E tu

E tu che, così spesso, mi annoi.

E io mi chiedo come faceva tua moglie quando ti serravi nel carapace chiudendo il dorato lucchetto.

Come faceva a non provare noia quando ruminavi senza dire parole il povero pasto.

Come riusciva a non sbadigliare davanti ai ripetuti monotoni racconti del tuo passato nostalgico. Lei così giovane accanto a te così sempre vecchio.

Quando la allontanavi in un’altra stanza davanti al suo apparecchio televisivo perché neppure la scelta di una trasmissione era gradita insieme.

Quando programmavi ogni dettaglio del sesso e della villeggiatura: sempre troppa gente e voi due mai soli.

Come ha potuto sopportarti senza gemiti e fremiti e fughe e piatti rotti e urla?

Come stare per un così lungo tempo accanto a un monolite, un sasso, un mobile immobile?

Come sopportarti nelle lune e dune e notti e abissi?

Anche se tu l’amavi – tu che amare non sai – lei così assorbente del tuo continuo inchiostro, delle tue nere macchie.

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