Sono d’argento e rigoroso. Non ho preconcetti.

Quello che vedo lo ingoio all’istante 

così com’è, non velato da amore o da avversione.

Non sono crudele, sono solo veritiero—

l’occhio di un piccolo dio, quadrangolare.

Passo molte ore a meditare sulla parete di fronte.

È rosa e macchiettata. La guardo da tanto tempo

che credo faccia parte del mio cuore. Ma c’è e non c’è.

Facce e buio ci separano ripetutamente.

Ora sono un lago. Una donna si china su di me,

cercando nella mia distesa ciò che essa è veramente.

Poi si volge alle candele o alla luna, quelle bugiarde.

Vedo la sua schiena e la rifletto fedelmente.

Lei mi ricompensa con lacrime e un agitare di mani.

Sono importante per lei. Va e viene.

Ogni mattina è sua la faccia che prende il posto del buio.

In me ha annegato una ragazza e in me una vecchia

sale verso di lei giorno dopo giorno come un pesce tremendo.

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Non sono crudele, sono solo veritiero. Faccio mie queste parole di Sylvia Plath perché è così che posso apparire: crudele. Invece sono solo veritiera. Di questo dicevo stamane alla psico.

Della differenza tra essere svalutanti ed essere valutanti. Chi scrive, come me, non può fare a meno di osservare, vedere e valutare. Non ci sarebbero oceani di parole senza questa capacità di osservare e valutare da parte degli scrittori. Non ci sarebbero migliaia di libri. Siamo tutti voyeur dietro la finestra a spiare la vita degli altri e cercare una possibile verità.

” Non scrivo per qualcuno in particolare, ma perché sento una intima necessità di farlo. Questo non vuol dire che sia soddisfatto di quello che scrivo: può anche non piacermi, ma debbo farlo. Altrimenti non mi sento giustificato: più ancora, mi sento infelice“

Jorge Luis Borges Altre conversazioni