Nella camera dell’ospedale la sua ex compagna gli aveva detto:
– Tu lo sai com’è importante il simbolo. Ti sei ammalato al cuore. Un motivo ci deve essere.
L’omino dai capelli scarmigliati bianchi non aveva risposto. Quando lo avevo conosciuto anni prima soleva dire con gesti plateali:
Noi siamo fatti di mente, cuore e anima.
E ora giaceva nel letto di una clinica dopo un’operazione delicatissima al cuore. Il suo cuore era stato portato fuori dal suo corpo per poi essere ricollocato: guarito dall’infezione alla valvola mitralica.
L’omino era svenuto davanti a Anna mentre lei le tagliava un etto di prosciutto. Non lo aveva più visto al di là del banco. Giaceva per terra afflosciato.
La febbre denotava la debolezza del suo cuore malato.
” La mia infanzia nella sua educazione cattolica è sempre stata piena di cuori. Cuori ovunque: straziati, pugnalati, feriti, sanguinanti, spezzati, palpitanti, fermenti.
La parola cuore è stata insieme a miracolo e tradimento…
(…)
Diciamo sempre, per ogni cosa, che ci vuole cuore, che bisogna avere cuore.
Cuori di pietra, cuori ardenti, cuori duri, cuori teneri, cuori di ferro, cuori di plastica, cuori intrepidi, ghiacciati, puri e impuri, aperti e chiusi, feriti e forti, matti e aridi.
Esistono anche ragioni, affari di cuore. Ma l’essenza del cuore è sempre, per tutti i cuori, nel suo battito”.
Da : A libro aperto – Massimo Recalcati
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