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Eletta

Eletta aveva festeggiato il suo compleanno con un affilato rasoio, come un boia accanto alla ghigliottina e con una tagliente cesoia – come un giardiniere pronto a sfoltire tagliare eliminare. Alla faccia della bontà della pazienza e della compassione.

L’arabesco – nell’architettura vendicativa – le era apparso in sogno la notte. Aveva la mente inquieta ed erano scesi giù avvoltoi. Coperta da leggeri e caldi piumini aveva affilato silenziosamente la lama.

La mattina ogni scena era da allestire con estrema accuratezza. Fotografare creare descrivere la femmina trabocchetto con qualche acconciatura stilistica. Avrebbe poi coperto la trappola con fresche frasche.

Quando tutto fu pronto, Elisa si vestì, si truccò e uscì.Nella caffetteria scelse per sè la poltrona trono, barocca, mentre la sua amica prese posto davanti al tavolino dove si posarono i caffè.

Stesero con molta cura il progetto, ogni dettaglio stabilito provato vagliato stabilito, ogni variazione considerata. Roberto sarebbe stata la vittima. Avrebbe pagato il suo pomposo inutile stupido cieco egocentrismo facendo la figura del fesso.

Non potevano neppure lontanamente immaginare che il loro piano non avrebbe mai funzionato, non perché fosse mal studiato. Perché Roberto non aveva coscienza e pensiero: nulla poteva turbare il suo cuore di cera perché battito non c’era. Roberto era senza anima senza volo senza pentimento rimorso senza sentimenti. Un buco nero coperto da un fantoccio. Una statua di sale.

Quando cadde nella trappola non si udì un sussulto. Non gli si scompose un ciglio.

Eletta e la sua amica non avevano considerato la variabile “essere non umano” nel loro ben congegnato piano.

3 risposte su “Eletta”

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