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Scrivere

Scrivere


Amo scrivere.

Con momenti di salita e discesa, con pause di silenzio e momenti di chiasso, con cautela o sfrontatezza.

Scrivo da sempre, da quando avevo sedici anni, forse meno. Scrivo per me, scrivo per altri, scrivo perché questo so fare.


Preferisco lo scrivere al parlare.

Quando a diciassette anni volevo colpire al cuore la sensibilità di mio padre, fargli capire – davvero capire – quello che provavo e desideravo, gli ho scritto una lettera. Vivevamo sotto lo stesso tetto, ma io gli ho scritto ottenendo quell’intimità necessaria per una comunicazione sincera, pulita, scevra dall’ingombro dei corpi.

Ho poi scritto a un amore, ad amori, e da lui, da loro, ho ricevuto un mare di parole. Scrivere per me è toccare l’anima al di là del quotidiano, del senso chiuso di questa vita, è andare al centro senza dispersioni e condizionamenti.

Per questo il dolore più grande che possono darmi è vietarmi di scrivere ( non scrivermi più ): è come uccidere una parte di me, tagliarmi le ali, chiudermi la bocca, togliermi il modo espressivo elettivo.


Attraverso la scrittura mi spoglio e spoglio. Dall’orgoglio, dalla staticità, dall’impossibilità di mutare variare cambiare giocare sperimentare stimolare un modo nuovo di vivere e stare – dentro la scatola del tempo e dello spazio.

Il regalo più bello che ho ricevuto è stata una lettera. Una mail in questo tempo veloce. Una comunicazione scritta arriva più velocemente al cuore. Mira al centro. Non ha dispersioni.


Ci sono persone che amano parlare. Io amo scrivere. È questo il mio canale preferenziale per dire.

Per questo io sono nelle cose che scrivo, più che in me in carne ed ossa.
Per questo per conoscermi a fondo basta leggermi. Non stare alla superficie che mostro.


La mia traccia nel mondo è la bava – lucente o oscura – della mia scrittura.
Quel che resterà dopo di me. O svanirà con me.


C’è chi accumula cose, io accumulo parole.

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Attimi

Lo scrittoio

Tu sempre taci
ignori lo scrittoio

dove siedo
tra le bianche carte vuote.



Per questo

lancio al vento
gli ami:
per avere parole
da masticare piano.


Ho fame di lettere elenchi virtuosismi
e ventagli,

in questa primavera
così disadorna e muta.



Uscita dal mio antro
non chiedo

che esaltanti mistiche parole
a ogni fantasmatico viandante.


Un cencio di parole

da gustare
adagio.

Le vocali e consonanti

appese ai fili
ad asciugare all’aria


– istantanee calligrafiche con zampe di ragno

che il mio occhio succhia.

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Attimi Parole

Scrittura

Da Pinterest

Naturalmente, quando si parla di letteratura, verità non significa raccontare fatti realmente accaduti. Significa piuttosto concepire testi veritieri su quel pezzo di condizione umana che si è deciso di raccontare. Compito della letteratura è dire la verità con lo strumento della finzione, laddove finzione (intesa come creazione, rappresentazione, invenzione) è categoria assai diversa, in qualche modo antitetica, rispetto a falsità”

Gianrico Carofiglio

È quello che cerco di fare io. È quello che ho fatto scrivendo e pubblicando un libro. E quello che sto facendo scrivendo un libro.

Qualcuno, leggendomi nel blog, prende per oro colato e cronaca quello che scrivo. Dimenticando l’operazione descritta da Carofiglio.

Creazione rappresentazione invenzione.

Certi pezzi poi sono talmente lontani dalla mia realtà quotidiana perché risalgono a anni fa. Sono semplici depositi di scrittura dove, talvolta, il gusto per la parola prende il sopravvento sul racconto.

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Scrivere

Le pagine vuote

Immagini fotografiche di Eletta

Riprendo questo articolo di Neda ( la mattina sono così fuori che avevo anche sbagliato autrice 😜)

Agenda
https://wp.me/s5yHsv-agenda

Come le ho scritto nei commenti, la mia agenda è vuota di appunti e note dal 3 gennaio: giorno dell’incidente.

Ha tutte le pagine bianche come se non ci fosse stato avvenimento impegno incontro appuntamento evento. Invece…

La scrittura serve a marcare segnare depositare tracce di vita.

A me manca molto scrivere su carta.

Sto lentamente esercitando il polso nelle rotazioni. Piano piano riprenderò a lasciare tracce del mio procedere e a tenere memoria nella bava d’inchiostro.

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Stile

Stile

Un po’ di tempo fa, una persona che ha letto pagine di un mio testo in prosa ha commentato:

– E poi che significato hanno gli “a capo”?
Evidentemente quel novello critico non aveva letto Joyce: a pagina 249 dell’edizione Mondadori dell’Ulisse in alto, nell’ampio spazio bianco della pagina, ho scritto: A capo!
Perchè tutta la pagina è composta così:


Bronzo accanto a oro udirono i ferrei zoccoli, acciaisonanti.
Impertnt tntntn.
Schegge, levando schegge dall’unghia rocciosa schegge.
Orrore! E oro arrossì ancora.
Una nota roca di piffero la sboccò.
Sbloccò. Bloom blu è la patina sul.
Aurea chioma ingugliata.
Una rosa danzante su serici seni di raso, Semiramide.
Trillante, trillante: Ahidolores.
(…)


Un pedante critico avrebbe perfino fatto notare a Joyce che, per esempio: “Ahidolores” non si scrive così.
Come osa: tutto attaccato, senza lettera maiuscola e via dicendo… Ahi, Dolores!


Ma a Joyce, come ho già scritto e quindi evito di ripetermi così non annoio, amava “giocare con il linguaggio” in modo rocambolesco.


E quindi cinquanta pagine più avanti scrive questo :

Nationalgymnasiummuseumsanatoriumundsuspensoriumordinariprivatdocenteneralstorispecialprofessordoktor Kriegfried Ueberallgemein.

Tutto attaccato. Parola lunghissima che non esiste.


Borges ne “La superstiziosa etica del lettore” scrive:


“Coloro che sono affetti da tale superstizione intendono per stile non tanto l’efficacia o l’inefficacia di una pagina, bensì le abilità apparenti dello scrittore: i suoi paragoni, la sua acustica, gli episodi della sua punteggiatura e della sua sintassi. Sono indifferenti alla propria emozione: cercano tecnicismi che li informeranno se lo scritto ha il diritto o no di essere loro gradito”.


Se dovessimo leggere un testo badando a questo ( se cioè un testo è a noi gradito), quanti segni rossi e blu dovremmo mettere nel testo dell’Ulisse di Joyce?

Si permette ogni cosa il signore Joyce. Compreso di non terminar le frasi o di scriverle a rovescio. È uno dei motivi per cui adoro Joyce ed è il medesimo motivo per cui molti non lo apprezzano. Questione di stile. C’è chi preferisce uno stile piano, senza discese ardite e risalite…


Si dirà che la metrica in poesia è altra cosa. In questo campo illustri poeti sono riusciti a sovvertire ogni regola e a darci, nel contempo, liriche stupefacenti. Il poeta può. Dopo Joyce, e altri illustri, ogni scrittore può.


“Questa vanità dello stile si dilata in un’altra patetica vanità, quella della perfezione. Non c’è scrittore metrico, per quanto casuale o nullo sia, che non abbia cesellato il suo sonetto perfetto, monumento minuscolo che custodisce la sua possibile immortalità. (…) La pagina perfetta, la pagina in cui nessuna parola può essere alterata senza danno, è la più precaria di tutte.

I mutamenti del linguaggio cancellano i sensi secondari e le sfumature; la pagina perfetta è quella appunto che poggia su tali delicati valori, quella che più facilmente si sciupa”.

Borges 

La pagina perfetta si sciupa. Si decompone, svanisce. Le pagine migliori sono le più imperfette non dal punto di vista ortografico ( chi sa scrivere rispetta le regole della nostra lingua e si ricorda che qual è non vuole l’apostrofo per esempio) ma le più imperfette dal punto di vista stilistico. Quelle che rimangono stupefacentemente attuali e nuove nonostante la patina del tempo.

Per sovvertire le regole e permettersi rivoluzioni occorre conoscere le regole. Così come Picasso conosceva le arti della pittura nel suo periodo blu per poi scomporre figure e solidi diventando cubista.

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Scrivere

Fogli di ghiaccio #Giornata internazionale della montagna

Immagini e parole si mescolano, si fondono, si inseguono nei testi e commenti creando nuove immagini e metafore.

Ha commentato Massimo Legnani nel post precedente sul tema neve/bianco/contrasto:

quanta roba qui! parti da delle lenzuola improvvidamente stese (quando le ritirerà saranno fogli di ghiaccio) e spazi in riflessioni di vita che condivido, considerazioni di fotografia, citazioni meritevoli di attenzione”

lenzuola come fogli di ghiaccio

immagine veramente bella che si lega alle pagine e ai fogli bianchi di Marcello Comitini…

Tutto diventa paesaggio di scrittura.

Tutto si mescola a contrasto come i segni neri sul niveo foglio…

Le lenzuola come fogli di ghiaccio mi riportano a questo brano:

” Consegnò al maestro, tremando, un quaderno pieno di parole di suo pugno, il proprio libro.

Perché tremi? gli chiese il maestro.

Queste pagine – rispose – come fossero fogli di ghiaccio, mi bruciano le dita. Tremo di freddo.

Dimmi qual è il contenuto di queste pagine – riprese il maestro.

Lo ignoro – rispose.

Se non lo sai tu, chi lo potrà sapere? – disse allora il maestro.

Il libro lo sa.

Da: Il libro della sovversione non sospetta – Edmond Jabès

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Attimi

Perché ho un blog

Imparare di nuovo. Con una nuova pagina che è strutturata in modo completamente diversa. Non trovo i tasti per inserire un’immagine. Toc toc: il suono sulla tastiera è piacevole e morbido. Lo spazio qui è troppo ampio per me: ero abituata a scrivere sullo schermo piccolo dello smartphone dove, comunque, tutto era abituale e conosciuto.
Ho aperto il mio primo blog: Tranellidiseta senza sapere nemmeno come si facesse ad aprire un blog. Sono stata tra le prime persone a iscrivermi a Twitter. Era tutto diverso anche in questo social perché eravamo pochi.
Avevo, come ora e sempre, voglia di comunicare. Il block notes non mi bastava più e avevo perso il mio amico di penna. Con lui, che era anche il mio amante, ci scrivevamo sempre. Ci siamo scritti chilometri di lettere, costantemente scritte a mano. Lui aveva una scrittura minuta. Spesso accompagnavo le mie comunicazioni con disegni. Quando mi era arrivata la sua prima lettera la tenevo con me come un talismano. Emetteva luce.

Sarà per questa improvvisa mancanza di corrispondenza che ho deciso una decina di anni fa di aprire un blog. Ho bisogno di scrivere. Ho bisogno di comunicare. Più di mangiare.

Mi nutro di parole.
In questo spazio sento che qualche volta le mie parole arrivano e hanno risonanza.

Non c’è cosa peggiore di dire qualcosa e veder precipitare nel nulla le nostre parole.

( Immagine grafica di Eletta Senso )

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Ethos

Scrittura corretta

Immagine grafica di Eletta

Leggo, stamattina, un interessante articolo di Beppe Severgnini sul Corriere online. Le chat su WhatsApp sono entrate in tribunale. Nell’articolo si parla delle chat di un gruppo di genitori, ma la regola vale per tutti.

Ormai, protetti dagli schermi, ciascuno pensa di dire commentare insultare chi gli pare, alle spalle del malcapitato. Non è così. Ed è sempre una questione di comportamento etico. Anche in chat che penseremmo “private” tutto quello che scriviamo in realtà è pubblico.

Scrive Severgnini:

Sghignazzare e fare battutacce come adolescenti in libera uscita, o peggio: insultare questo e quello, bestemmiare, sparare battute razziste, trattare le donne come oggetti (con tanto di foto)”. Da: Le chat dei genitori. Pericolo pubblico?

Mi soffermo sull’ultima frase: trattare le donne come oggetti. Basta guardare nelle chat di alcuni uomini per appurare questo pessimo comportamento. Circolano filmini dove, ancora, la donna è trattata come una possibile “puttana”: anche se sta svolgendo, per esempio, il suo lavoro di cameriera…

Poi si parla di “rivoluzione culturale”. Se il gruppetto di amici maschi riesce ancora a sghignazzare davanti a certi filmini come certi adolescenti davanti a paginette porno… che dire? Di strada ancora ne va fatta.

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Scrivere

Quantità e qualità

Il mio blog su questa piattaforma ha due anni. Ieri mi è giunto questo riconoscimento.

La quantità non corrisponde alla qualità. Seguo e apprezzo altri blogger che scrivono con meno frequenza ma che mantengono una buona, se non ottima, qualità di contenuti e forma.

Per quanto riguarda la forma: ci bado molto, essendo una “purista”. Non posso proprio apprezzare chi scrive facendo errori ortografici. Soprattutto in questa epoca di alta tecnologia.

Io scrivo molto e, praticamente pubblico quotidianamente, perché scrivo sempre. Non posso fare a meno della scrittura: è il mio cibo come la lettura. Se non scrivo qui, scrivo sui miei taccuini, sui libri, su fogli, su lettere, bigliettini, e mail. Se potessi scriverei sui muri. Lascerei foglietti poetici appesi ai rami del bosco.

Le stanze della mia casa sono invase dai libri. Ho libri in camera, in sala e in bagno. Ho libri per terra ovunque. I miei libri non sono oggetti morti statici. Vengono sempre spostati, presi, accuditi, sfogliati, riletti, ricercati, amati. Come scrive Recalcati nel suo libro: “A libro aperto” un libro è un corpo da amare. Che ne direste di un uomo che non sfiora mai il corpo dell’amata? Che ne direste di persone che scrivono senza leggere?

La cosa che più mi manca sono i miei libri, anche i quattrocento donati per il trasloco, anche quelli che sono rimasti in deposito in città. Ogni tanto mi capita di volerne prendere uno tra le mani, qui in montagna, e mi aggiro a cercarlo – così come si cerca il corpo di un amato – e non c’è. Mi prende allora la nostalgia.

Leggere è importante nella mia vita.

Ho ordinato diversi libri, tra cui quello citato di Massimo Recalcati.

Se non vuoi morire, comincia a vivere.

Se vuoi vivere, comincia a imparare. Comincia a riflettere. Comincia a lavorare, fare un po’ di fatica, comincia a muoverti, incontrare, modificare certi incrostati comportamenti.

Se oggi sono quella che sono, lo devo ai libri. Molti per me sono stati e sono Maestri di vita.

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Psiche Scambio epistolare

Insieme 

Insieme ai ragni, ai cadaveri, ai vestiti che mai sapevi, allo sporco annidato, ai nidi di vespe, alle tremila inutili cose… il trasloco all’alba sa anche regalarti sorprese.

Un foglio piegato nel reparto tre del guardaroba. Apri, leggi, ti stupisci. 

Le tue parole hanno la bocca dischiusa e denti bianchissimi; la sensualità adombrata di un corpo svestito in controluce. Hai ragione: c’è un’intimità che sale in questo nostro scambio di parole, qualcosa di fisico nella pur completa a-fisicità dello scriversi senza neppure potersi immaginare. Le tue ultime parole sono fiocchi di neve sciolti e tiepidi, anzi goccioline di sudore che scivolano lungo la pelle con la traiettoria impressa dalla soffice orografia del corpo, parole che raccontano una femminilità densa, istintiva, traboccante. ” Spogliarsi con la benda sugli occhi… ” é un’immagine profondamente erotica, l’essenza dell’Eros oltre la percezione visiva. Lascia dunque srotolare il corpo nel tempo, prendendolo qualche volta tra le dita, per intingervi il colore di un inchiostro, gustarti il perlage di una confidenza, stamparvi il sorriso di un incontro, assecondare il tormento di una pagina da riempire, scrivendola, o il piacere torbido di svuotarla con un unico sorso di lettura. 

Lascialo rotolare il tempo. E poi raccontami. Ti aspetto”.

G.

Anno 2009 

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La scrittura

La scrittura è sempre una traduzione approssimativa della indicibilità della parola”.

Charles Simic

Scrivevo l’altro giorno, rispondendo a un commento, che chi scrive come noi, è simile a un pittore o musicista che cerca le giuste cromie e note per creare un’opera. Scegliere le ” giuste “cromie, note, linee, segni o parole: fa la differenza tra un’opera ben riuscita o no.

Anche chi è in grado di scegliere le giuste parole per esprimere uno stato d’animo, un’esperienza, una situazione o storia si avvicina alla compiutezza e al profondo senso. Dà una interpretazione. Tanto più efficace quanto più, letta e condivisa, riesce a trasmettere emozione.

La parola è polisemica e metaforica più che aderente alla mera sintassi e semantica. La parola, proprio perché indicibile, dice di più come il simbolo. Dipende dal contesto, dal richiamo, dalla fascinazione.

Per questo una mela non è solo una mela.

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Scrivere

Se lo scrittore secondo Virginia Woolf 

Guardatevi dentro e la vita sembra molto lontana dall’essere ” così “. Analizzate per un attimo una mente normale in un giorno normale. La mente riceve una miriade di impressioni – futili, fantastiche, evanescenti, o scolpite con una punta d’acciaio. Esse ci giungono da ogni parte, in uno scroscio incessante di innumerevoli atomi, e mentre ricadono, mentre prendono forma nella vita di un qualsiasi lunedì o martedì, acquistano un accento diverso dal solito; (…)

Se uno scrittore fosse un uomo libero e non uno schiavo, se potesse scrivere quello che vuole, e non quello che deve, se potesse fondare il suo lavoro sul proprio modo di sentire e non sulle convenzioni, non esisterebbe nessun intreccio, nessuna commedia, nessuna tragedia, nessuna storia d’amore o catastrofe nello stile comunemente accettato…

La vita non è una serie di lampioncini disposti in ordine simmetrico; la vita è un alone luminoso, un involucro semitrasparente che ci racchiude dall’alba della coscienza fino alla fine.

Non è forse compito del romanziere esprimere questo spirito mutevole, misterioso e indefinito, per quanto possa mostrarsi complesso e aberrante, con una miscela possibilmente priva di elementi esterni ed estranei? Noi chiediamo solo più coraggio e sincerità; vogliamo suggerire che la materia del romanzo è un po’ diversa da quella che l’abitudine vorrebbe farci credere.

Così Virginia Woolf si esprime sul Romanzo moderno. Joyce già rivoluzionava lo schema classico del romanzo. Oggi non pare che se ne tenga gran conto: i libri in testa alle classifiche rispondono a uno schema spesso piano, piatto, con un linguaggio poco articolato e con pochi, o nessun, salto acrobatico. 

Quando entro in una libreria o in una biblioteca faccio davvero fatica a trovare qualche romanzo moderno avvincente. Naturalmente sono una difficile. Al di là della trama, è il tessuto del linguaggio che mi interessa e può, eventualmente, affascinarmi. 

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Così veloce si accumula la vita 


Così veloce si accumula la vita che non ho il tempo di registrare l’ammucchiarsi, ugualmente veloce, delle riflessioni che annoto sempre come mi vengono, per inserirle poi qui.  

Virginia Woolf 

Ho sempre annotato le riflessioni – suggerite dagli eventi – su agende, quaderni, blocchi, fogli di ogni tipo, anche occasionali: come le pagine finali bianche dei libri. Ho sempre avuto bisogno di fissare, cristallizzare, vedere la forma delle parole che mi frullavano in testa ponendole come corpi celesti nello spazio di una pagina calligrafica.

Riesco ad esprimere meglio con questo metodo. Il groviglio dei pensieri prende una forma più logica e lineare, schematica, se scrivo. Scrivere mi serve a fare ordine tra i marosi.

Così veloce si accumula la vita… Ogni istante svanisce e viene sostituito dal successivo e poi da un altro. Chiamo ” Attimi ” questi momenti. Li registro con una certa distanza, credo nell’impermanenza.

Non potrei fare a meno di scrivere. Per poter scrivere non posso fare a meno di leggere.

Scrivere è un’arte difficilissima. Bisogna scegliere continuamente; e ho troppo sonno, e perciò mi faccio semplicemente scorrere la sabbia tra le dita. Scrivere non è per niente un’arte facile. Pensare ciò che si vuol scrivere sembra facile; ma il pensiero evapora, sfugge qua e là.

Virginia Woolf- Diario di una scrittrice