Panchina

Immagine fotografica di Eletta

Lui andava a cercare la sua ombra sulla panchina. Sono andato alla nostra panchina – così le aveva detto diversi mesi prima.

Lei aveva frugato a lungo nella mente per collegare intuire capire ricordare: avevano dunque avuto una “loro panchina“?

Lui si commuoveva quando vedeva un film che lo toccava emotivamente. Ma era stato educato a essere UOMO. E un uomo non piangeva: ché quello lo facevano le femminucce.

Aveva forzato la porta per entrare. Ma lei era stata svelta e aveva repentinamente chiuso lo spiraglio e girato la chiave.

Cosa fai da mangiare? Questo, ridendo, le aveva chiesto. Come se non fosse successo nulla.

Lui piangeva, lui faceva pellegrinaggi alla loro panchina, lui non poteva proprio capire perché era completamente scemo.

Smontava ogni volta tutti i pezzi del giocattolo e poi diceva: – Giochiamo?

No, non giochiamo. Hai rotto il gioco e il giocattolo. Hai rotto il campo e i confini. Hai rotto tutto. Li vedi i soldatini tutti a terra? Una gamba qui un’altra là. Hai rotto il castello e il cervello.

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