Entrare nel flusso e lasciarsi andare. Non opporre resistenza. Essere mobili e flessuosi. Darsi una meta, un obiettivo ma non annegare se la sorte è avversa. Sono le ultime riflessioni lette ieri sera prima del sonno.
Mi hanno regalato il libro, su cui ho scritto, di Massimo Pigliucci, dal titolo: “Come essere stoici” – edito da Garzanti. Considerato che ultimamente avevo preso/ripreso in mano Marco Aurelio questo regalo rinforza il tema e la riflessione sulla filosofia stoica. Inizio a leggerlo augurandomi che non sia il solito libro americano con le solite ricette: Come essere felici, Come ottenere il successo, Come vivere e Come copulare. In genere le ricette e i prontuari non fanno per me.
Il libro, per ora, mi sembra interessante e ben scritto. Linguaggio semplice e chiaro, piedi per terra. Buona documentazione. Rileggo la storia della nascita della stoà, già affrontata a scuola e ritrovo nomi sepolti nella memoria: Zenone, Crisippo, Gaio Musonio Rufo, Seneca, Epitteto e Marco Aurelio. Chissà perché a scuola non ci fanno amare la filosofia, almeno così è stato per me, forse cattivi professori forse una mia fase poco recettiva al tema e alla materia.
Per rispondere anche a un commento di un mio precedente post: lo scopo dello stoicismo “non è reprimere o celare le emozioni ma riconoscerne l’esistenza, riflettendo su ciò che le ha provocate, e canalizzarle, usandole a proprio vantaggio”.
Questo mi interessa. Così come mi piace la riflessione letta ieri sera di Cicerone: “Il fatto di colpire il bersaglio sarebbe per così dire cosa da prescegliere, ma non da desiderare”. Sembra una contraddizione in termini, ma il senso è: tu fai tutto quello che è in tuo possesso per scegliere obiettivo, luogo, tempo e strumenti per centrare un bersaglio, ma tieni conto che possono intervenire fattori non dipendenti da te, come un’improvvisa folata di vento. Accetta quindi, profondamente, che nella tua esistenza possano intervenire variabili che non sono sotto il nostro diretto controllo. Che non dipendono da noi.
Mi ricorda una favola zen, che riporta l’atteggiamento di apparente rassegnazione di un monaco buddista a tutto ciò che gli accade. A ogni evento negativo lui risponde: -Ah. E si adatta. Non ho il testo sottomano ma, per fare un esempio, lo accusano ingiustamente di aver messo in cinta la figlia dei suoi vicini e lui, imperturbabile, la sposa e cresce il bimbo come se fosse il padre naturale, quando la ragazza dopo tempo confessa di aver mentito ai genitori, il monaco viene scagionato e imperturbabile torna alla sua vita.
Appena mi sarà possibile, riscriverò interamente la favola che ha sicuramente maggior pregnanza dell’esempio sintetico trascritto. Comunque il senso di quello che vo leggendo e meditando in questi giorni è proprio questo: di fronte a scelte importanti nella vita noi possiamo agire in modo da ottenere quello che desideriamo ma, nel contempo, dovremmo essere pronti e arresi a tutto quello che si frappone, devia il nostro percorso e ostacola il pieno raggiungimento del nostro obiettivo. Non è rassegnazione, non è fatalismo, è saper accettare serenamente un eventuale esito negativo.
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