
Auguri a tutte le donne
Eletta
Auguri a tutte le donne
Eletta
“Il vecchio adagio sessista veneto che immagina la donna ideale come una creatura che la piasa, la tasa, e la resta a casa (che sia bella, zitta e a casa) è ancora nella testa di molti e viene fuori attraverso un armamentario di frasi che, pur se non arrivano a imporre direttamente il silenzio, comunque lo sottindendono”.
Così scrive Michela Murgia nel libro: Stai zitta.
È sotterraneo e costante questo modus vivendi nel maxi cosmo maschile duro a morire. Così come sono dure a morire certe parole legate solo al femminile come strega arpia vipera megera…
Come ho già scritto diverse volte si dà molto risalto, giustamente, alla violenza fisica subita da molte donne fino alla morte, come testimoniano, purtroppo, le quotidiane cronache nere.
Non si dà abbastanza risalto all’altro tipo di violenza, ugualmente delittuosa perché annichilente, cioè alla violenza psicologica.
– Stai zitta – appartiene a questo tipo di violenza. Non parlare. Non sei persona in grado di emettere suono. Taci. Non mi interessa quello che dici. Io sono il tuo padrone e decido io. Non ti permettere di giudicare o dissentire. Se mi disturbi mi altero. Non voglio sentire la tua voce.
Murgia intitola alcuni paragrafi di un capitolo del suo libro con quello che si sente dire una donna come lei che parla:
Spaventi gli uomini
Calmati
Hai ragione, ma sbagli i toni
Devi ribattere proprio a tutto?
Così resterai sola…
Povera rompiballe che rimarrà sola… Che paura.
Il detto veneto è duro a morire. Per fortuna molte donne hanno imparato a parlare anche a costo di rimanere sole.
È così piccolo
il luogo dove sto andando,
e perché questi ostacoli –
Il corpo di questa donna,
gonne incarbonite e maschera di morte
vegliato da pie figure e fanciulli in ghirlanda.
E adesso denotazioni –
tuono e cannoni.
Il fuoco ci separa.
Non c’è luogo tranquillo
che giri e giri a mezz’aria,
intatto e intoccabile.
Il treno si trascina, sta urlando –
animale smanioso della sua destinazione,
macchia di sangue,
faccia sull’estinguersi del bagliore.
Seppellirò i feriti come crisalidi,
conterò e sepellirò i morti.
Si torcano le loro anime in una rugiada,
incenso sulla mia strada.
Dondolano i carri, sono culle.
E io, sgusciando
da questa pelle di vecchie bende, noie,
vecchie facce a te salgo
dal nero carro di Lete,
pura come un infante.
Da Arrivare là – Sylvia Plath
Eletta aveva festeggiato il suo compleanno con un affilato rasoio, come un boia accanto alla ghigliottina e con una tagliente cesoia – come un giardiniere pronto a sfoltire tagliare eliminare. Alla faccia della bontà della pazienza e della compassione.
L’arabesco – nell’architettura vendicativa – le era apparso in sogno la notte. Aveva la mente inquieta ed erano scesi giù avvoltoi. Coperta da leggeri e caldi piumini aveva affilato silenziosamente la lama.
La mattina ogni scena era da allestire con estrema accuratezza. Fotografare creare descrivere la femmina trabocchetto con qualche acconciatura stilistica. Avrebbe poi coperto la trappola con fresche frasche.
Quando tutto fu pronto, Elisa si vestì, si truccò e uscì.Nella caffetteria scelse per sè la poltrona trono, barocca, mentre la sua amica prese posto davanti al tavolino dove si posarono i caffè.
Stesero con molta cura il progetto, ogni dettaglio stabilito provato vagliato stabilito, ogni variazione considerata. Roberto sarebbe stata la vittima. Avrebbe pagato il suo pomposo inutile stupido cieco egocentrismo facendo la figura del fesso.
Non potevano neppure lontanamente immaginare che il loro piano non avrebbe mai funzionato, non perché fosse mal studiato. Perché Roberto non aveva coscienza e pensiero: nulla poteva turbare il suo cuore di cera perché battito non c’era. Roberto era senza anima senza volo senza pentimento rimorso senza sentimenti. Un buco nero coperto da un fantoccio. Una statua di sale.
Quando cadde nella trappola non si udì un sussulto. Non gli si scompose un ciglio.
Eletta e la sua amica non avevano considerato la variabile “essere non umano” nel loro ben congegnato piano.
Lui mi segue sempre sento i suoi passi sotto casa si nasconde in cantina per vedere se esco quando torno lui mi chiude a chiave nella stanza e mi getta contro le pareti sei mia ripete e non puoi fuggire lui mi rompe le ossa ma nessuno si chiede perché d’improvviso sono sempre fasciata ingessata e al pronto soccorso nessuno mi tutela anche se vado dalla polizia mi guardano come se fossi una pazza che vede i fantasmi e sente le voci invece io sento la sua presenza sempre in ogni momento ho paura ho paura quando esco e quando sono in casa ho paura al lavoro e quando vado in un bar con gli amici sento sempre i suoi occhi e sento la lama del coltello che mi ucciderà gliel’ho detto al poliziotto che prima o poi mi uccide ma lui mi ha guardata come si guarda attraverso un vetro non ha capito che io prima o poi morirò perché mi soffocherà o mi sparerà o mi butterà a bruciare in un campo in un’auto o mi metterà in un sacco gettato nel fiume
103 donne uccise nel 2021
Buon lunedì. E buon 8 marzo a tutte le donne.
Oggi il gioco linguistico è un tautogramma in D.
D come Donna.
Ecco il mio:
Dentro dozzine di dalie
dormono dolenti
duemila donne deturpate.
Devieremo deste destino.
Dritte decisive dignitose.
Buon lunedì e buon gioco linguistico
Eletta
Donna,
dimentica daddoli, dondolii, distrazioni!
Detieni doti divine,
dimostra dignità, determinazione,
dacci dentro!
Dannatamente diretta
domina destino.
http://Il Blog di Silvia Cavalieri
https://silviacavalieri.com
dunque devo dire donna?
domanda discutibile, da detrarre da debiti e doveri.
“Dici donna, dici danno”, dicevano dotti deficienti.
“Dici donna, dico dono”.
Dalle debuttanti alle decadenti, dalle decorose alle disinibite, dalle dive alle defilate, danno doni deliziosi, difficili da dimenticare.
Da decenni devo dirmi deferente difensore.
ml
In questo difficile anno ho versato raramente lacrime.
Non sono facile al pianto che trovo, comunque, benefico. Piangere fa bene.
Lo dovrebbero imparare tanti uomini a cui hanno insegnato che “un uomo vero non piange”. Non è così. Un uomo vero, un uomo forte piange. Non è segno di forza trattenere la commozione, è solo un inutile retaggio culturale.
Per la donna è sempre stato più facile piangere, non ci sono state restrizioni culturali. Infatti se un ragazzo piange gli si dice: Non sei mica una donnetta!
Bene. Le donnette e donne piangono perché sanno buttare fuori le emozioni. Ma ci sono tanti tipi diversi di lacrime. Tutte, comunque, appartengono alla donna ferita.
” Le lacrime possono essere congelate in una forma ghiacciata con punte aguzze simili ai pugnali
oppure le lacrime possono precipitare in tempeste torrenziali capaci di sommergere la terra su cui si trova la donna
Le lacrime però possono anche cadere come una pioggia benefica che permette la rinascita…
Le lacrime aprono un varco nell’anima, insieme all’ira, le lacrime possono liberare una donna e partecipare alla sua guarigione dalla ferita”
Estratto da: La donna ferita – Linda Schierse Leonard – Casa Editrice Astrolabio
Dedicato a tutte le lacrime, versate da qualsiasi persona, in questo difficile anno.
Viola amava il viola, colore dell’introspezione nello spettro. Così le aveva detto l’omino al Corso con i barattoli allineati al centro dello spazio. Le scimmiette volanti erano corse a scegliere la tinta e, dopo averle fatte ruzzolare, con calma e senza entusiasmo Viola aveva scelto il viola. Un po’ di rosso un po’ di blu. Una mescolanza tra passione e mare profondo.
Era giù Viola. In cantina, mentre volevano metterla in vetrina. Il corpo magro ballava nei vestiti stretti.
L’omino era così dentro la sua recita di maestro e artista, funambolo della parola: le scimmiette volanti succhiavano ogni parola e prendevano appunti.
Nel gruppo c’erano pochi uomini. Uno di questi, un altro maestro di ego stratosferico, scrisse: Lo so che mi stai pensando.
Viola scrisse: Destabilizzata.
Al termine del Corso d’Arte lei si trovò improvvisamente contesa dai due omini dall’Ego stratosferico.
La lotta tra i due per averla durò molto tempo.
Lei non capiva perché questa continua rivalità per averla in esclusiva.
– Nessuno dei due uomini ama lei. – Così le spiegò lo psichiatra… – Si amano loro, e amano la guerra per avere la supremazia.
Ieri sera Lilli Gruber a Otto e mezzo ha mostrato, in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, un frammento di una trasmissione andata in onda su Rai Due alle 15 del pomeriggio.
Pensavo fosse la “solita” drammatica testimonianza di una donna maltrattata con le ferite sul viso o sul corpo, la faccia tumefatta e gli occhi neri… Invece no.
Sulla televisione nazionale alle tre del pomeriggio si “educavano” le donne su come comportarsi in modo “acchiappo” nel 2020.
La tipa mostrava come tirare un carrello con le gambe lunghe nude e scarpe tacco dodici, maglietta sufficientemente scollata al punto giusto e corta per sottolineare il punto vita. Partendo dalla constatazione che ciascuno si veste come vuole anche scambiando un supermercato per una serata in discoteca, la cosa a aberrante era la spiegazione delle mosse da fare per diventare “attraente” e quindi giungere all’acchiappo. Come chinarsi per raccogliere una scatola mostrando bene la coscia, come spingere in fuori il fondo schiena per alzarsi a prendere un prodotto in alto…
Purtroppo non trovo il pezzo. Comunque nei giorni in cui si celebra la violenza sulle donne la Rai mette un intrattenimento di tal fatta? Il succo è : anche al supermercato cercate, bamboline, di essere al meglio in modo da attirare i polli. O i merli. Comunque di piacere.
Mi ha ricordato quei vecchi manuali di mia madre o mia nonna su come essere una brava mogliettina o madre o padrona di casa. Ora basta esibire al meglio i propri gioielli anatomici…
Sono rimasta senza parole. Donne che si prestano in questa dimostrazione di assoluta ocaggine? Altro che rivoluzione culturale.
Ora mi vesto con la mia maglia nera e fuseau e scarponcini mi infilo un cappello ed esco. Se qualcuno mi guarda non sarà per il tacco dodici e le gambe nude, sarà per l’eleganza che prescinde dalle parti esposte e dalle unghie finte. L’eleganza è stile.
Se qualcuno non mi guarda sarò felice ugualmente perché io mi vesto e mi muovo in un certo modo perché sono io e non una scimmietta ammaestrata.
P. s. Ringrazio Rodi per aver messo il link nei commenti. Guardatelo!
Ho rivisto il film ” Schegge di paura” con Richard Gere e Edward Norton. La paura scaturisce per la trasformazione impressionante del ragazzo mite, accusato di omicidio. Un chierichetto. È impressionante il cambio di espressione personalità e linguaggio del ragazzo affetto da schizofrenia, dissociazione e personalità multipla. Due persone in una. Il bene e il male in un unico corpo.
Domani si celebra la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne.
Come tante donne anch’io sono stata vittima di violenza.
La cosa che più mi sconvolgeva allora, era la repentina velocità con cui il mio aguzzino cambiava faccia. In un attimo montava la sua rabbia e colpiva. Poi non ricordava.
A parte la violenza fisica subita c’era anche quella psicologica. Quando era “normale” si andava a concerti, si leggeva libri insieme, si conversava su qualsiasi momento, ci si amava in modo totale e con una passione travolgente. Con l’altro, apparentemente normale, che era in lui io stavo proprio bene.
Poi d’improvviso scattava l’altro Altro.
Incredibilmente, più delle botte calci pugni di cui il mio corpo conserva ancora e sempre tracce, l’atto che ho vissuto come massimo punto di violenza è stato quando mi chiudeva in casa sua, impedendomi vie di fuga.
Chiudeva la porta a chiave e portava via la chiave nascondendola in un’altra stanza.
Ho passato notti dentro la sua casa prigioniera con lui che andava a letto come se nulla fosse. Lo supplicavo di lasciarmi andare. Essere chiusa mi toglieva il fiato. Era terribile. Avevo paura.
Quando ero piccola cantavamo questa filastrocca in girotondo: L’uccellino in gabbia che muore dalla rabbia… mi vuoi bene sì o no?
Tutte le mattine leggo i quotidiani e quasi tutte le mattine c’è almeno un caso di cronaca nera e di femminicidio. Ci sono numeri di emergenza per chi è costretta a convivere questa pandemia con il proprio aguzzino.
Riporto sotto un link dove viene ribadita l’importanza di chiamare e chiedere aiuto. Ai tempi non l’ho fatto e detesto giudizi sommari sul perché una donna vittima di violenza non chiede subito aiuto e non denuncia.
Ora lo farei subito.
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