
Parto dall’isola dei santi, dei savi, dei martiri.
Non mi fermeranno: palme arpe spade corone d’ulivo calamai penne libri bisacce cesoie coltelli chiavi fiori.
Avrò un baldacchino con uno schienale d’oro e pantofole d’argento.
Avrò notti dolci con lieti racconti.
Avrò gli incensi e i doni.
Esco dalla tua architettura con falsi capitelli frontoni cuspidi e cupole.
Non mi incanteranno gli astuti serpenti.
L’istinto condanna i bugiardi.
Avevo posto un ultimo barlume.
Con un soffio l’hai spento.
Vado dagli uomini semplici.
Stanno sul promontorio al confine.
Il mio cuore sbranato avrà balsami e bende.
Amorosamente mi diranno gli innocenti segreti.
Mi daranno le impagabili pagine.
Nell’immacolato bianco candore riprenderò la mia veste.
Il tacito inserviente mi abbellirà il volto.
Ti lascerò alla scricchiolante analisi, alle notti insonne, al pasto vorace della coscienza, ai tuoi andirivieni, all’instabilità umorale, agli inseguimenti delle chimere, alla guerra dell’inconscio, al desiderio senza ali, alla tua senilità senza voli.
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