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Casa Luoghi

Richiesta del giorno

Scrivi della casa dei tuoi sogni.

Nel mio periodo orientaleggiante: filosofia zen, meditazione e via dicendo, un compito era proprio quello di immaginare la casa dei propri sogni.

Allora stavo con il Principe così – da buon narcisista – amava auto nominarsi. Avevamo visto una dimora seicentesca sul lago con una torretta e un parco che digradava fino alla darsena privata. Salendo in torretta lo sguardo si apriva a trecentosessanta gradi con una vista mozzafiato su tre laghi. Un open space tutto vetrata.

Ecco: quella era la casa dei miei sogni. In quel periodo mai avrei pensato che dopo più di un decennio io, finalmente, avrei avuto un’altra casa dei miei sogni, ma in montagna.

Ho sofferto ai tempi quando il Principe non l’ha voluta comprare: quella del lago. Ora a distanza di tempo sono molto contenta di aver trovato questa altra dimora in montagna senza principi annessi.

Per chi crede nella Legge dell’attrazione io ho avuto quello che ho voluto. Solo in un tempo diverso e in un luogo diverso.

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Casa

Risistemando i libri

Prendo, riprendo, il loro corpo morbido vellutato rigido colorato bianco niveo ruvido caldo – fra le mani.

Prendo il loro corpo e scelgo, riscelgo, un luogo adatto – uno accanto all’altro, uno sopra l’altro perché si parlino sottovoce nella notte.

Uno – non ricordo mai di averlo aperto nella carne tenera finché non vedo il mio segno – m’ha detto: prima notte nella nuova casa. Quattro anni fa. L’altra casa dove li ho presi accarezzati e posti vicini.

Sono distesi dormienti sulla panca e sanno già di fumo del fornetto. Piano piano verranno presi – ogni corpo un ricordo.

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Casa

Mangiare vicino

Mangiare vicino al fornetto è un’esperienza davvero nuova. La data incisa nel fornetto in pietra è 1809 ma la casa risale al ‘500.

Per caricare il fornetto ci vuole molta pratica. Se si impara rende calore tutto il giorno. La fiamma è dentro la pietra e la pietra la rende all’ambiente.

Il tavolino è a discesa. Se non serve sta attaccato al muro come un geco e non si fa notare.

Ai tempi tutta la vita della casa si racchiudeva in questa stanza col fornetto che dava calore nel clima rigido della montagna. Un signore che ha vissuto in questa casa molto tempo fa mi ha detto che dormiva su questo tavolino. Un altro mi ha detto che dopo essere stati fuori nella neve il posto più ambito per scaldarsi era tra il fornetto e la parete. Mi ha anche detto il nome di questo caldo posticino ma non ricordo per via della lingua…

Tutta la stanza era in legno e si chiamava stube. Qui, purtroppo, il soffitto è stato strullato per dare più luce. Ma, a mio parere, ha tolto il fascino del legno.

In questa casa tipica walser tutto è basso e piccolo, proprio per mantenere il calore. Piccole finestre (anche se con doppi vetri) e soffitti bassi.

Piano piano vi svelerò gli angolini tipici di questa mia antica nuova casa.

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Casa

Finestre

Le finestre sono lo sguardo di una casa e celano gli sguardi. Dietro le tende i vicini annotano ogni movimento arrivo partenza novità per riempire i taccuini invernali quando accanto al fuoco si ricamano i racconti.

Le finestre sono sottili membrane osmotiche tra l’interno – intimo – e l’esterno – sociale esposto.

Come nel film di Hitchcock: “La finestra sul cortile”, chi osserva fa in modo di guardare l’esterno senza essere visto. Si nasconde nella penombra si rintana si occulta. Ma gli occhi colgono – attenti e scrutanti – ogni dettaglio. Lei è uscita ha preso l’auto è filata via troppo presto o troppo tardi. Le domande si infilano come perle facendo ghirlande interrogative. Perché lui non c’è. Perché le persiane sono aperte o chiuse. Chi è quella persona mai vista che bussa.

La finestra si veste con tende setose creando un gioco di vedo/non vedo un poco intrigante e seducente.

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Casa

Il sole in casa

Io amo la mia casa perché è la mia casa. Perché ho scelto da sola ogni pezzo arredo tappeto ramo e fiore. Ogni quadro e cuscino. L’ho voluta calda e accogliente. E anche un po’ originale con le cataste dei libri per terra e il disordine creativo.

Ieri insieme a un’amica ho spostato il tavolo di marmo in cucina e ho aperto tutte le dodici finestre.

Da qualche giorno è arrivato il sole a baciare il divano e la zona musica. Il sole è mancato per mesi ( siamo sotto la vetta ) e ora che è arrivato aggiunge luce e colore.

Ho comprato una orchidea magenta. È entrato così il mondo vegetale. Ieri timidamente è entrata la gatta rossa: non si fida ancora di me, ma l’ho nutrita e tornerà. Così è entrato anche il mondo animale.

Attorno alla mia casa vi sono stupendi felini dal pelo lungo e morbido. Amo l’eleganza dei gatti e la loro flessuosità. La suprema indipendenza. Lo strofinarsi un attimo in cerca di carezze e poi andare.

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Casa Coppia

Due case

Come scrivevo in un commento, sto vivendo una scelta di coppia abbastanza insolita: vivere in due appartamenti diversi invece di con-vivere nello stesso.

La scelta apporta dei vantaggi: ciascuno dei due partner ha la possibilità di avere momenti di condivisione e dei sacri momenti di privacy intimità solitudine e libertà.

A me piace molto questa soluzione. Negli anni precedenti ho vissuto nell’appartamento di sopra con il mio partner. Ne ho sofferto. Come cercavo di spiegargli oggi: suoi i tempi, sue le scelte, suoi i ritmi… a cui io dovevo adeguarmi.

Lui dormiva? Io stavo con il suo cane ad attendere che arrivasse il “padrone”.

Facevamo una passeggiata? Ero io che organizzavo il pranzo al ritorno, prevedendo già la sera precedente l’occorrente.

Avevo interamente sulle mie spalle la cura della casa.

Non ho mai ricevuto un semplice grazie per tutto quello che fai per me.

Quindi, ora che ho un mio spazio privato: la mia casa, io sto veramente bene. Adoro la mia nuova casa e faccio in modo che sia pulita e accogliente. Gestisco la mia spesa. Gestisco il mio tempo libero.

Questo non toglie i momenti condivisi con il partner: un pranzo, una passeggiata, una salita ad alta quota. Una sciata. Un momento di gioco insieme.

Il mio compagno non vive bene questa scelta. È diventato più arrogante. Più distante. Più freddo. Quando eravamo insieme cercava di sciogliere velocemente i litigi. Ora no. Ora i tempi si allungano. La distanza diventa siderale.

Gli ho chiesto perché. Non è forse perché gli manca la cura, la cura che qualsiasi donna – quasi istintivamente – ha per la casa? Lui ha più difficoltà di me nella organizzazione e nella previsione. È pigro, indolente.

Sta di fatto che sento una sotterranea rabbia.

Gratta sotto la superficie- gli ho detto. Cerca di capire perché. Cosa ti manca davvero. Non è semplicemente il “servizio della donna”?

Non ti manco io perché ci vediamo ogni giorno. Normalmente pranziamo insieme. Quando ci va stiamo insieme di pomeriggio. Normalmente la sera ciascuno sta solo, ma nulla vieta di fare diversamente, se si ha voglia.

Che strano: sembra che la scelta – questa scelta – non sia stata decisa insieme. Forse lui pensava che io prendessi servizio sopra e sotto ( lui sta sopra, io sotto nella stessa bella casetta ). Forse non ha capito dopo tre anni che non sono sua moglie e non ho il DNA della casalinga. Non sono una cuoca né una colf. Sono una donna che ama essere amata. Che io sia sopra o sotto.

( p.s. Il pensiero filosofico del mio compagno è: ma chi me l’ha fatta trovare una donna così? )

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Casa

Sorella

È sempre molto complicato vivere per insicurezza paura angoscia. L’ombra cupa delle parole vaticinanti. Le forme eruttive degli avi che ti pre-dicono e pre-formano. Cattiva bambina che hai tirato i capelli alla nonna. La madre arrivava alle sei a prendere il pacco rosa.

Sono cresciuta nella costante danza di annientamento del casolare con i manzi pronti al macello. Forse l’odore di sangue mi ha cresciuta selvaggia e fiera. Con denti aguzzi di ribellione estrema. In cerca d’amore.

Le bambine erano vestite sempre uguali: ci credevano gemelle. E io non capivo da quale meteorite fosse caduta quella che mi dicevano sorella. Detronizzata dal trono di figlia unica lo ero già stata dopo la nascita del principino. Da prima ero diventata seconda per importanza: perché il cucciolo maschio andava accudito. Quindi eravamo due. Con due genitori.

Poi a quattro anni è arrivata lei e ci hanno vestite sempre uguali: stessa gonna camicia cappellino e cappotto. Mia sorella la chiamo La Santa. Tanto diversa da me: così priva di noia risentimento rabbia. Sempre pronta a servire accudire: pulire le scarpe di tutti la sera china ai piedi della scala marmorea nera. Pronta a mangiare la pera meno sana a tavola la sera. Ho fermato una pazza che la inseguiva con le forbici aperte per salvarla.

Forse è l’aver forzato l’uguaglianza di apparenza ad averci reso così diverse poi.

Io navigo nelle tempeste mentre lei tiene sommerse le maree. Possiede una tolleranza paziente. Non conosce le acrobazie mentali e l’attrito o la fusione degli ossimori. Conosce la lenta tessitura del telaio. Tiene insieme i cari nelle oscillazioni temporali.

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Casa

Serenità

Felicità è una parola grossa. Ma da qualche tempo io mi sveglio felice, o quantomeno serena.

Mi piace stare nella mia nuova casa. Finalmente mi sveglio tardi dopo sane ore di sonno. Quando ero di sopra mi svegliavo presto per l’uso del bagno, salutavo il cane con un pat pat sulla testa, alzavo il riscaldamento in modo che il “signore” si alzasse con la casa calda. Poi, dopo due o tre ore il signore si alzava. D’estate stavo in terrazza col cane a prendere i primi raggi del sole a volte fino alle dieci. Poi lui appariva.

Tutto torna. A volte rovesciato. Ora il signore si alza prima di me perché il suo amico cane lo sveglia e non c’è nessuno a curarlo. Ora il signore si sveglia al freddo e tocca a lui alzare il termostato finché la casa si scalda.

Nella mia nuova casa ho un sistema che avvia la stufa alle sei, così quando mi sveglio alle otto la casa è già calda e posso andare in giro mezza nuda.

Non sono mai stata ringraziata, ai tempi, per aver fatto quelle piccole silenziose cose che hanno permesso al signore di dormire fino a tardi tranquillo. Anzi, mi è stato detto più volte che sono stata “ospite” in una casa pagata da lui.

Ora la mia casa la pago io.

Il signore, finalmente, paga la primitiva mancanza di gratitudine.

Nella vita, prima o poi, tutto torna.