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Parvenze d’autunno

Nell’estremo antico lume che sussurra,
malgrado il nero delle fitte ombre,
ricama il cielo.



Quando cadono lente le foglie mi penetra una indolente apatia, un’assenza di riferimento. Come la metà luna che oscilla nel perimetro celeste: senza fili.



Mi nutrono le vette. Il profilo verticale, l’incendio cromatico tra i rami, le silenziose vie, il poco sole che presto scende.
Il cielo così turchino e viola: mentre prima annegavo nella melmosa monotonia del grigio. Senza respiro.

Lo spazio della lettura assorbito dal labirinto del girovagare con l’aria in faccia pungente e snella. Altre letture: le facce della gente, le loro cadenze vocali nel legno dei rifugi tra l’odore del legno. Cammino in mezzo alla strada: ormai non c’è nessuno.

Dopo la resa autunnale delle foglie, conviene arrendersi al tempo lento e vuoto, terminare il ciclo e scendere a terra a farsi consumare, dolcemente. Accettare quietamente i giochi del fato. Coltivare la segreta danza delle multiple apparenze senza occhi inquisitori. Essere esattamente così come una parvenza.

11 risposte su “Parvenze d’autunno”

sensazioni tangibili che descrivono attimi d’autunno, dove tutto sa di malinconia, ma anche di rinascita, intesa come riappacificazione col mondo dopo lo stress dell’estate, soprattutto per chi vive in posti di montagna, e in questo periodo può ritrovare quella tranquillità assoluta che d’estate sembrava in qualche modo scomparsa…😉👍🤗

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