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Attimi

Erebie

Erebie nere- dalla setosa lanugine

stanno nell’ombra – nella loro cella

in attesa della fuga.

A paragone del buio

la luce è il vuoto.

Occorre un lungo sonno

racchiuso nel desiderio

prima del volo.

Erebie nere

ferme negli arabeschi d’ombra:

prima della gradevolezza eterea

di ogni altezza…

Chiuse nel bozzolo

delle iridescenti nebbie.

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Attimi

Torpore

Sta nel suo torpore ignorante/

nel sonno allucinante /

lontano lontanissimo dagli spigoli e dalle rotondità del reale /

nella luce che ingiallisce le pagine del bosco /

lui : nulla sa del gelido flusso negativo /

non conosce il male /

che lo inghiotte e gli artiglia mani e cuore/

lui così ignorante:

felice nella sua totale inconsapevolezza/

felice nel pomposo tempo/

come un inappagato fantasma/

poppante del nulla /

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Autunno

Decomposizione

In questo paesaggio in decomposizione

il tempo lentamente si fa di gesso

occorre eliminare tutto l’eccesso

e spogliarsi

– come fanno le piante –

di inutili pepite d’oro

lasciare a terra cadaveri d’abito

con colori che strillano in coro

occorre cercare solitari segnali

sparsi nel paesaggio

tra odori di muschio e selvaggina

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Autunno

Trasmutante colore

Silenzio zoppicante

tra lacrime di pioggia

sto tra costole di libri dormienti

nella perfetta correlazione geometrica

della tortura triplice…

Bussa il bussare – del disperato tempo

tra la variopinta poltiglia e

tra dieci seriche ciglia…

nell’uniforme flusso dei giorni

dal trasmutante colore

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Attimi

Rombi

Rimbombo di tonanti accordi.

Velo ondulato di nubi

sull’oro

d’ombre verdeoceano

Rimbombano tuoni

con affannoso alito

tra sospiranti silenzi sonnolenti

e il tic tac

del rotolante temporale.

Si sta in lenta monotonia

pieni di inquietudine

che annoda il cuore.

Derubati

spogliati

i verdi turchesi e le giade.

Finché la luna color miele

capovolgerà l’acqua rettangolare

tra i nostri decorosi cenci.



		
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Attimi

Grazie

Vorrei ringraziare Almerighi per aver scelto una mia poesia per il DOMENICALE. La potete trovare insieme ad altri testi in “Alucce”:

25 PENSIERI SU “GIOIELLI RUBATI 201: SAPHILOPES/JONATHAN VARANI – WHALE – YVES BERGERET – MASSIMO BOTTURI – MARINA RACCANELLI – FRIDA LA LOKA – ELETTASENSO – ALESSANDRA MARCOTTI.”

https://almerighi.wordpress.com/category/il-domenicale-di-amargine/

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Attimi

Alucce

Le comparse agitavano

le fragili alucce teatrali

nei fantomatici ingranaggi del giorno.

Sollevavano

un infinito

scarlatto interiore

nella nera dissolvenza del fondo.

Una malevola perplessità:

come

raschiante rumore.

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Attimi

Così lontani i giorni

Orrido – Immagini fotografiche di Eletta Senso


Sembrano così lontani i giorni
dove albergava il ghiaccio e
le tenebre erano porto
agli occhi.

Va il ventilatore e frulla
tutti i minuscoli pezzetti
delle scritte e annotazioni:
cibo e fame, fame e cibo.

Non so scolpire

il tuo nuovo vestito


perché lo indossi e
quale vento ti leva
cosí alto il cuore.

Volava l’aquilone dopo i massi cupi.
Io ri-imparavo a ridere con te accanto.
Passavano al galoppo
bianchi cavalli nella polvere
della sera.

Non so ri-abituarmi al freddo…
dopo tanta cenere spenta.

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Attimi

Fumo

Fumo le tue parole


quando versi rime


infrante


nel vaso di Pandora:


le stelle gemmate

nel denso


tuo inchiostro fluente.

Quando lacrimi resina d’ambra


nell’ombra del buio


mentre la donna attende

e


lenta pettina le chiome,


lenta cucina le chiuse


dei tuoi testi :


mentre tu sosti


e t’arresti al tavolino.

Fumo le tue parole


infossate affastellate strette


– nel cuore del tuo scoglio –


a rilucere


lingotti linguistici


nella cantina semantica


che lento


discendi.

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Poesia

A te


A te:

perché rifiuti il mio corpo

per lunghissime ore,

io dono uno stiletto.

Penetrerà nella tua schiena

mentre sosti per infinite ore

rapito.

Ho sognato di volare,

volavo leggera,

lontano dai pesi di piombo

del tuo umore nero.

Per troppo tempo muta e ferma, accovacciata ai tuoi piedi.

Serva e schiava dei tuoi capricci,

del tocco distratto.

Neppure lo spazio del letto

neppure la colma rossa del divano.


Ombroso uomo rapito lontano

dalle rapaci mani del tuo passato.

Incapace di lanciare nel cielo del domani.

Non lascerò senza castigo

la tua indifferenza.

Me ne andrò

fuori dai giochi perversi.

Tra i fili del desiderio.

Stanca di elemosinare carezze.


Libera volerò nel nuovo cielo notturno dove le stelle.


Vedremo l’effetto che farà lo stiletto nella tua carne, l’aguzza punta.

Tu mio aguzzino sarai punito per ogni secondo e secolo di dimenticanza.

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Attimi

Alla mercé delle sue metafore

Immagini fotografiche di Eletta Senso

Dopo gli inchini di rito

accucciati nelle nostre splendide povertà

ci prende e cattura

una folata d’aria gelida

Madame arriva

brandendo una lama lucente

non la fermano eroismi sublimi

il sacro timore e l’estasi

sfiora con la nera veste le umane possibilità

giocando a scompigliare capelli e carte

mescolando fini fili e destini

la verità è un manichino giocato dagli astri

rimane il poeta alla mercé delle sue metafore

alla regione senza ragione

alle selvatiche fughe

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Attimi

Non hanno voce

Non hanno voce le parole

che mastico adagio

nel labirinto

dei miei sotterranei mentali.


La bambina che ha sempre fame

e nessuno vede. Nessuno vede.


Qualche spettro è intento

nei suoi giochi d’astuzia. Fuori: giostre girano fra luci false.


La sera sbarro al mondo gli occhi

per non vedere. Sprofondare nel nulla onirico dove c’è un infinito mare.


La bimba si rintana nel piccolo letto

a cercare tepore come un feto.


Poi s’alza il sole

e ritaglia un nuovo giorno

sempre uguale.


Non c’è modo

di inondare la cantina

con liquida luce.

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Attimi

S’odono


S’odono solo rapidi bisbigli attraverso la porta socchiusa.

Un bussare lieve.

Un amo sta appeso nell’ombra. Oscilla.


Lo sguardo inumidito dall’inchiostro

non sbava.

Trattiene

e non inghiotte l’eccesso.


La femmina e la panthère

si acquietano dopo il pasto.


Non rimbalzano

le ottuse consonanti

nel cupo tempo.


Verranno i tuoni di marzo

quando improvvisi

si riverseranno

i freschi temporali.

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Attimi

Poesia corpo levigato

Dal web



Un attributo fondamentale che una poesia deve non solo possedere, ma in qualche misura rivelare è di non essere arbitraria.
Il modo dell’espressione o, se preferiamo, lo stile deve insomma sia affondare le radici in una particolare visione della realtà sia offrirne un corrispettivo adeguato attraverso la propria sostanza fisica, vale a dire attraverso il suo stesso corpo.
Ritmo, suono, intonazione, musica, tutto significa.
Nell’arte poetica lo stile è tutto proprio perché tutto è stile”.
Roberto Galaverni


Scrivere poesie non è arte semplice.

Quando mi capita di trovare dei miei scritti poetici ( sparsi ovunque: sul retro copertina di libri, su una delle molteplici agende, su fogli sparsi ) la prima sensazione rileggendo è di stupore, distanza.


L’ho scritta io? In che momento emotivo ero?

Poi, se mi viene voglia di riprenderla e pubblicarla devo comunque ri- sistemarla.

Il peso di una parola, di una virgola, la possibilità di tagliare un verso andando a capo, l’eliminazione anche solo di un articolo: tutto concorre alla valenza del corpo poetico.

Un corpo che abbisogna di particolari cure, direi quasi ossessive.

Se mi capitasse di riscrivere una poesia già riscritta: ancora e ancora, dovrei sistemare accarezzare massaggiare il suo corpo fino alla levigatezza.

Tanto vicina alla musica, tanto vicina alla composizione visiva, l’arte poetica ha molteplici componenti da tener presenti contemporaneamente. Non è solo una disposizione verticale di parole. Lo spazio vuoto è pieno.

Mi vengono in mente quelle pagine autografe di Barthes o Montale con tante aggiunte cancellature ripensamenti…

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Poesia

La mia coperta di stracci


La mia coperta di stracci
attende
l’ordine dell’ordito


E la trama si dipana


– tra sonnolenti giorni


senza ricamo –


se non di neve

lenta


fuori dalla finestra.

Non lascio

orme


se non nel sogno


su sabbie bianche…

Ti tolgo
dieci occhiali neri dagli occhi
– che non vedono
il troppo chiarore
del mattino –

Nessuno si sporge
dal balcone


– del proprio affaticato io –


per un canto


di tiepida speranza.

E
viene subito la notte
a inghiottire il nulla

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Attimi

Animazione 

Sarà per lo strascico di lacci

che mi tiene

e l’elogio della lentezza

che ora è condanna

Sarà per i mille

movimenti imbrigliati

come Gulliver tenuto da infinite corde

il corpo disteso e stupito

rivoglio le danze

e i cammini le ascese e discese

rivoglio la scrittura con bava d’inchiostro

su crepitante carta

rivoglio scarabocchi

con echi a spirale

mi libero nel sogno

dallo scafandro

e nuoto

volando

tra i flutti del sarà

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Poesia

Natale di Ungaretti: poesia oggi viva

Non ho voglia

di tuffarmi

in un gomitolo

di strade

Ho tanta

stanchezza

sulle spalle

Lasciatemi

così

come

una cosa

posata

in un angolo

e dimenticata

Qui

non si sente altro

che

il caldo buono

Sto

con le quattro capriole

di fumo

del focolare

Napoli, il 26 dicembre 1916

Mai come quest’anno il sentire di Ungaretti è il nostro intimo sentire. Ho tanta stanchezza sulle spalle richiama la “fatigue”, la fatica che ci segna dall’inizio di questa pandemia, il nostro continuo adattarci a nuove regole spazi e tempi con l’abbandono – speriamo momentaneo anche se molto lungo – delle nostre abitudini di vita e socialità.

Come una cosa posata in un angolo e dimenticata. Siamo soli, canta Vasco. Di fronte a quest’ora mesta siamo soli. Comunque soli nell’affrontare un Natale differente con le lucine intermittenti dell’albero e del calendario. Comunque soli a cercare un po’ di conforto dal focolare dove guizza una fiamma, piccola ma viva, di speranza.

Non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade. Pare che ai più non sia mancata la voglia considerato l’assalto ai negozi per lo shopping natalizio. Il rito dello scambio di doni del nostro Natale deve fare i conti anche con l’economia in bilico sul disastro. L’alternativa, per non tuffarsi in un gomitolo di strade, era l’acquisto online, ma c’è il Cashback e occorreva usare le carte…

Sono passati tanti anni dalla bellissima poesia di Ungaretti. Come tutte le vere poesie dei grandi poeti ha un valore semantico che il tempo non scalfisce. Anzi: amplifica.

Immagine fotografica di Eletta Senso
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Attimi

Tempesta

Fremono foglie

tra la furia del vento

e volano farfalle smarrite

si stracciano

lucciole d’argento dall’ali

– come pazze nei corridoi

in cerca della finitudine antica –

nel rapido fortunoso galoppo

di una giovinezza smarrita

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Attimi

Voglia di

Voglia di neve

del silenzio ovattato

e ombre di orme

incanto

di calore intimo

e denso:

nel letto la mano

che accarezza i confini

lenta.

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Attimi

Fumo

Fumo le tue parole

quando riversi le rime infrante

nel vaso di Pandora

stelle gemmate

nel denso inchiostro fluente

quando lacrimi resina d’ambra

nel buio di ombra polverosa

mentre la donna attende

e lenta pettina le opache chiome

e lenta chiude i cancelli

e le inferriate

ai tuoi testi

mentre tu sosti

e t’arresti al tavolino a scrivermi

sotto la forte luce

perché non ti veda

fumo le tue parole

infossate affastellate strette

nel cuore dello scoglio

dove naufraghiamo

a rilucere lingotti linguistici

poi nella cantina semantica

tu discendi