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Filosofia

Caos e caso

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Ieri sera mi sono addormentata con questo pensiero: “Niente avviene a caso, ma ogni cosa accade per ragione e necessità” – Democrito

Sapere che non siamo noi a decidere il nostro destino, porta alla quiete di chi sa che nulla avviene a caso. Siamo tutti al cospetto dell’imprevedibile che ha sconvolto le nostre vite.

Praticare la filosofia significa superare l’inquietudine generata dall’imprevedibile aprendo il cammino che porta all’ataraxia cioè alla quiete della mente.

Naturalmente non è facile. La mente produce continuamente i suoi fantasmi. Pensavamo di poter decidere ogni cosa: tutto prefissato, organizzato, stabilito. Pensavamo di essere padroni potenti, invece siamo servi.

Sono convinta che la Natura ci ha mandato un messaggio preciso. Tocca a noi decifrarlo e modificare radicalmente le nostre abitudini. Siamo stati tracotanti. Impariamo la lezione.

Siamo gocce nel mare dell’Universo. Ma siamo anche in grado di mandare dei riverberi nell’Universo grazie al nostro comportamento.

” Il fatto che noi siamo vissuti dalle forze della vita è solo una faccia della verità, l’altra faccia siamo noi che determiniamo la nostra vita in quanto nostro destino” – L. Binswanger

Che senso ha ciò che accade per ciascuno di noi?

Come stiamo in questo periodo nuovo e difficile?

La vita è folle e significante perché dietro ogni cosmo c’è un caos, così come in ogni disordine c’è un ordine segreto” – C.G. Jung

La psicologia e la filosofia in questo momento ci aiutano, nel disordine e nel caos imperante, a ri-flettere per cercare l’ordine segreto e il senso. Non perché ci danno risposte pronte e certe: perché, al contrario, ci danno gli strumenti per cercare.

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Filosofia

Una vogliuzza

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Buongiorno

Rimando a questa bella riflessione di Umberto Galimberti. Vi si parla del cuore, dei sentimenti, del dolore, del senso.

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/02/24/seguite-il-vostro-cuore-la-bussola-nei.html

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Filosofia

La doppia vita 

Come ho già scritto, ho letto davvero molti libri di Galimberti. Mi hanno permesso di rinfrescare e approfondire le teorie filosofiche. Mi hanno anche permesso di scoprire l’etimologia di molte parole. Questa altra conferenza, che ho trovato online, riprende molti temi già trovati leggendo ma li enuclea, grazie alla presenza dell’autore, in modo più chiaro.

Naturalmente, si può vivere anche senza filosofia, ma a me piace riflettere. Per riflettere non si può non tener conto dei maestri delle epoche passate. Qui Galimberti fa riferimento alla filosofia degli antichi greci e alla filosofia di Shopenhauer e alla psicoanalisi di Freud relativamente al tema della nostra doppia realtà individuale. L’Io e l’Es.

Ecco una sintesi.

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Siamo venuti al mondo per caso.

La natura può continuare la sua vita solo sacrificando gli individui che genera.

Freud ha detto che la psicoanalisi non l’ha inventata lui, ma un filosofo che si chiama Shopenhauer. Ci ha insegnato che oltre alla nostra dimensione conscia, che siamo soliti chiamare Io, vi è una dimensione inconscia che Freud chiama Es che rappresenta le esigenze della specie che confliggono con quelle dell’Io, e sono sessualità e l’aggressività.

Eros e Thanatos. La natura vive di una crudeltà innocente.

La psicoanalisi è una lettura drammatica dell’esistente.

L’inconscio è la specie che deve vivere e sopravvivere.

In noi ci sono due soggetti vitali. Noi siamo Io e siamo funzionali della specie.

La specie ci tiene in vita per la sua economia.

La donna lo capisce nel suo corpo perché atta a creare.

La donna sente la conflittualità e la conflittualità fa pensare. L’uomo non sente il suo corpo che va in un’altra dimensione.

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La donna sì: quando rimane incinta, quando partorisce, durante l’allattamento e la cura della prole, vive la sottrazione del suo tempo e del suo sonno … Veramente una madre è in croce però la specie ci guadagna.

Il piacere sessuale determina anche la nascita del figlio.

La natura è indifferente. Il gran sogno della vita è uno soltanto: la volontà di vivere. Shopenhauer.

Il Romanticismo appare pessimista. Si oppone all’ottimismo cristiano.

Il mondo greco già conosceva. Concepivano la natura come sfondo immutabile che nessun dio fece.

Noi occidentali siamo tutti cristiani e quindi pensiamo che la natura, come creatura di dio, sia per ciò stesso buona. La natura per il mondo greco è ciò che sta. A regolare le leggi di natura è la necessità. Ananke.

Sta al di sopra degli uomini e degli dei. Questa necessità si chiama Fato, Destino.

Le leggi di natura sono regolate da questa necessità. E noi siamo in questo orizzonte.

La natura viene donata, invece nel cristianesimo, all’uomo per il suo dominio. L’uomo al vertice del creato può dire Io.

Platone: tu piuttosto sarai giusto se ti aggiusti all’universa armonia. In Grecia c’è il primato della pólis, non dell’individuo.

L’individuo nasce dalla relazione siccome l’uomo è un animale che parla. È la pólis che viene prima dell’individuo.

L’individuo è stato creato dai cristiani.

I greci sanno che l’uomo non è immortale. Destinato a morire. Infatti viene chiamato: il mortale.

L’uomo nasce cresce fiorisce e muore. Esattamente come le piante.

Il tuo privilegio della nascita viene scontato con la morte, secondo necessità. Anassimandro.

Il mondo greco è un mondo tragico. Ma la tragedia non è disperazione. È la condizione dell’umano.

Il greco concepisce il tempo come un ciclo. Come una ripetizione. I vecchi che hanno visto più cicli possono insegnare ai giovani come va l’ordine della natura.

Esiodo. La tradizione. La trasmissione delle tecniche riuscite.

Il mondo greco è pieno di necessità, pieno di destino, pieno di fato.

Sorge il problema della tecnica. Il greco si pone il problema: può la tecnica configgere con la natura?

La tecnica è in potere dell’uomo, non della natura secondo gli occidentali.

La tecnica è perfettamente incastrata nell’ambito teologico. Mentre per i greci no. Per i greci sorge il problema.

Eschilo mette in scena il Prometeo incatenato. È più forte la tecnica o la necessità che domina le leggi di natura?

E risponde: la tecnica è più debole della necessità.

Anche Sofocle: la natura è più forte della tecnica.

Qual è la strategia per cui si fonda il primato dell’individuo?

Attraverso la soggettivazione della nostra individualità in quella dimensione che i cristiani chiamano anima.

Anima è una parola greca. Ànemos in greco vuol dire vento.

https://youtu.be/qOhLccWRS9M

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Filosofia

Le cose dell’amore

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Di Umberto Galimberti ho letto moltissimi libri. Filosofo italiano tra i più noti, non facilmente accessibile per stile e contenuti. Grazie a lui ho ripreso in mano la filosofia dopo gli scarsi e inutili studi scolastici.

Mi è capitato ieri, per caso, di imbattermi in questa bella conferenza di cui riporto il link e di cui faccio una sintesi.

Il tema è l’amore. Tema dei temi. Ma anche la follia, il desiderio e la filosofia come addentellati.

Che cos’è la ragione? Segue il principio di non contraddizione: un bicchiere è un bicchiere e non altro. In realtà un bicchiere può essere anche altro: per esempio un’arma impropria.

Siamo inquieti davanti ai folli. La follia: una cosa è se stessa, ma anche altro. Amore abita la dimensione della follia, segna il collasso della ragione.

I Greci avevano assegnato la follia agli dei. La comunità umana sta insieme tramite la ragione. Eraclito: per il dio il giorno è notte, la guerra è pace, la fame è sazietà. Quando un dio entra nella città regna il disordine ( Dioniso ).

La follia, è il costitutivo di ciascuno di noi, è quello che ci distingue. Nel singolare noi ci concediamo alla specificità della nostra follia. Folli sono i bimbi, i pazzi, i poeti.

Nello scenario della follia abita amore. Non possiamo entrare nelle cose d’amore ragionando.

Platone racconta di Socrate preso da ATOPIA. Se vogliamo entrare nelle cose d’amore dobbiamo entrare in uno stato di atopia. Ti devi dislocare dalla ragione.

L’Io è la parte razionale dell’uomo. Secondo Freud l’Io non è padrone in casa propria. Secondo Kant la Ragione è un’isola piccolissima nell’oceano dell’irrazionale.

Si ride sempre della filosofia perché il senso comune ride sempre della problematizzazione dei problemi. In televisione, luogo del senso comune, si ride sempre.

Socrate diceva di sé di non sapere niente: dotta ignoranza. Almeno sa di non sapere niente. I filosofi, a differenza dei sapienti, non sanno niente. Mettono alla prova il sapere degli altri. Il dialogo filosofico consiste nel mettere alla prova un’opinione per vedere se il discorso sta in piedi oppure no. La filosofia è alla ricerca detto discorsi che stanno in piedi da soli e che vengono chiamati epistemici.

I greci erano persuasi che la verità abitasse in ciascuno e dovesse semplicemente venir fuori. Maieutica e non catechetica.

Socrate dice di non sapere niente però di una cosa di avere episteme: delle cose d’amore. Raccontate da una donna: Diotima.

Come mai bisogna ricorrere a una donna per sapere qualcosa intorno alle cose d’amore?

Perché la donna ha più familiarità con la follia. Non è un’offesa. Significa abitare e la ragione e anche il suo altro.

Avere una passione significa patire qualcosa che l’Io non governa.

Platone cambia i genitori di Eros: figlio di Penìa – povertà e di Poros – via d’uscita da una situazione problematica. Platone stabilisce la perfetta corrispondenza tra Amore e Desiderio. Il desiderio è caratterizzato dalla povertà e dalla mancanza.

Io non desidero le cose che ho, ma quelle che non ho. Amore è mancanza, penuria.

https://youtu.be/Xhzh1GWSkTg

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Istinto e desiderio

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Diversi filosofi hanno approfondito la differenza tra l’essere umano e l’animale.

La differenza sta sostanzialmente in questo: l’animale è animato da puro appetito per la spinta istintuale. Ha fame? Soddisfa l’appetito mangiando.

“La sua soddisfazione si realizza secondo lo schematismo elementare dell’istinto”.

L’essere umano, invece, secondo Hegel è un essere che non è mai ciò che è: un essere mancante, un desiderio di desiderio, come scrive Lacan.

” L’esistenza umana è trascendenza, desiderio, lotta, lavoro, trasformazione, sublimazione, creazione. (…) Ciò che conta non è la soddisfazione del bisogno, ma essere riconosciuti dall’Altro come soggetti, come soggetti del desiderio”.

Da queste osservazioni, naturalmente più articolate che trovo sul tomo che sto leggendo, non posso fare a meno di pensare quanto noi siamo sostanzialmente diversi dall’animale: non perché superiori ma perché mancanti. Sempre alla ricerca di un soddisfacimento che non è solo quello dei bisogni primari.

Più ci avviciniamo agli animali ( una vogliuzza per il giorno, una vogliuzza per la notte, fermo restando la salute come scriveva Nietzsche ) più siamo semplici e, probabilmente, in tal caso viviamo meglio.

Più ci allontaniamo desiderando il desiderio di un Altro, desiderando di essere desiderati, e perciò amati riconosciuti visti, più viviamo peggio perché dipendiamo da qualcosa fuori di noi.

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Filosofia

Accado

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Sul mio comodino ho sempre dei libri che sbocconcello ogni tanto. Attualmente non ho libri nuovi, per cui rileggo i vecchi che hanno le rughe e i segni del tempo, comprese le mie sottolineature.

Se il libro vecchio non è un romanzo, lo apro a caso e leggo, anzi rileggo. Con un amico incontrato qui discorrevamo appunto di quanto sia importante essere in ricerca, con uno spirito curioso, sapendo solo di non sapere.

” Per comprendere questo nesso tra trascendenza e libertà, che Jung sospetta quando dice:

Non io creo me stesso, ma piuttosto accado a me stesso”

, bisogna evitare di considerare la libertà come una proprietà dell’uomo.

Io non ho la libertà come ho una mano, un piede, un volto, io sono dominato dalla libertà quando evito di assolutizzare l’orizzonte della mia coscienza e dei sensi da essi stabiliti, e mi dispongo all’ascolto di ciò che mi trascende.

Non perché sono libero posso individuarmi o meno,

ma sono libero perché mi individuo,

perché rinuncio all’hýbris della coscienza, come la chiama Jung, alla sua tracotanza che, nel porre se stessa come l’assoluto, mi vieta ogni ulteriorità, ogni trascendenza.

Se individuarsi significa oltrepassare i limiti fissati dalla coscienza razionale, per integrare ciò che questa coscienza non ha accolto o ha rimosso, l’individuazione è un’operazione della coscienza simbolica che non si arresta al dato, ma accoglie il rinvio

Da: La terra senza il male – Umberto Galimberti

Galimberti usa un linguaggio denso perché ha molte stratificazioni dovute alla conoscenza. Non è un linguaggio facile per chi non ha mai masticato filosofia. Qui mi interessa il rinvio. E mi interessa la tracotanza, l’hybris.

Ci sono persone talmente tracotanti da sfiorare il ridicolo. Dovrebbero fare quattro riflessioni sul senso. Anche leggendo studiando abbassando la testa e aprendosi agli eventi e ai simboli che accadono.

Per quanto riguarda il processo di individuazione è da sempre all’ingresso dell’altro mio sito. Individuarsi non è individualizzarsi. È, secondo la teoria psicoanalitica junghiana, cercare il proprio Sé.

Relativamente al processo di individuazione sono stati scritti tomi per cui impossibile qui sintetizzare.

“Il processo di individuazione è una prassi, non un itinerario teorico, per cui i simboli che ne scandiscono le tappe non rispondono a un sistema teorico di significazione, ma a un processo operativo di trasformazione“.

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Filosofia Parole

Sole



“Per promuovere l’immaginario, il codice dello spettacolo deve ridurre l’ambivalenza simbolica, perché non può presentare tutti gli aspetti della cosa, ma solo l’aspetto positivo. Non l’ambivalenza del sole, che per i primitivi era benefattore, ma anche distruttore, ma solo quell’aspetto positivo che lo fa sole delle vacanze, contrapposto a quello negativo che è la pioggia, il freddo, il cattivo tempo”.


Umberto Galimberti – La terra senza il male
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Filosofia

Pigrizia e paura

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“C’è una fatica da affrontare, una sospensione da tutte le nostre abitudini, se davvero vogliamo provare a indebolire il nostro io, sottraendolo alla logica di superficie.
E vi è poi la paura: di ciò che non ci è immediatamente familiare, di scoprire realtà che possono inquietarci, di trovarci di fronte a porte chiuse che non avremo il potere di far aprire. Timore che, giunti a quell’orlo, di lì in avanti si stenda un vuoto abissale”.

Da: Pier Aldo Rovatti – Il pensiero debole
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Filosofia

Dedicato a tutti quelli che dicono che la filosofia non serve

Se immaginassimo, in un gruppo di persone, un individuo che cerchi di dire la propria esperienza con tutta la specificità, o con un massimo di specificità rispetto al proprio vissuto di quel momento, le altre persone non lo capirebbero e si allontanerebbero da lui, dimostrerebbero subito uno scarso interesse a un racconto che dobbiamo presumere complicato, stratificato, e forse anche bizzarro. La potenza sociale di quell’individuo sarebbe quasi nulla. Per questo motivo, ogni volta che ci troviamo insieme ad altri, ci guardiamo bene dal procedere in quella direzione, e ci incamminiamo invece in quella opposta, ipotizzando e inducendo un piano comune di riferimento: una forma di sapere cui pensiamo ciascuno spontaneamente aderisca, non perché sia propria a qualcuno in particolare, ma precisamente per il fatto che non appartiene a nessuno”.

Da: Il pensiero debole – Feltrinelli

Quante parole frasi periodi mettiamo tra parentesi?

Sottintesi non detti sottaciuti…

Parole gettate pensate sussurrate urlate.

Parole scritte su foglietti retro copertine di libri diari pezzetti di carta…

Quanto di noi veramente diciamo?

Quanto della nostra quotidiana fatica di respirare sapere accettare reagire esistere?

Quanto ci adeguiamo – perdendo pezzi – alla platea plaudente?

Quanto aderiamo alla vera verità del nostro vivere?

Quanto siamo in grado di mostrare il nostro nudo corpo?

– Questo è il mio corpo

– Questo il mio essere

Queste le vene le cicatrici le curve le valli le rughe le asperità le ombre le vette.

Quanto mostriamo, come la luna, solo la faccia splendente?

Leggendo filosofia dedicato a chi afferma che la filosofia non serve a niente.