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Attimi

Cercar funghi

Cercare funghi ritengo sia un’attività meditativa. Si cammina piano nel profumo ambrato e ombroso del bosco e si osserva ogni cespuglio, sasso, tronco macerato, muschio…

È un’attività distensiva come pescare con la canna e l’esca. Ma, a differenza di questa, non si uccide: si raccoglie quello che la natura offre.

Trovare i funghi implica una buona capacità percettiva, ma anche molta fortuna.

Ieri mattina ho fatto un percorso salendo e cercando: nulla. Arrivata in cima ho ricercato in un altro boschetto vicino al torrente: nulla.

La sera sono uscita a fare una semplice passeggiata e lì, dove non avrei mai detto, ecco spuntare la testa di un magnifico porcino. Più avanti attaccato e sotto un tronco eccone un altro.

Bei regali inaspettati serali. Raccolgo solo porcini e finferli. Domenica con le tagliatelle fresche erano assai buoni.

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Attimi

Arte naturale

L’uomo non ha inventato nulla. L’arte la moda hanno semplicemente copiato l’arte della natura. La sua bellezza.

Stamattina questi fiori viola – della Borragine selvatica – contrastano magnificamente con il color Tiffany del lago.

Uno spettacolo per gli occhi.

P. s. Ho scoperto anche questo altro angolo di questi fiori della specie Orchidaceae dal nome davvero bello : Concordia.

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Attimi

Alla ricerca

Ieri mattina, sotto un cielo plumbeo, sono andata alla ricerca di fiori campestri. Hanno una bellezza che inebria…. come l’odore dei fiori della rosa canina.

Ora è il momento dei garofani selvatici, così piccoli eppure così saturi del loro rosa shocking.

Poi mi affascina la geometria stellata della Angelica e delle Ombrellifere.

A loro dedico l’acrostico di Luglio mese nascente domani

L uminose

U niche

G eometrie

L uminescenti

I rradiano

O ro

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Luoghi

Chi mi vede

Chi mi vede fotografare il lago sicuramente pensa che io sia una turista.

Invece io ci abito e, in estate, salgo a fare colazione tutti i giorni al lago. E ogni volta resto incantata come se lo vedessi per la prima volta.

Perché il piccolo lago non è mai uguale a se stesso. Riflette il cielo e risente della diga. La superficie risente del vento. A me piace sempre.

Mi piace ghiacciato, innevato o – come stamattina – trasparente nelle tonalità del verde petrolio turchese o Tiffany, come ho scritto in un articolo tempo fa.

Non ci si stanca mai della mutevolezza della natura. Sempre straordinariamente nuova e incantevole. Sono fortunata a vivere qui.

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Fiori Natura,

Esplosione floreale catturata con obiettivo russo Reflex

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Attimi

Fiori: giglio sambucino

Stamattina nonostante il tempo – non certo primaverile – in un sentiero ho scoperto questi fiori bellissimi.

Mi parevano orchidee selvatiche. Infatti con l’applicazione ho visto che la famiglia è delle Orchidaceae. Il nome è : Dactylorhiza sambucina. Detto anche Giglio sambucino.

Il prato era pieno di esemplari rosso vermiglio e giallo chiaro.

Insieme a macchie di violette bicolori.

Anche in una giornata così buia la vista di fiori spontanei così belli rallegra il cuore.

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Natura,

C’è bisogno di volo

C’è bisogno di volo – di battere le ali – di uscire dal bozzolo – di vagare sui fiori

– Guarda gli arlecchini – scrive Nabokov.

Le macchie iridiscenti – i multiformi colori. C’è bisogno di bellezza – di aprire le finestre – di scoprire la luce.

Smettila di tenere il broncio! – gridava: – Look at the harlequins! Guarda gli arlecchini!
– Quali arlecchini? Dove?
– Oh, dappertutto. Tutt’attorno a te. Gli alberi sono degli arlecchini, le parole sono degli arlecchini; anche le situazioni e le addizioni. Metti assieme due cose – due arguzie, due immagini- ed eccoti un arlecchino triplo. Avanti, dunque! Gioca! Inventa il mondo! Inventa la realtà!

Questo magnifico brano è tratto da : Guarda gli arlecchini dì Vladimir Nabokov.

Mi pare un pezzo adatto al tripudio cromatico primaverile.

Guarda gli alberi! Come sanno giocare, mutare, travestirsi, mettere in scena i loro abiti più belli. Guarda i prati punteggiati da mille fioriture diverse.


Nabokov oltre che abile scrittore é stato anche un entomologo. Nel 1940 fu incaricato di organizzare la collezione di farfalle al Museo di Zoologia di Harvard.

Per avere una vita piena e riuscita occorre imparare a vedere, e non solo guardare.
Occhi per vedere fuori, quello che ci circonda e, come bimbi, stupirsi ancora.
Occhi per vedere dentro, quello che ci guida nei comportamenti per raddrizzare il tiro se, ogni tanto, sbandiamo e andiamo fuori strada.
È possibile tramutare la realtà solo giocando e vedendo, allora – e solo allora – la realtà si piega alla nostra invenzione. Non la subiamo, la creiamo. E se ci capita qualcosa di nuovo e bello, come vedere delle farfalle in volo, dobbiamo essere profondamente grati e imparare la loro eterea leggerezza.

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Arte

Espressionismo astratto

Immagine fotografica di Eletta

Camminare nel bosco dopo giorni di pioggia regala quadri di astrattismo.

L’Espressionismo astratto è un movimento nato a New York negli anni ’40. I pittori appartenenti a questo movimento erano per lo più gestuali: dipingevano con rapidità gestuale su grandi tele, a volte lasciando colare direttamente il colore – dripping – come nel caso di Pollock.

Pollock usava tele poste direttamente sul pavimento e gettava il colore – a volte direttamente dal barattolo o usando bastoni – con getti ampi e veloci e sgocciolamenti.

La tecnica si chiama “Action painting”: infatti il corpo stesso del pittore era, attraverso i movimenti del corpo, parte integrante dell’opera.

Camminando nel bosco si può ammirare come la Natura sia, in fondo, la prima artista espressionista astratta.

Un dettaglio – come quello colto nell’immagine fotografica – ci regala composizioni vigorose per accostamenti di colori e forme impresse – con vigore – dai gesti del tempo.

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Natura

Spirali

Immagine fotografica di Eletta

Mi sono sempre piaciute le spirali. Esprimono una forza in espansione. Sviluppo. Crescita. Non stasi.

Presto tornerò a vedere le felci che nascono e crescono nel sottobosco. Presto tornerò a vedere il bosco. Presto tornerò a sentire il suo profumo di verde effervescente. Nuovo. Tenero. Vivo.

Mi hanno impressionato le fotografie delle città senza smog. Tutto così nuovamente vivido e presente, come il monte Himalaya.

http://www.rainews.it/dl/rainews/media/India-cala-l-inquinamento-dopo-30-anni-l-Himalaya-torna-visibile-da-centinai-di-Km-di-distanza-780e18ee-6e9b-416d-abf0-3350ca44ef67.html

Chissà se l’umanità capirà la lezione.

Chissà.

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Natura,

Natura

Immagine fotografica di Eletta

In mezzo al biancore abbagliante delle copiose nevicate, camminando per le vie si sentono solo piccoli scricchiolii e i passi ovattati. L’odore fresco della neve sovrasta. Se passa una solitaria automobile e mi sorpassa nel cammino lascia una scia funesta acuta che cancella, per un attimo, il profumo dell’aria.

Mi fa sempre molto effetto vedere nelle cronache i cittadini di diverse metropoli con le mascherine. Andiamo a cercare gli alieni su Marte e non ci rendiamo conto che alieni ormai siamo noi. Alieni sul nostro pianeta. Incapaci di proteggere la madre natura e proteggerci.

Ritengo di essere davvero fortunata a vivere qui. L’ultima news è il pessimo posto della nostra bella Italia per quanto riguarda l’inquinamento.

Quando, raramente, scendo in città la cosa che più mi colpisce è l’aria pesante. Non riuscirei più a viverci. Penso ai poveri bimbi cittadini portati a spasso in carrozzina e passeggino con i loro teneri polmoni più esposti.

È incredibile qui la immediata percezione dissonante di una macchina che passa con l’odore dei gas di scarico. Giù in città l’assuefazione è talmente alta che gli odori non vengono più percepiti.

Greta o non Greta, chissà quando l’uomo capirà che occorre rispetto verso la Terra. Scelte responsabili tra l’uomo e le cose naturali. Utilizzo rispettoso del territorio.

Purtroppo siamo così stolti da muoverci quando il danno è ormai fatto: vedi la plastica nel mare e nei pesci. Vedi tutto quello che quotidianamente distruggiamo con scelte irresponsabili.

Mi auguro che tutti insieme si possa fare piccoli gesti, tanto per iniziare, verso un rispetto più consapevole. Fare la spesa con una borsa di stoffa, scegliere prodotti sfusi o con pochi riciclabili imballaggi. Aumentare i negozi che vendano prodotti sfusi. Utilizzare mezzi pubblici invece dell’auto privata. Garantire una viabilità pubblica efficiente. Acquistare solo l’indispensabile. Avviare iniziative per il recupero e la possibilità di aggiustare l’esistente invece di continuare a comprare oggetti nuovi.

Ci sarebbe da continuare all’infinito. Qui, in montagna, la vita stessa porta a una semplicità del vivere: un paio di scarponcini, una giacca a vento e tre maglioni. Dei libri. Dei viveri. Camminare a piedi. Niente shopping, niente acquisti perché non esistono che un negozio di alimentari e qualche negozio di abbigliamento sportivo. Che altro serve? L’acqua minerale si prende alla fonte.

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Attimi

Estate torrida

Questa è la mia prima estate da residente in montagna.

In questi giorni di caldo torrido, ogni volta che incontro qualcuno – che viene dalle città – e mi racconta il supplizio, io ringrazio il cielo di aver fatto questa scelta. Un signore oggi mi ha detto di non aver dormito per cinque notti a causa del caldo giù in valle.

Qui ha appena piovuto. Indosso un golfino. Pantaloni tecnici. Stanotte ho dormito con un piumone, leggero ma sempre piumone.

Il mio orto produce verdura fresca e croccante. Ogni mattina, appena sveglia, lo vado a visitare. Qualche giorno uscirò in pigiama ( molto chic di seta ).

Raccolgo la verdura con un cestino che mi aveva regalato mia suocera: penso sia degli anni 60. Di metallo prende forme diverse con la pressione. Nel verde degli ortaggi spiccano sempre dei grandi gialli fiori di zucca e zucchina.

Poi avvio l’irrigazione.

Qui non ci sono zanzare. Mi dicono che giù è pieno di zanzare. Che l’aria è appiccicosa. Brutto affare.

Ritengo di essere molto fortunata a vivere qui. Non ho bisogno di molto per vivere bene. Un paio di scarpe, due pantaloni e qualche maglione e maglietta.

Non mi manca per niente lo shopping.

Non mi manca lo struscio in centro.

Vivo felice con quello che ho.

Mi piace il silenzio e mi piacciono i rumori del bosco e dei ruscelli. Mi piacciono gli odori e i profumi. Di legna e muschio. Dove abitavo prima il cielo era sempre solcato da aerei rombanti. Non mi mancano. Qui solo qualche giorno si avverte il rumore dell’elicottero che porta materiale per il nuovo rifugio in alto.

Ho sentito che sta diventando sempre più frequente la trasmigrazione, nel fine settimana, degli abitanti della città verso le montagne. Infatti anche qui sabato e domenica c’è folla. Cercano un po’ d’aria e di quiete.

Mi spiace che la stupidità umana stia distruggendo il nostro pianeta. Ogni tanto guardo lassù il ghiacciaio per verificare se c’è. Il nevaio si è ormai sciolto. C’è acqua che scorre e cade dappertutto lungo i fianchi. Ho visto gli orsi spostarsi in cerca di ghiaccio alla tv. Mi fa male al cuore vedere cosa sta accadendo. Mi fa male per mia figlia e per i figli che avrà.

In questa isola montana mi posso ancora permettere di sentirmi più al sicuro. E di essere sostanzialmente felice.

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Sfumature

Basta guardarsi intorno per scoprire le sfumature. Nella prima immagine che inserisco tutte le sfumature dei colori caldi: arancione giallo ocra fino ai colori freddi: turchese verde smeraldo celeste… con qualche venatura di porpora magenta viola appena increspata dall’acqua.

Stamattina in alto c’era la brina: primo regalo dell’autunno in arrivo. I prati e i pascoli si trasformano in pizzi scintillanti.

Allora regna sovrano il bianco con tutte le sue cromie. Crea un velo di panna cristallino sui verdi. Quando arriverà la neve il bianco si tingerà di azzurro blu e indaco nelle ombre. Arriveranno i tulipani bluastri e le ninfee di ghiaccio.

La luce così si diverte a creare tavolozze sulla sdrucciolevole facciata della flora e del paesaggio.

Attendo il ballo autunnale per danzare nel turbinio dei colori.

( Fotografie dell’autrice )

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L’erba

È incredibile la continua mutevole crescita dell’erba. È incredibile come, così velocemente, copra – con la sua chioma verde – la terra prima brulla. S’innalza in verticale con i suoi lucenti fili creando arazzi verso il cielo. Riempie lo spazio. 
Amo talmente l’erba che mi spiace persino quando torno a casa e sono arrivati i giardinieri a spazzarla, tagliarla, toglierla via dal rettangolo del giardino.

Starei ore a guardare tutte le forme vegetali di un prato in primavera e in estate. Ad annusarne il profumo. Ieri siamo passati in una grande radura dove era stata falciata: giaceva supina con gli odorosi capelli biondi.
Tra i regolari, geometrici giardini all’italiana o alla francese, ho sempre preferito la selvatica anarchia del giardino all’inglese.

Mi piace vedere l’irregolarità delle forme, delle altezze, la mescolanza dei colori dei fiori spontanei.

Mi piace la texture di luce/ombra data dai fili sottili, spessi, carnosi, lucenti; l’intensità di tutti quei verdi.
Molti anni fa a un corso il relatore di un corso di self help ci ha fatto scegliere un colore. C’erano tanti barattoli con tutte le tinte del prisma cromatico. Ho scelto il verde. Avevo bisogno del verde.
Scrive Kandinsky:

“Il giallo diventa facilmente acuto e non è mai molto profondo.

Il blu difficilmente diventa acuto e non può sollevarsi a grandi altezze
Mescolando questi due colori diametralmente opposti in un equilibrio ideale si forma il verde.

I movimenti orizzontali, quelli centrifughi e centripeti, si neutralizzano a vicenda. 

Nasce la quiete”.
È la conclusione logica, a cui è facile giungere in teoria. Ma anche l’effetto ottico e, attraverso l’occhio, l’effetto psichico ce lo confermano. 

È un fatto noto universalmente, non solo ai medici ( e in particolare agli oculisti ).
Il verde assoluto è il colore più calmo che ci sia : non si muove, non esprime gioia, tristezza, passione, non desidera nulla, non chiede nulla.

Questa assoluta assenza di movimento è una proprietà benefica per le persone e le anime stanche, ma dopo un po’ di tempo il riposo può venire a noia. I quadri dipinti in un’armonia di verde lo dimostrano. 

Basta uno squillo rosso per rompere la monotonia. 

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Quanto tempo e, soprattutto, energia ci toglie lo stare collegati nel web? Quanti social ci assorbono in una giornata perché, se abbiamo blog, dobbiamo “marcare il territorio”? Che senso ha stare davanti a uno schermo per ore e a quale fine?

Queste le domande che oggi mi pongo. Sono stata una delle prime ad usare Twitter. Allora eravamo in pochi e si era creata una buona comunicazione. Ora entro poco, i miei post vengono inviati automaticamente. Ogni tanto faccio un piccolo giro di cinque, dieci minuti e vedo un po’ l’aria che tira. Tutti lì a dire mi piace su frasi scontate, stereotipate. Nulla di nuovo sotto il sole, tranne immagini oscene che, francamente, non capisco perché passino i filtri del normale pudore. Mah. 

Da Facebook mi sono tolta da mesi. In realtà non riesco proprio a considerare “amici” le persone con le quali non riesco a fare due chiacchiere vis à vis, magari davanti a un caffè. Poi c’è Pinterest e Instagram. E molti altri siti dove è l’immagine a farla da padrone. Ore per caricare immagini: ne vale la pena?

Poi ci sono i forum. Ore e ore di discussione dove ciascuno può dire la sua e, in genere, per trovare qualche sana riflessione occorre pazientare e vagliare. No, non fa per me. Perdere tempo in questi luoghi stando con gli occhi su uno schermo. Preferisco leggere nei blog. Capita di trovare riflessioni e racconti e spunti davvero interessanti. 

Poi c’è il tempo disteso dilatato degli incontri reali, come stamattina mentre facevo colazione davanti allo spettacolo del lago, con una signora del luogo. Poi c’è il tempo del silenzio, immersa nella natura ad ascoltare i suoi magnifici rumori, circondata da farfalle dispettose che si posano continuamente sulla mia pelle ormai ambrata ( avete notato quante farfalle ci sono quest’anno ? Forse in città no, ma qui è pieno ).

Mi rendo conto di essere fortunata a poter vivere come mi piace: in mezzo alla natura. Mi rendo conto di essere una privilegiata e di questo sono grata al fato. Preferisco usare tutti i cinque sensi: ieri pomeriggio l’erba appena tagliata emanava un profondo e magico profumo dopo l’acquazzone. Ero in terrazza e mi godevo la vista delle grosse e molteplici gocce che cadevano creando un ritmo da jazz sul tetto. Vedevo le fronde ormai spumeggianti degli alberi scosse dal vento. 

Ripeto: sono una privilegiata e posso permettermi questi attimi di pura contemplazione, un po’ alla Thoreau. Chi lavora e vive in città ha sicuramente altri stimoli non sempre così edificanti. 

Rimane il fatto che, potendo scegliere, tra la lettura di un buon libro o lo stare collegato ore nel web, io preferisco la lettura di un buon libro. Rimane il fatto che, potendo scegliere, tra una bella chiacchierata con amici e una chiacchierata virtuale in un forum virtuale io preferisco la realtà. 

Per questo mi fa sempre impressione vedere qui, in questo angolo di paradiso che attualmente mi è concesso di vivere, vedere persone che invece di godersi il panorama hanno sempre davanti al naso lo schermo dello smartphone. Pare che oggi non sia proprio possibile staccarsene: è il nuovo cordone ombelicale da recidere per ri-nascere al panorama sensoriale. 

Ora che ho terminato di scrivere il naso dallo smartphone lo stacco anch’io ed esco a respirarmi l’ambiente.