Scrivere con distanza

Leggendo alcuni vostri commenti relativi ai miei Frammenti mi rendo conto che sono commenti che reagiscono a qualcosa che ho scritto come reagirebbero a un fatto. Reale.

Amo molto scrivere e spesso scrivo solo per amore della scrittura. Non per descrivere un fatto. Che magari dà uno spunto come un riflesso, un alito di vento, un colore.

Per chi scrive è importante la distanza dall’oggetto della scrittura.

Leggendo ” Hanno tutti ragione ” di Paolo Sorrentino non posso fare a meno di pensare a l’Ulisse di James Joyce. Non tanto, evidentemente, per l’oggetto, il contenuto, la trama, bensì per lo stile.

Leggo, nelle prime pagine del libro di Sorrentino, come l’autore descrive la paura:

” E questo panico vorace e paludoso si manifesta in modo assai preciso. Sento come dei fenicotteri che mi picchiettano nel culo”. 

E, Joyce, nel capitolo: La testa di Virag:

” Virag raggiunge la porta con due goffi salti da trampoliere, a coda dritta, …”

I trampolieri, dunque. Immagini più che parole.

Per questo mi piace la scrittura di Joyce e, ora, di Sorrentino. Per lo stile: guizzante, impertinente, da fuochi artificiali verbali. 

La sperimentazione linguistica di Joyce consiste nello sfruttare la componente fonica della parola, la dimensione allusiva, evocativa, nel creare un gioco di rapporti e corrispondenze tra parole note e lingue diverse, con la creazione persino di termini senza valore semantico ma carichi di suggestione onomatopeica e fonica.

Joyce piega il linguaggio a suo piacimento per mettere in luce i meandri della coscienza e le associazioni che il suono di una parola può evocare. Suono e immagine. Colori, dettagli, salti e accostamenti improbabili. E qui tornano i fenicotteri, i trampolieri. Chi penserebbe di descrivere la paura con la sensazione di fenicotteri che picchiettano nel culo, chi penserebbe di descrivere un salto per raggiungere la porta con due goffi salti da trampoliere, se non questi due incredibili, esilaranti e ironici scrittori ? 

È proprio grazie a questi espedienti stilistici portati all’esterno che entrambi stupiscono e divertono.

Slittando, conducendo il lettore in un esilarante viaggio nel flusso di coscienza: quella ininterrotta colata di sensazioni, sentimenti, ricordi che costituisce la realtà interiore di ognuno di noi.

Il lettore ride perché si identifica, si identifica perché – come in un buon film –  tutto funziona a livello stilistico: la grammatica e la sintassi, le sequenze, i fotogrammi, le inquadrature. Anche rompendo ogni specchio e regola. Tutto comunque funziona. 

Non c’è noia. Se non c’è noia, c’è empatia, immedesimazione e sorriso. 

Beato chi sa scrivere facendo nascere il sorriso. 

5 pensieri su “Scrivere con distanza

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