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Corpo

Il corpo


In questi giorni non ho potuto fare a meno di pensare al corpo. A quanto siamo davvero liberi nel nostro corpo.

Vi é più ragione nel tuo corpo che nella tua migliore sapienza –

F. Nietzsche, Così parló Zarathustra

Il corpo da curare, abbellire, truccare modificare celare ostentare. Il corpo da imbalsamare. Il corpo da sanare. Il corpo da immortalare o immolare. Carne da redimere, impulsi da controllare, sensazioni da etichettare.
Il corpo da reprimere, inscatolare, controllare.

L’anima é in sommo grado simile a ciò che é divino, immortale, intellegibile, uniforme, indissolubile, sempre identico a se medesimo, mentre il corpo é in sommo grado simile a ciò che é umano, mortale, multiforme, inintellegibile, dissolubile e mai identico a se medesimo – Platone, Fedone

Il corpo da sacrificare. L’anima da santificare.

Anima e corpo da contrapporre in un dualismo senza fine.


Il corpo modellato come quello delle bambole ( ti faccio le treccine, hai le mani sporche, metti i calzettoni, lavati, vèstiti, non uscirai con quella roba addosso ) il corpo represso ( i Comandamenti, non desiderare, non masturbarti, controlla gli sfinteri, stai attento a non prendere brutte malattie ) il corpo cartonato immaginato comandato dai modelli estetici del foto ritocco e della chirurgia estetica ( non invecchiare, le rughe sono anti estetiche, il maquillage, la cosmesi, cerca di apparire al tuo meglio, adeguati ai modelli vigenti vincenti ).


Il corpo serve alla produzione dello scambio, anche economico.
Basta andare in qualsiasi edicola: sono corpi che balzano agli occhi. Occhioni di civette, seni plastificati, corpi perfetti rifatti, allenati. Pettorali e labbra gonfiate.
Basta andare nelle Photogallery dei quotidiani: sono i corpi che fanno notizia più delle notizie.

Siamo talmente già assuefatti alle facce di plastica che quando vediamo una attrice o cantante o qualsiasi altra donna vip che non si è fatta levigare pensiamo subito : Quanto è invecchiata! Non è lei che è invecchiata. È lei che non si è sottomessa all’apparire gonfia come una Barbie ottantenne.

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Corpo

Ri-cordo e ri-accordo

Ho dei tomi. Mi piace ogni tanto riprenderli in mano e spiluccarne alcune pagine. Questo di oggi ha circa seicento pagine e pretende una lettura ripetuta e lenta. Non è facile, ma io ho solo e sempre imparato da libri non semplici.

Dopo aver riletto del potlàc, ora ho trovato interessante questa pagina sul tema del passato.

Ogni giorno il passato rinnova in noi una preistoria e il presente può annunciare un futuro solo se si riconcilia col passato di cui beneficia e che il ricordo tematizza.

Non è forse il ri-cordo un ri-accordo, e il ri-accordo la ripresa di una continuità ininterrotta di toni improvvisamente perduti?

Riaccordarsi al passato non è ridursi al passato, perché se è vero che il passato ha consumato le sue possibilità non è vero che ha consumato me stesso.

Dal passato io sporgo, perciò me lo posso ricordare.

Nel ri-cordo ri-accordo il passato che è stato con il futuro che sarò…

De-finire una persona come buona o cattiva è finirla nel suo passato e proibirle un futuro. È annunciarle che sarà come è sempre stata.

In questo senso non possiamo accettare l’espressione di Hegel: Wesen ist was gewesen ist: La mia essenza è al passato, perché questa è la definizione della morte.

Finché ho vita, sarà il futuro a dirmi il senso del mio passato.

Da: Il corpo – Umberto Galimberti – Feltrinelli

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Corpo

Mal di schiena, il rimedio per guarire a volte può essere (anche) la psicoterapia

Mal di schiena, il rimedio per guarire a volte può essere (anche) la psicoterapia https://www.corriere.it/salute/neuroscienze/cards/mal-schiena-rimedio-guarire-volte-puo-essere-anche-psicoterapia/interventi-non-farmacologici_principale.shtml?&appunica=true&app_v1=true

Sembra incredibile che ancora venga così sottovalutato il peso della psiche nella cura del malessere fisico.

Questo articolo, letto stamattina su Corriere Online, dà ragione a quanto, con fatica, ho detto ieri a un familiare di una persona che soffre di mal di schiena, con ripercussioni gravi sul normale stile di vita. Non cammina da una decina di giorni e sta chiuso nel suo appartamento imbottendosi di pastiglie e cerotti.

Ho già scritto settimana scorsa sulla psico-somatica. Noi non siamo solo ossa articolazioni muscoli organi, cioè corpo. Noi siamo anche cervello e cuore: emozioni e psiche.

Ieri parlando con questa persona – e sottolineando la parte psicologica di cui tener conto nel processo di guarigione – mi sembrava di essere una aliena. Come se parlassi una lingua sconosciuta. Il familiare della persona malata mi diceva: Ma se sta male va curato dal medico. Cosa c’entra la psiche?

Cosa c’entra? A volte molto. Moltissimo. Nel malessere fisico una persona si può “cullare all’infinito”. E i medici ci vanno a nozze proponendo cure su cure. Cortisone miorilassanti Voltaren e via dicendo.

Così il circolo depressionario si auto-alimenta. Non sto bene, faccio fatica a camminare… quindi mi rinchiudo a casa. Esco con la stampella. Non vado più a fare la spesa e mi faccio accudire. Non prendo il sole. Non sto all’aria aperta. Sono malato. Farò ozonoterapia dopo un mese di cura, sperando che funzioni…

Forse in questo mese di cura farmacologica affiancare una seduta a settimana di psicoterapia avrebbe dato risultati migliori.

Occorre sempre chiedersi: A quale scopo?

Cosa ci porta la malattia? Qual è la causa dell’insorgenza di un disturbo. A cosa ci conduce la malattia e come possiamo uscirne. Se vogliamo uscirne.

Come sempre va considerato” l’anche”. Mai il “solo”.

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Psicosomatica

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Corpo

I messaggi del corpo

“… consideriamo la somatizzazione non come una malattia, ma come un linguaggio, possiamo dire che quando determinate circostanze rendono difficile o impossibile la diretta espressione verbale, l’individuo per comunicare non ha altra possibilità che ricorrere, come i bambini che ancora non sanno parlare, all’espressione somatica.

Non c’è dubbio che fenomeni quali la paralisi, le cecità, le sordità isteriche sono eventi che parlano da soli in termini più chiari di quanto non sia il ricorso alla parola che, in determinate circostanze, risulterebbe inascoltata… “

Questo Umberto Galimberti nel tomo dedicato al corpo.

Paralisi= non posso o non voglio muovermi, cecità = non voglio o non posso vedere, sordità = non posso o non voglio ascoltare.

Alcune persone creano una malattia come linguaggio perché non possono comunicare il loro vero bisogno sotteso. La malattia esiste, ma su uno strato sotteso che occorre identificare.

Intesa come linguaggio, la somatizzazione non è l’inganno di un malato di mente, ma l’estremo tentativo di un individuo incapace altrimenti di farsi ascoltare.

(…) sotto questo profilo la somatizzazione non è una malattia, ma un semplice mutamento linguistico allo scopo di orientare diversamente le azioni di chi ascolta.

Cosa posso dire a una persona con acuto malessere? Smettila? Cosa posso dire a una persona che non cammina? Muoviti?

L’individuo bisognoso di attenzione e cura, come un bambino, attraverso la somatizzazione ottiene quello che non può ottenere da sano: cura ascolto aiuto. Oppure, attraverso la malattia, può evitare incontri appuntamenti impegni che gli creano conflitto stress paura…

La comunicazione indiretta della somatizzazione (sto male) permette all’individuo di proteggere la propria dignità e il concetto di sé.

In una società che accetta le malattie dell’organismo, ma molto meno i problemi dell’esistenza, l’unica via praticabile resta quella di esprimere in termini di malattia somatica i propri problemi personali.

In questo delicato periodo della nostra epoca invece di curare l’organismo corpo nella catena di montaggio degli ospedali e dei centri di cura, smontando un pezzo radiografandolo analizzandolo pesandolo come parte a sé, sarebbe – a mio parere – opportuno affiancare, e talvolta sostituire una seria procedura di analisi e terapia psicoanalitica. Solo così : attraverso l’uso della parola un buon professionista può sgrovigliare l’intricata matassa del sintomo e della somatizzazione e sciogliere il malessere. Che è innanzitutto un malessere comunicativo.

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Corpo

Perdersi nel corpo dell’altro


In questo lungo periodo pandemico anche la sessualità ha vissuto una crisi. Per molte persone c’è stata una caduta della libido. Per questo ripropongo queste riflessioni sul tema sessuale.


Il corpo, come la mente o l’anima di un Altro, è un luogo nuovo da scoprire.

Non sa ” vedere ” il corpo di un altro chi lo usa in modo per-verso solo per il suo piacere.
Non sa incontrare il corpo di un altro chi lo seziona e ne considera solo una piccola parziale parte.
Le puttane non baciano, sanno che del loro corpo interessa solo la parte genitale, l’affettività è fuori.

Chi desidera l’altro svela, ritrova, conosce e percepisce il corpo dell’altro con rinnovato piacere.


Nel desiderio dell’altro è infatti segretamente custodita la possibilità per il mio corpo di trascendersi.
Allora il corpo si fa carne, ma non con la freddezza di chi si sta appropriando della carne dell’altro, ma con l’esitazione di chi sente la sua identità in pericolo.

Entrando nella stanza di Eros chi ama perde se stesso nelle braccia dell’altro e perde il controllo della vita nel piacere orgasmatico.

Se trascendersi è valicare la propria solitudine, non mi è dato sapere ciò che sarò nella carne dell’altro, ma certamente non sarò più ciò che sono. La mia identità in pericolo rende il mio corpo esitante, maldestro, insicuro, non per imperizia ma per la vertigine che accompagna la scoperta di quegli aspetti di me che solo l’altro può svelarmi.


Nella mia esitazione c’è il dramma di ogni trascendenza, che consiste nel sapere qualcosa di sè per dono dell’altro.

– Ma tu perché non ami il bacio?
– Non lo so.
– Ma nelle esperienze passate ti piaceva baciare?
– Non ricordo.

La barriera comunicativa è difesa strenua del proprio Io. Non voglio dirti, non voglio comunicare condividere ricordare capire. Non voglio svelarmi. Mi accosto a te senza vertigine. Mantengo saldo il mio essere, la mia identità. Tu per me sei una senza nome.

Chi non vuole correre il rischio di sapere qualcosa di sè per dono dell’altro, conosce l’amore non come nuovo modo di essere, ma come un antico modo di avere.


Deciso a non trascendersi e a non giocare la propria identità nell’incontro con l’altro il corpo non conosce quella passione che è patire l’altro perché il suo modo di esprimersi è quello dell’azione che desidera solo appropriarsi della carne dell’altro.

La passione è patire l’altro. Entrare e perdersi nella carne dell’altro, perdere i propri confini.


Chi non prova passione, utilizza solo il corpo altrui come strumento per ottenere il proprio piacere. Così come si utilizza uno spazzolino per lavarsi i denti, un’automobile per spostarsi, un aspirapolvere per pulire i pavimenti.

– Che differenza c’è tra la masturbazione e questo toccarci?
– La differenza è che sento il tuo piacere e si amplifica il mio.

Nell’azione senza passione la carne dell’altro appare in tutta la sua o-scenità perché è distrutta la scena dell’amore.


Carne-fice è chi distrugge la scena, chi scioglie il corpo dell’altro dalla situazione che voleva esprimere fino a ridurlo all’inerzia passiva della carne.


Invece di sentirsi trasceso dall’incontro con l’altro, il carnefice incontra l’altro per affermare la propria intrascendibilità; gli fa gustare la sua carne per obbligarlo a sentirsi solo carne; riproduce incessantemente lo schema vuoto del desiderio che nella carne trascesa del partner assapora la propria solitudine.


Il carnefice affoga il corpo altrui nel mondo del suo privato desiderio.

C’è gioia, serenità, pace, appagamento dopo un incontro sessuale con un carne-fice?
L’unione si cementa o si annienta? Cresce o si fossilizza?
Il desiderio cresce? L’incontro è incontro?

Il desiderio quando è voluto per se stesso, porta con sè la sua sconfitta.
Allontanando la passione per l’altro, per divenire solo azione sulla carne dell’altro, il desiderio che desidera solo se stesso non riesce mai a trovarsi a contatto con un corpo, ma sempre e solo di fronte a una carne.


È un piacere indiviso perché non condiviso. È un compimento che non lascia sulla pelle, sulle labbra il sapore dell’altro, ma porta con sè solo il sapore della fine.


Un gioco di morte invece che un gioco d’amore; un gioco di solitudine dove lo spazio per la con-versione all’altro è stato derubato dalla propria perversione.

Perverso è ogni amore che si vive senza reciprocità.

Le parti in corsivo sono liberamente tratte, sintetizzare da : Il corpo – Umberto Galimberti


Uno di quei libri la cui lettura consiglio caldamente a tutti. Anche a chi non ama la filosofia.

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Attimi Corpo

Coccolarsi per stare meglio #coronavirus

https://video.repubblica.it/dossier/coronavirus-wuhan-2020/belgio-arriva-il-compagno-di-coccole-per-resistere-al-lockdown/370942/371550?ref=RHLF-BS-I270681290-P3-S10-T1&videorepmobile=1

È stato ribadito ieri sera a Otto e mezzo dalla scrittrice Michela Murgia: non rimaniamo fermi all’idea di famiglia degli anni cinquanta. Meglio pensare anche in vista delle feste natalizie a un compagno di coccole.

Il video e l’articolo lo avevo già letto ieri su Repubblica. Mi pare una buona idea. Le immagini davvero drammatiche di questi giorni riportano corpi intubati accatastati dimenticati morti… Non dobbiamo mai dimenticare che noi non siamo solo corpo siamo anche mente anima spirito affettività emozioni sentimenti.

Ho già scritto diverse volte circa l’importanza del contatto dell’abbraccio, delle coccole. Toccarsi baciarsi accarezzarsi coccolarsi tenersi stretti in questo periodo di distanziamento è importantissimo quanto cibarsi.

Aumenta quelle sostanze chimiche che aiutano il sistema immunitario.

Quindi ben venga un compagno di coccole. La solitudine è ancora più terribile in questo momento. Un massaggio un bacio una carezza può davvero darci il calore che ci manca.

In mancanza di un compagno di coccole io ho preso un gatto. Non vedo l’ora di coccolarlo e ricevere in cambio tante coccole… Mancano una ventina di giorni al suo arrivo…

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Amore Corpo

Corpo e parola nel tempo del Covid

https://video.repubblica.it/cronaca/sesso-e-covid-recalcati-corpi-lontani-e-parlando-che-si-fa-l-amore-sito/369385/369969?videorepmobile=1

Proprio ieri ho ripreso in mano un tomo che, per la densità del contenuto, leggo a piccole dosi: non semplice: Jacques Lacan – Desiderio, godimento e soggettivazione – Massimo Recalcati – Raffaello Cortina Editore

Stamattina ho trovato questa riflessione di Recalcati, psicoterapeuta lacaniano, che mi pare offra due interessanti punti:

Semplificando e sintetizzando quello che ho letto ieri:

La soddisfazione dell’uomo non è riducibile alla mera soddisfazione dei bisogni primari, naturali, animali.

L’uomo è dotato di linguaggio che segna proprio la frattura, il salto tra bisogno e desiderio.

La soddisfazione del bisogno è determinata da una urgenza del corpo che sospinge alla scarica immediata della tensione. Ho fame: mangio. Ho sete: bevo. Ho voglia: mi masturbo. Ho freddo: mi copro.

La domanda nell’uomo è però domanda non di qualcosa, ma di qualcuno. Non di un oggetto, ma della presenza dell’altro.

L’uomo ha desiderio, non bisogno, di un essere incarnato, che sia reale, che sia un essere vivente.

La domanda d’amore esige l’incontro con un Altro incarnato, con la soggettività dell’Altro.

Nel link riportato, Recalcati dice che la pandemia ha acuito l’ambiguità del nostro rapporto con l’Altro:

Il Covid è una specie di laser che ha messo a fuoco in modo spietato una difficoltà nelle relazioni strutturale: quando noi incontriamo l’Altro, quando un uomo incontra una donna, l’Altro da una parte si configura come un oggetto desiderato, noi come esseri umani viviamo grazie a un incontro, la vita umana è nulla senza l’Altro.

Ma, al tempo stesso, l’Altro porta sempre con sé un elemento di perturbazione del mio equilibrio, del mio ordine, della mia stessa vita.

L’Altro è un principio di destabilizzazione, in questo senso è una minaccia.

Il Covid ha amplificato, ha radicalizzato questa ambivalenza che caratterizza strutturalmente le relazioni.

Io ho bisogno dell’Altro, ma al tempo stesso devo tenere l’Altro a distanza, per non cadere nella dipendenza, per non cadere in un legame che poi soffoca la mia libertà…”

Sicuramente questo periodo ha messo a dura prova i rapporti di coppia. Questa ambivalenza, di cui parla Recalcati, il bisogno dell’Altro e la minaccia alla mia libertà che l’Altro comporta è stata messa a dura prova dalla stretta convivenza, dalla assillante condivisione degli stessi spazi senza le usuali vie di fuga nel periodo del lockdown, dalla crescita di malessere emotivo con un carico di ansia notevole. Solo le relazioni davvero solide sono passate al vaglio di questa dura prova.

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Anima Bellezza

Aiutati che…

Immagine fotografica di Eletta

Aiutati che il ciel ti aiuta. Non so perché mi è venuto in mente questo detto. Forse perché sto facendo un serio lavoro di riequilibrio. Sono sostanzialmente piuttosto scettica relativamente a tutte quelle teorie diciamo new age. Ma, talvolta, accadono strane coincidenze perturbanti che, come minimo, fanno pensare.

La domanda fondamentale è: a quale scopo?

Perché proprio ora e non prima accadono incontri letture meditazioni ad hoc? Cosa devo cogliere qui e ora?

Non è facile assecondare una trasformazione, lasciarsi andare al flusso del cambiamento. Sorgono diverse resistenze.

C’è un libro che avevo già letto anni fa che prepotentemente è tornato. Alcuni messaggi prendono sentieri diversi finché arrivano. Vedremo cosa ha da dirmi di nuovo, forse perché nuova sono io.

Il tema fondamentale sul quale sto riflettendo è: qual è lo scopo della mia vita. Qual è il senso di Eletta Senso nell’Universo ( e della donna che ci sta dietro ).

Un altro tema è: come trovare benessere in tutto ciò che faccio. Come stare bene. Come togliersi da tutto quello che mi provoca male.

Sono qui nella mia nuova casa tra i monti a cercare di capire perché sono qui. Tenendo conto che, come si sarà capito leggendomi e guardando le mie fotografie, sono davvero felice di questa scelta perché anche fare due passi per buttare la spazzatura qui significa riempirsi gli occhi di bellezza, ma in origine la scelta aveva un diverso obiettivo e scenario e percorso che non includeva solo me.

Ora sono qui da sola a capire a quale scopo i venti direzionali mi hanno spinto fin qui. Qual è il mio senso qui e ora in questo nuovo ambiente.

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Corpo Emozioni

Dare ricevere

Immagine fotografica di Eletta

Uno dei postulati della pragmatica della comunicazione è che non si può non comunicare.

Comunichiamo anche con il silenzio, comunichiamo con tutto il nostro corpo e anche il corpo, attraverso i sintomi, comunica per noi.

Prendiamo un grande tema della vita: dare e ricevere. Il nostro essere corporeo quotidianamente celebra questo tema che si esplica attraverso un movimento che va dall’interno verso l’esterno: dare, e attraverso un movimento che va dall’esterno verso l’interno: ricevere.

Questi movimenti consentono di assolvere importanti funzioni vitali quali l’inspirazione e l’espirazione, l’ingestione di cibi e l’evacuazione, l’assunzione di liquidi e la sudorazione…

Il dare e ricevere è presente anche nelle funzioni relazionali: porgere, prendere, attirare, allontanare, avvicinare, comunicare o silenziare, accarezzare abbracciare o respingere.

Può accadere, per varie situazioni di squilibrio tra questi movimenti, che accada un blocco per accumulo emotivo. Continuiamo a dare dare dare senza ricevere? Abbiamo paura a dare per traumi relativi al ricevere? Siamo contratti, tesi, non riusciamo a respirare con un corretto ritmo tra inspirazione/espirazione? Non riusciamo ad abbracciare, aprire il nostro essere corporeo verso l’esterno: teniamo sempre le braccia incrociate chiuse sul petto a protezione e difesa? Non guardiamo in viso il nostro interlocutore mentre ci parla? Ci chiudiamo a riccio invece di aprirci?

Quando l’accumulo emotivo è alto può crearsi un blocco fisico. Perdiamo le forze, le nostre funzioni vitali mancano il ritmo normale, ci ammaliamo.

In Oriente ci sono scuole di respirazione in cui si impara a regolare la propria respirazione sul ritmo cardiaco. Respiro e cuore pulsando in sintonia permettono un equilibrio nel dare/ricevere.

Ho già scritto precedentemente del dare/ricevere nell’atto del mangiare ( I Ching ). Per mangiare compiamo movimenti che vanno dall’esterno verso l’interno. A volte questi movimenti non servono a soddisfare il solo bisogno reale di fame.

Si può mangiare troppo per compensare un ricevere non soddisfatto, e – al contrario – si può mangiare poco o niente per sottolineare, come nel caso dell’anoressia, una mancanza di amore ricevuto. Quando il corpo diventa trasparente per l’altro, il corpo si assottiglia.

Il tema del dare/ricevere è un tema fondamentale del vivere.

Saper regolare il ritmo dono dato/ricevuto può permetterci di stare meglio.

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Corpo Parole Sessualità

Carne – fice

Immagine grafica di Eletta

Uno degli aspetti che amo delle parole è l’etimologia. Il significato recondito dovuto all’etimo, alla radice, alla genesi e sviluppo. Spesso non pensiamo a cosa si nasconde in una semplice parola. Come in questo caso: non avevo mai veramente fatto caso che in carnefice ci fosse questo sottostrato: carne e fice.

La sessualità non è la carne, è il desiderio. Ciò a cui tende non è l’eiaculazione, ma è l’incontro con l’altro, perché solo desiderando l’altro o sentendomi oggetto di desiderio altrui, io mi scopro come essere sessuato.

Carnefice è chi distrugge la scena

Chi scioglie il corpo dell’altro dalla situazione che voleva esprimere, dalle possibilità che lo circondavano, fino a ridurlo all’inerzia passiva della carne.

(…) il carne- fice gli fa gustare la sua carne per obbligarlo a sentirsi solo carne“.

Umberto Galimberti – Il corpo