… una grande quantità di questi beni erano anticaglie che egli aveva incominciato a accumulare fin dai tempi di suo padre. Fra le altre cose c’era anche una tenia seccata. Ora, dopo essere state in una soffitta o in qualche altro buco per la spazzatura, per mezzo secolo, tutte queste cose non vennero bruciate : invece di un falò, o distruzione purificatrice, ne fu fatta una vendita all’asta, cioè si tentò di dare loro una vita ulteriore. I vicini si raccolsero subito là attorno a guardare, comperarono tutto, trasportarono tutto con molta cura nelle loro soffitte o buchi per la spazzatura, dove queste cose resteranno finché le proprietà dei loro compratori non verranno divise fra gli eredi: allora ricominceranno un’altra volta il loro viaggio.
Quando si muore si scalcia la polvere.
Henry D. Thoreau – Walden ovvero vita nei boschi
Ho riportato questo brano scritto nel 1845 per la sua attualità ecologica: non si butta via nulla ma si ricicla; per la lezione morale implicita: inutile attaccarsi tenacemente agli oggetti, alle nostre povere o ricche cose perché nell’aldilà si va con una giacca senza tasche; perché mi è sempre piaciuto il sistema americano di mettere in strada oggetti e arredi perché i vicini possano comprare o prendere quel serve. E perché mi piace il viaggio infinito che fanno alcuni oggetti passando di mano in mano.
Come quando prendi un ombrello e NON piove per mesi. O come quando in primavera prendi molti vasi di petunie e gerani e PIOVE per mesi.
Così è stato per me in questo inverno con solo sole… Infatti: prevedendo magnifiche sciate sulla neve, ho comprato a inizio stagione una magnifica mascherina da sci…
Anni che la desideravo anche perché veramente sono fotofobica fotosensibile e il riverbero del sole sulla neve è veramente forte.
Già mi vedevo sulla pista da fondo con i miei fantastici occhiali e invece non ha mai nevicato e la pista da fondo è rimasto un grande pascolo per cavalli.
La mascherina da sci è rimasta nel cassetto e non è mai stata utilizzata.
Se non saremo estinti per una guerra atomica mi auguro di utilizzarla il prossimo inverno (la neve di marzo si scioglie come gelato al sole).
“L’altro giorno mi cadevano continuamente oggetti. Continuamente” .
Così scrivevo anni fa sul mio altro blog.
A volte, mi pare che gli oggetti comunichino con noi. Nella cultura popolare quando ti cadono oggetti vuol dire che qualcuno “ti pensa”. Tenendo conto che il pensiero è vibrazione, non è poi magari così lontana dal vero questa credenza popolare.
“Poco fa, prima di controllare la posta elettronica, ho accompagnato il robot da sua madre: non trovava la strada da solo perché si era perso nel labirinto delle stanze. Non penso di avere allucinazioni, ma giurerei che il led composto da quattro lettere digitali abbiano composto la parola “love” prima di iniziare il ritmo della ricarica”.
“Ci sono oggetti che si suicidano.Decidono di finire la loro vita al nostro servizio. Ci sono oggetti che funzionano quando vogliono: a volte sì, a volte no. Ci sono oggetti che si accendono da soli. Ci sono oggetti che ti piantano in asso quando lo decidono loro” (Dal blog Tranellidiseta)
È il caso della mia lavastoviglie, vecchietta è vero, e con tutti gli acciacchi dell’età. Sta di fatto che – dopo ripetuti lavaggi mal riusciti – domenica ho deciso di prenderne una nuova. Ordinata: arriverà entro fine mese. Così la lavastoviglie vecchia lunedì ha cominciato il solito lavaggio con dei lamenti inquietanti. Non potevo crederci. E martedì è morta.
Ho dovuto svuotarla e lavare tutto a mano.
È successo lo stesso con la mia amata Peugeot Cabrio. Quando ho deciso di prenderne una nuova si è suicidata. Ha fatto l’ultimo viaggio rantolando.
“La seconda era che madame Dyane era stata restaurata e mi attendeva al garage. Dovevo andarla a ritirare presto, perché era in compagnia di macchinacce moderne e tamarre che la deridevano, e un’auto derisa è incline a perdere autostima e olio”. Stefano Benni – Di tutte le ricchezze – Feltrinelli
Uno dei lati positivi del vivere in montagna sono le porte lasciate aperte, non nel senso che vengono lasciate spalancate, ma nel senso che non vengono serrate a chiave.
Niente porte blindate, doppie serrature e anti furto. Qui le porte quando si esce non si chiudono a chiave.
Non c’è bisogno del comitato di controllo del vicinato. C’è. Semplicemente. Sempre: il controllo costante del vicinato.
Così capita di trovare nel prato sotto una casa, come è successo a me stamattina in un percorso boschivo, una slitta lasciata sola al sole.
Senza lucchetti gabbie sbarre… Senza recinti cancelli confini. Una bella slitta in mezzo alla natura sotto il cinguettio degli uccellini.
Nessuno la prende. Nessuno ha paura a lasciarla.
Qui le case hanno recinti fatti di semplici assi di legno che con un salto si scavalcano. Non servono a proteggere la casa, segnano solo il confine della proprietà.
“Quando gli oggetti fanno le bizze” è l’articolo più letto nel mio blog Tranellidiseta. Moltissime visualizzazioni. Mi è venuto in mente ieri quando l’oggetto Smartphone ha fatto le bizze complicandomi la giornata.
Questo bellissimo oggetto – dal guscio iridescente come le ali di una farfalla e scivoloso come una saponetta – mi è stato regalato a Natale.
Un tempo infinito per inizializzarlo e riportare password e app precedenti… Peccato che dopo dieci giorni ho rotto il polso, ho avuto il ricovero e il braccio destro ingessato per circa quaranta giorni.
Il bellissimo smartphone dal colore iridescente e dal corpo saponetta: niente spigoli, rotondo suadente e scivolante non mi stava fermo in mano. Dovevo appoggiarlo a un panno per operare con la mano sinistra, senza vederlo slittare partire cadere, prendendo vita come se avesse rotelle o gambe per fuggire.
Ieri, ora che finalmente, ho ripreso all’ottanta per cento la funzionalità del braccio destro l’ho semplicemente appoggiato su un mobile. Pensando che stesse fermo. Invece è partito per la sua scappatella finendo per terra.
Quando l’ho tirato su i cristalli liquidi erano irremediabilmente morti. L’oggetto non era più funzionante. Una striscia luminosa lo indicava.
Ora sto usando il vecchio cellulare che funziona senza problemi. Martedì andrò ad aggiustare lo Smartphone farfalla e subito lo incapsulero’ in una cover perché non scivoli via più per la sua strada.
Da Pinterest
Qui sotto riporto l’articolo sugli oggetti che fanno le bizze: strani fenomeni per cui talvolta sembrano dotati di vita propria…
L’altro giorno mi cadevano continuamente oggetti. Continuamente. Ho già scritto (nel post sulla mia automobile) che, a volte, mi pare che gli oggetti comunichino con noi.
Nella cultura popolare quando ti cadono oggetti vuol dire che qualcuno “ti pensa”. Tenendo conto che il pensiero è vibrazione, non è poi magari così lontana dal vero l’interpretazione popolare.
Poco fa, prima di controllare la posta elettronica, ho accompagnato il robot da sua madre: non trovava la strada da solo perché si era perso nel labirinto delle stanze. Non penso di avere allucinazioni, ma giurerei che il led composto da quattro lettere digitali abbiano composto la parola “love” prima di iniziare il ritmo della ricarica.
L’altra sera stavo vedendo il programma di Fazio e il segnale digitale della televisione è morto alla parola “emozioni” che stava pronunciando Saviano. Non un secondo prima, non un secondo dopo. Magari è un caso. Magari no. Rai Tre non è stata più visibile.
Ci sono oggetti che si suicidano. Decidono di finire la loro vita al nostro servizio. Ci sono oggetti che funzionano quando vogliono: a volte sì, a volte no. Ci sono oggetti che si accendono da soli. Ci sono oggetti che ti piantano in asso quando lo decidono loro.
L’altro giorno stavo scrivendo con una penna biro. Ha deciso, nella sua anarchia vibrazionale, non solo di non scrivere, ma di saltare in aria con un leggero salto acrobatico: tutti i pezzi che la componevano sono saltati, in allegri volteggi, davanti ai miei occhi.
L’ho ricomposta con molta attenzione (non sapevo quale fosse la sequenza per la ricomposizione della salma). Una volta aggiustata ho ripreso a scrivere. Nulla: quel giorno la penna aveva deciso di fare le bizze. Ancora una volta è saltata in aria: una molla di qua, il refil di là e gli altri pezzi ovunque. Stanca ho preso tutti i componenti in una mano e l’ho gettata nel cestino. Inutile tentare di rianimare un oggetto che ha deciso di non servire più.
“La seconda era che madame Dyane era stata restaurata e mi attendeva al garage. Dovevo andarla a ritirare presto, perché era in compagnia di macchinacce moderne e tamarre che la deridevano, e un’auto derisa è incline a perdere autostima e olio”. Stefano Benni – Di tutte le ricchezze – Feltrinelli
Postato 21 November 2012 da Eletta Senso Etichette: Attimi
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