
Scendevo
in penose profondità
per poter riemergere
tra gorghi e meduse
alla luce innevata esterna.
C’era un mostro nella cavità
che allungava
lunghe chele artigliose,
stava in agguato
e ne sentivo
il pericolo incombente.
Difficile non scorticarsi
un po’
la pelle e l’anima
raggiungendo quella riva.
Un lembo ci separava
e io tremavo.
Tremavo e agognavo.
Avendo dunque
io scelto – solo io –
di allontanarmi
e finire nella zona di confine,
non più protetta.
Per vivere
occorre trafiggere draghi.