
Piove.
S’aprono le porte e ci si scarrozza caracollando verso scure nubi.
Piove.
Soprabiti e impermeabili lucidi lustrati dalle gocce. Squillano i colori sullo sfondo plumbeo. Si bevono calde bevande. Si leggono quotidiani. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Viene dimenticata la rituale lettura del menù.
Non si scelgono variazioni. Non val la pena variare quando l’offerta è così ampia e non avara la tavola.
A colazione l’uomo – voltato di schiena – non può rimirare la propria sciatta immagine. Comparsa la consorte.
Lo specchio si divora il riflesso: Narciso non avrà lo stagno. Ahimè.
Tutto è stagnante nella sala. Le pedine ferme sul campo mantengono mute le posizioni senza alcuna minima variazione.
Sonnez la cloche! Tutti entrano come disciplinati alunni nella sala. S’apprestano al banco delle insalate come voraci cavallette, come barbute caprette.
Masticano e quindi evacuano. Mangiano masticando voracemente come se non ci fosse tempo, non ci fosse un domani.
Il coniglio passa con l’orologio. Si alternano portate, la padrona scodella nei piatti oltrepassando le teste chine. Tutto tace. Tenue l’intestino assai vorace. Tentar tante parole non s’addice.
… Continua …
sembra il memoriale di una lontana vacanza rivissuta in chiave metafisica.
mi sta incuriosendo
ml
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Ai tempi avevo come compagno il libro di Joyce Ulisse e quindi ero fascinata nel mio diario vacanziero dal suo stile unico e trasgressivo. Ho trovato questo taccuino e rileggendo rido…
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