Come capisci che è il momento di staccare? Cosa fai per realizzarlo?
Quando è il momento di staccare stacco. Per esempio lo smartphone e l’IPad vengono messi a nanna tutte le sere alle 20,30. Lo hanno detto spiegato e rispiegato che la luce azzurra fa male. Quindi. Un po’ di tranquillità con un buon libro o una buona trasmissione tv. E poi dormo.
Ho imparato nel tempo a prendermi spazi di relax e silenzio. Mi stacco da tutti. Sto da sola. Anche nel dolce far niente.
In modo totale. Impossibile non sentirne la carezza lieve sulla schiena, il suo essere sorella. Cara morte tu mi permetti la vita. Mi dai lo spirito. E la risata nei momenti felici. Lo stupore di un volo d’aquila. Il piccolo fiorire di un primo bocciolo. Solo perché tu sei, cara sorella morte, sempre presente nel mio cuore io posso gustare ogni secondo minuto attimo. Solo per il possibile cessare del battito e il nero del velo così improvviso del tuo rapirmi: io posso ora godere del respiro felpato della neve che scende, che copre delicatamente come lenzuolo bianco il mio sonno.
Nel primo giorno di questa inedita primavera – stagione in cui tutto rinasce – una riflessione relativa al binomio vita/morte.
“Nel terzo libro della grande epica indiana, il Mahābhārata, uno Yaskșa, potente spirito, domanda a Yudhișțhira, il più anziano e saggio dei Pāņdava, quale sia il più grandedei misteri.
La risposta risuona attraverso millenni: <<Ogni giorno muoiono innumerevoli persone, eppure quelli che rimangono vivono come se fossero immortali>>.
“Io non vorrei vivere come se fossi immortale. La morte non mi fa paura. Ho paura della sofferenza. Della vecchiaia, anche se ora meno, vedendo la vecchiaia serena e bella di mio padre.
Ho paura della debolezza, dellamancanza di amore. (…)
Amo la vita, ma la vita è anche fatica, sofferenza, dolore.
Penso alla morte come un meritato riposo. Sorella delsonno, la chiama Bach nella meravigliosa cantata BWV 56. Una sorella gentile che verrà presto a chiudere gli occhi e accarezzarmi la testa.
Giobbe è morto quando era “sazio digiorni“. Espressione bellissima. Anch’io vorrei arrivare a sentirmi sazio di giorni e chiudere con un sorriso questo breve cerchio che è la vita.
Posso gustarne ancora sì
Ancora della luna riflessa sopra il mare
Ancora dei baci della donna che amo, della sua presenza che dà un senso al tutto
Ancora dei pomeriggi delle domeniche d’inverno, sdraiato sul divano di casa a riempire pagine di segni e formule sognando di strappare un altro piccolo segreto ai mille che ancora ci avvolgono…”
Questo scrive Carlo Rovelli nell’ultimo capitolo del libro: L’ordine del tempo. Un prezioso libretto la cui lettura consiglio a tutti.
Che altro aggiungere a parole così calde e sagge? Solo gli arroganti, che si credono immortali, non colgono questa quotidiana presenza della sorella del sonno per finalmente cambiare e cambiare in meglio, cambiare radicalmente i propri radicati egoismi. Per rinascere nuovi.
” Aristotele pensava fosse così. Se nulla cambia, il tempo non passa, perché il tempo è il nostro modo per localizzarci rispetto al cambiare delle cose: il nostro situarci rispetto al conto dei giorni. Il tempo è la misura delcambiamento: se nulla cambia, non c’è tempo”.
Stamattina desidero condividere con voi questa storiella.
Un re traeva grande diletto dal suo buffone di corte. Dopo una serata particolarmente piacevole, il re diede al buffone una borsa di monete d’oro e disse: – Non c’è alcun dubbio che tu sia il più matto del mondo!
Il buffone chinò il capo e disse:
– Vostra Maestà è molto gentile, ma io conosco qualcuno più matto di me.
Replicò il Re:
– Allora me lo devi far conoscere. Portalo qui!
– Non è ancora il momento, Vostra Maestà, ma a tempo debito ve lo farò conoscere.
Molti anni passarono. Il re si ammalò e i medici non riuscirono a curarlo. Si accorse anch’egli di star morendo. Era spaventato e atterrito e mandò a chiamare il buffone perché lo facesse divertire.
Il buffone arrivò e disse:
– Ah, Vostra Maestà, stavo giusto venendo a trovarvi.
– Davvero? Perché?
– Ricordate quando vi dissi che conoscevo uno più matto di me?
– Sì, disse il re e nei suoi occhi balenò una scintilla di vita nonostante le condizioni in cui versava.
– Ora posso presentarvelo, se desiderate.
– Sì, sì, presentamelo subito.
– Siete voi, Maestà. Avete sempre saputo che un giorno sareste morto, eppure non avete fattonulla per prepararvi a questo momento. Adesso siete spaventato e atterrito e non potete far nulla, perché siete debole e malato. Non sembra anche a voi di essere più matto di me?
L’emozione che danno le vecchie care fotografie è potente. Nulla a che fare con le fredde fotografie digitali.
Sto riordinando alcune scatole del trasloco che ho ammucchiato nella camera guardaroba della mia nuova casa. È uscito di tutto. Mi sono commossa.
Ieri ho lasciato per sempre la mia vecchia casa. Finalmente vuota. Ho lasciato le chiavi. Mi è stato chiesto se mi spiaceva. Ho risposto di no. Non ho mai nostalgia di quello che mi lascio alle spalle: persone o cose. Opero senza difficoltà il distacco: quando chiudo, chiudo.
Invece ora passando fra le mie mani centinaia di fotografie e bigliettini sono stata assalita da commozione. Per il sorriso di mia figlia piccola e per il mio sorriso di bimba ragazza donna. Per la bellezza di me con il pancione e con questo esserino in braccio. Per tutti i viaggi e le esperienze. Sorrido sempre. Anche nelle avversità che la vita a me, come a tutti, ha riservato.
Com’ero da giovane così teneramente bella. Forse perché oggi mi sento così disillusa. Forse perché non ricevo più bigliettini di amore, come quelli che mi sono passati tra le mani. Ti amo. Ti amo. Ti amo. Scrivevo e mi scriveva l’uomo che a turno mi è stato vicino.
Ieri dicevo all’ultimo: tu non sei innamorato di me. Perché non è possibile trattare male chi si ama.
Sono ancora innamorata di mia figlia, ormai grande: è il mio grande amore. Quello che rimane di tutto quello che ho vissuto è l’amore per mia figlia.
La tenerezza per lei piccola, per me piccola, per mia madre così giovane, per mio padre che non c’è più, per tutto quello che è stato inghiottito dal tempo mi ha commosso. Un vortice di vita passato sotto i miei occhi.
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