche ho deciso di scendere a casa. La strada nel bosco era vuota e quindi mi sono messa a cantare le canzoni italiane che ho nella mia personale lista. Solo all’ultimo tornante ho visto una macchia umana giù. E solo dopo aver girato l’ansa ho notato tre uomini che mi guardavano fermi sul limite. Uno di loro, un magnifico uomo aveva un magnifico cane dal pelo folto. Ho detto:
– Che bello.
E solo allora mi sono resa conto che nel trio c’era anche il mio vicino di casa, che ho salutato con un ciao.
– Ci chiedevamo chi era la fata che scendeva cantando…
Ho sorriso. E, come so fare io, ho detto:
– Grazie per la fata, a me piace molto cantare e anche ballare. Quando penso di essere sola.
Ho salutato il gruppetto e sono tornata giù.
L’uomo con il cane mi ha seguita. Ho sentito che diceva che, purtroppo, doveva tornare a lavorare.
Arrivata a casa mi sono messa in giardino, giusto il tempo necessario per salutare con il braccio alzato il magnifico uomo e il suo cane.
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