
Prima della violenza fisica c’è sempre una violenza psicologica. Molti lo dimenticano. Prima di essere uccisa la moglie compagna ha dovuto subire per anni una sottile violenza psicologica da parte del marito compagno.
La realtà sottesa è una nebbia di “devi-non devi” : devi fare quello che dico io, devi sottostare ai miei bisogni desideri ordini, devi essere sottomessa e docile, io comando tu esegui, devi sorridere essere felice di ogni mia scelta e stare al tuo posto, non devi parlare con nessuno: quello che capita fra di noi è nostro e non va messo in piazza.
Il pulviscolo che alberga nella mente degli uomini che uccidono e maltrattano le donne è la paura di perderla.
In realtà si tratta di uomini estremamente fragili. Hanno una dannata paura di perdere il controllo sulla compagna e così perdono il controllo dei gesti, con i cosiddetti raptus. Non sono uomini dotati di un equilibrio interno. La prepotenza è segno di fragilità estrema.
La prima volta che ho detto al mio compagno di un tempo che lo avrei lasciato si è messo a piangere come un bambino dicendo : – E adesso cosa faccio?
Poi sono arrivate le botte perché era l’unico modo di “fare” che aveva trovato per sconfiggere la paura di perdermi.
Dell’altra parte psicologica – vissuta dalla vittima donna – ci sarebbe da scrivere per anni. E qualcosa è stato scritto e detto. La donna non può credere che l’uomo che dice di amarla le faccia violenza. Rimane attonita. Incredula. E pensa sempre di “redimerlo” : cosa che non avviene mai.
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