Serve il disordine

Per fare ordine, serve il disordine.

Facendo ordine si trovano cose perdute nel tempo passato, remoto. Non sempre si sa dove collocarle. Non sempre hanno un senso. Rimangono come frammenti sospesi sull’acqua, trasportati lontano dalle correnti.

Così è per questi tre piccoli biglietti azzurri. 

Così è per quello che c’è scritto. 

Forse non doveva ” sentire “, eppure.

Aveva messo il cellulare sulle lenzuola e aveva atteso.

Alle venti aveva detto. Si era accesa una sigaretta e aveva ripassato mentalmente quel che doveva dire.

L’altro era apparso in chat: di sabato, quando stava al guinzaglio.

Era proprio vero il principio: più ti allontani più ti cercano.

Gli aveva comunicato bruscamente che la storia – non ancora iniziata – era già finita. 

– Io sono fatta così- gli aveva detto quando lui l’aveva inseguita con la massa scura lucente.

Lo vedeva attraverso il ghiaccio sul vetro.

Pigramente aveva grattato il gelo, ma non troppo… e ora lui arrivava.

Di lui aveva solo un nome e un cognome che slittava via come uno schettino dalla memoria.

Ogni volta che cercava di afferrarlo, scendeva veloce per il pendio.

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