Comunicare

Ritorno su un argomento già trattato: la comunicazione.

Il paradosso descritto nella Pragmatica della Comunicazione è che non è possibile non comunicare.

Si comunica anche col silenzio.

Si comunica moltissimo con il linguaggio corporeo.

Si comunica con le tensioni del viso e del corpo.

Si comunica con la postura del corpo: quanto sono chiusa (braccia incrociate) quanto sono aperta, quanto sono spazientita: distante e braccia ad angolo sui fianchi…

E, naturalmente, si comunica con le parole.

Ogni messaggio verbale gestuale ha una coloritura emozionale. Io posso dire Ti amo con tremila coloriture emozionali diverse. In un corso in gruppi dovevamo mettere in scena lo stesso messaggio con diverse coloriture. Mi ricordo che il mio gruppo aveva scelto la parola: BASTA! C’è chi l’aveva detta come un sussurro di una vittima sfinita, c’è chi l’ha detta come ridendo per uno scherzo simpatico, c’è chi l’ha urlata battendo un pugno contro il muro.

Quando siamo in una relazione è importante cogliere bene la coloritura del messaggio e rispondere in modo adeguato.

Quando si è in gruppo è importante cogliere tutti i messaggi che ci vengono inviati. Ricordandosi sempre che la parte più importante è quella non verbale: quella che si può cogliere guardando bene come è seduta la persona, se è contratta o distesa, come tiene le braccia, come sono i suoi gesti, com’è il suo sguardo. Prima di quello che dice.

Mehrabian studiando ha  concluso che l’interpretazione di un messaggio è per il 7% verbale, per il 38% vocale e per il 55% visiva.

La conclusione è stata che il 93% della comunicazione è di natura “non verbale”

Inutile fingere… quindi.

14 pensieri su “Comunicare

  1. pensando alle comunicazioni via social dove le persone spesso non s’incontrano mai, viene da chiedersi in questa società sempre più malata di internet, quale sarà la comunicazione del domani, e soprattutto come faranno a comprendersi senza ferirsi, cosa che peraltro vediamo già ai giorni nostri..
    Interessante questo articolo 😊👍👍👍👍👍👏👏😉🤗🤗

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  2. Il che – deduco – rimanda all’ulteriore paradosso/interrogativo: dove finisce la bravura del fingitore/trice e dove inizia l’ingenuità dell’astante? O viceversa?
    Ed è su questa discrepanza di posizioni in correlazione che il quadro muta, purtroppo.
    Bel post.

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