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Rallentare il ritmo

Siamo tutto il tempo di corsa. Tremila cose da fare. Quanto è importante rallentare il ritmo? E perché?

Semplicità volontaria significa recarsi in meno anziché in più luoghi in un giorno, vedere meno per vedere di più e meglio, far meno per fare meglio, acquisire meno per avere di più. (Kabat-Zinn)

Se penso a quante inutili cose ho acquistato e a quanto ho buttato. Ora fare meno è anche un principio ecologico: prendo un solo capo di vestiario puntando sulla qualità invece di prendere cento vestiti di plastica… Evito di riempire il frigo con cibi che in parte butterò. Invece di salire in vetta per mettere la bandierina e i manifesti, faccio un percorso lento assaporando ogni visione. Ogni attimo.

Rallentare i ritmi significa anche essere ecologici. Meno e non più. È praticare una ecologia della mente ricordando che siamo tutti interconnessi e ogni nostra scelta ha cadute di ampia portata sull’ambiente.

Ci sono persone che non sanno stare fermi. Semplicemente fermi. Senso di colpa dovuto a una educazione dove produrre fare e consumare è l’imperativo.

Si pensa di far tacere l’ansia buttandosi in tremila attività fuori di noi. Forse bisognerebbe semplicemente stare fermi. Sentire tutto anche il nostro mal-essere stando semplicemente in presenza di quello che capita. Allenarci alla semplicità, al meno invece di più.

Siamo tutti accumulatori seriali. Diamoci uno stop.

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Comunicazione in coppia


Ho partecipato a diversi corsi di comunicazione e ho letto i libri suggeriti dai relatori in particolare il testo base: ” Pragmatica della comunicazione umana” di Paul Watzlawick.

In questo testo vengono analizzate le modalità comunicative che differenziano la relazione simmetrica e quella complementare.

Tutti ambirebbero ad avere una relazione simmetrica sana: i partner sono sullo stesso piano egualitario, c’è rispetto e ascolto.

C’è empatia e simpatia come capita in una relazione amicale.

La maggior parte delle relazioni, purtroppo, sono meno sane. Accade quando uno dei partner vuole porsi sopra il livello dell’altro. Rifiuta il piano egualitario.


Le frasi tipiche sono: ” Io sono migliore di te: corretta, tu sei scorretto” “Tu non capisci nulla” e via dicendo. In questo caso è difficile non sfociare nel conflitto che porta alla rottura finale.

Uno e l’altro si fronteggiano come su un campo di battaglia, nessuno abbassa le armi.

Poi c’è la relazione complementare.

Uno dei partner sta sopra ( posizione one- up ) e l’altro sta sotto ( posizione one-down ). I ruoli sono definiti e l’equilibrio funziona finché ciascuno accetta e mantiene la sua posizione.

É il caso di un maschio dominante arrogante prepotente egocentrico che si completa con una donna zitta sottomessa impaurita debole.

Tutto funziona finché ciascuno accetta il suo ruolo e il ruolo dell’altro.

La crisi arriva se la donna in posizione one-down si ribella, non sopporta più il comando e il potere dell’altro. Non sopportando più rifiuta la sua autorità e fugge, per esempio, tradendo.


Pertanto la relazione rimane sana, non produce conflitti, finché ciascuno accetta la propria posizione e ci sta bene. Ci sono donne che amano fare le geishe.

La situazione funziona anche al contrario : ci sono uomini che amano essere guidati da una donna forte ed assertiva. Non sempre infatti chi è sopra é l’uomo, può essere benissimo una donna.

La relazione va in crisi quando chi sta sopra tende a chiudere sempre più gli spazi di autonomia dell’altro imponendo ordinando decidendo fino a soffocare il partner in spazi sempre più angusti e stretti. Se manca il respiro e l’aria il partner sotto – prima o poi – cercherá aria altrove. Subentra la crisi. La relazione si rompe.

Ciascuno di noi vive una relazione simmetrica sana o patologica, complementare sana o patologica, l’importante é saper mantenere un equilibrio.


Saper creare giorno dopo giorno un rapporto equilibrato é il compito più arduo di una coppia.


Rispetto, ascolto, gentilezza amorevole, tener conto dei bisogni dell’altro e non solo dei propri, empatia e compassione, attenzione… Aprirsi dire raccontare comunicare.

Queste alcune parole chiave da tener sempre presenti e da mettere in campo attraverso azioni e scelte quotidiane.

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Finalmente una sdraio

Sembra incredibile che si possa gioire per una sdraio ma – per la pandemia – questo piccolo piacere mi è stato negato per due anni.

Stamattina, finalmente, dopo la colazione mi sono potuta sdraiare a contemplare il lago. Meraviglioso.

Mi rendo conto che io sono una delle poche persone che sa vivere. Eliminando ogni piccola noia inutile, tanto c’è già la vita a regalarne a iosa, e godendo delle piccole gioie come una sdraio su un prato verde di fronte a un piccolo lago…

O come ora, seduta su un masso a dipingere massi…

Con i piedi nell’acqua gelida del torrente…

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Al di là

Al di là dei fraintendimenti – un articolo per essere divertente deve calcare i toni ed estremizzare – sono una donna piuttosto curata, che tiene al proprio aspetto fisico ed estetico.

Per questo sono ultrafelice se, a quanto leggo, c’è la possibilità di tornare in zona arancione per due motivi proprio estetici : primo posso tornare dalla parrucchiera, secondo posso tornare dalla fisioterapista.

Anzi: tre motivi. Posso tornare anche dall’estetista.

Questi tre appuntamenti mi sono davvero molto mancati. Farsi fare un bel massaggio al corpo con un olio profumato, alla testa con uno shampoo che rende i capelli più belli, avere qualcuno che si prende cura del mio corpo è davvero rinascere. Perché avere mani che ti toccano – in questo periodo asettico di distanziamento sociale – è finalmente avere delle parentesi di con-tatto. È darsi ben-essere.

Non so se avete notato quanto sono aumentate le pubblicità di ansiolitici… La fatigue da corona virus si supera anche con questi piccoli appuntamenti in cui ci si affida a mani professionali per avere sollievo non solo estetico, ma anche sociale.

Speriamo.

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Resilienza

In questo articolo si parla di resilienza trasformativa o rigenerativa per evolvere. Non basta saper affrontare gli eventi negativi flettendosi e adeguandosi, è bene utilizzare anche gli eventi negativi per evolvere. Fare un clic in più ne processo di individuazione.

https://27esimaora.corriere.it/il-tempo-delle-donne/20_settembre_06/resilienza-trasformativa-tempo-donne-2020-lezione-piante-reagire-crisi-810c6d4a-f047-11ea-9471-e3973f870fbb.shtml

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Gentil uomo

Gentiluomo è una parola che pare antica. Per me invece attuale e importante, proprio perché molti gentiluomini e cavalieri si sono persi per strada. Questo video mi pare un ottimo ripasso per chi ha perso cavallo e armatura…

https://youtu.be/tvBpecbdmxI

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Alla fine

Alla fine siamo tutti in cerca di un senso. Utilizziamo metodi e strumenti diversi, ma tutti tendiamo a un miglioramento della nostra vita.

C’è chi la riempie di cose, chi esplora il mondo – ora che pare ancora possibile intraprendere viaggi – e c’è chi il viaggio lo fa all’interno di sé.

In determinate fasi facciamo ora una cosa, ora l’altra. C’è stato un periodo in cui comprare acquistare cose oggetti vestiti borse mobili monili sembrava darmi una parvenza di felicità, anche se effimera.

Ora non mi interessa più. Possiedo tutto il necessario e non mi serve altro. Già il trasloco di un anno e mezzo fa mi ha costretta ad allontanarmi per sempre da molte inutili cose.

Finalmente ho trovato un luogo dove stare bene. Perché sono immersa la natura con le sue mutevoli forme. Ora mi interessa fare un viaggio dentro di me per togliere altri inutili orpelli che mi frenano e incastrano in schemi incrostati. Il percorso è impervio. Non facile. L’obiettivo è stare bene.

Come ho già scritto tempo fa occorre temprare il temperamento. Per farlo occorre lavorare seriamente sul proprio sé.

Il nostro sviluppo psicologico può veramente progredire soltanto se ci accettiamo quali siamo e se viviamo con il necessario impegno la vita che ci è stata affidata” – G. C. Jung

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Schemi

Immagine grafica di Eletta

Le nostre azioni secondo la psicanalisi e altre teorie e filosofie sono condizionate, secondo il buddismo invece sono intenzionali.

Sappiamo cosa significa agire inconsapevolmente quando siamo in preda a forti emozioni come la rabbia, o la vergogna, la gelosia o l’avidità. Le emozioni ci muovono come fiumi in piena.

Sappiamo però anche fare scelte volontarie, resistendo a impulsi e condizionamenti, e talvolta sappiamo decidere cosa è bene fare.

Spesso però agiamo seguendo schemi che sono radicati in noi da anni e anni e che non riusciamo a sciogliere.

Le caratteristiche di uno schema sono: l’automatismo, la risonanza, la cristallizzazione, e l’abitudine.

L’automatismo ci fa mettere una sorta di pilota automatico: facciamo quello che abbiamo sempre fatto senza spendere troppa energia. Come quando guidiamo l’attenzione è minima, sappiamo automaticamente quando scalare le marce o frenare.

Più uno schema opera più si potenzia.

Spesso non siamo consapevoli degli schemi sottesi al nostro modo di agire.

Per vederli occorre prendersi delle pause di riflessione. Occorre riguardare alcuni episodi dolorosi della nostra vita e chiedersi perché, a quale scopo noi ci siamo comportati così ogni volta.

Non è facile. Occorre sapersi porre in estrema attenzione e ri-vedere le situazioni che ci hanno dato dolore. Come ci siamo comportati e perché. Quale schema sotteso ci ha sempre guidato.

Identificare uno schema ci permette di smontarlo e liberarcene. Occorre essere forti e pronti alle ondate emozionali che uno schema e il suo nucleo emotivo apporta.

Il premio è comunque importante: cambiare e non ricadere più negli schemi reattivi, o se ci cadiamo almeno esserne consapevoli. Che non è poco.

Difficilmente siamo in grado da soli di “vedere” uno schema in cui siamo soliti cadere. Ormai fa parte di noi. È bene quindi farsi aiutare da un ottimo psicoterapeuta. Solo attraverso un lungo e faticoso cammino possiamo cominciare a smantellare le incrostazioni e liberarci per camminare più liberi e spediti.

Serve una forte tenacia e volontà. Se una persona non vuole modificare i propri schemi nulla servirà e nulla cambierà. Ripeterà all’infinito le modalità che la portano a vivere male.

La strada del ben-essere è faticosa perché comporta un costante e serio lavoro su di sé.

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Presenza

Immagine fotografica di L

C’è chi crede alla legge del karma. Vita dopo vita. C’è chi crede alla legge dell’attrazione. C’è chi crede in altro e chi non crede in nulla.

Nel post “Fermi” scrivevo dell’importanza della presenza senza distraenti. Cosa significa essere “presenti”? Anni fa non lo sapevo.

Vivevo facendo molte cose contemporaneamente. Ormai è assodato che noi donne riusciamo a fare più cose contemporaneamente. Non è sempre un bene, comunque è funzionale se si ha una famiglia: la cura della casa, del cibo, dell’organizzazione domestica, dei figli spesso sono ancora in mano alle donne.

Poi, tramite l’incontro con una persona e altre esperienze, ho imparato a fare una cosa per volta in presenza.

” Sedetevi per esempio a tavola e osservate cosa c’è nel piatto davanti a voi. Se arrivano pensieri o sensazioni fuorvianti riportate l’attenzione al cibo, fate esperienza dei colori, delle forme e degli aromi”.

Imparare a gustare il cibo sentendo e masticando lentamente ogni boccone è nutrirsi, non solo mangiare. A che serve preparare meravigliosi manicaretti se poi si trangugiano senza nemmeno gustarli? A che serve prendere dei costosi vini se poi non si assaporano?

La medesima presenza si può applicare nella camminata.

” Camminando, l’oggetto dell’attenzione è rappresentato dal camminare: il movimento del corpo, la sensazione dei muscoli che si contraggono, lo spostamento del peso da un piede all’altro, le immagini, i suoni e le altre impressioni sensoriali di cui fate esperienza”.

Non è facile essere presenti in queste semplici attività quotidiane.

Compiere un’azione lentamente è un sistema eccellente per educare l’attenzione nelle attività che svolgiamo con noncuranza.

Il risultato non è solo vivere al rallentatore, ma allenarci a vivere la vita nell’attenzione.

Questo chi può servire a stare in presenza in situazioni più importanti. Cercando di avere consapevolezza che è la conoscenza/coscienza di ciò che sta accadendo.

La stabilità nell’attenzione è chiamata presenza mentale.

La chiarezza nell’attenzione è chiamata consapevolezza.

Le parti citate sono tratte da: Risvegliati alla vita – Ken McLeod

” Tutti i mali del mondo derivano dal fatto che non siamo capaci di restare in pace dentro una stanza” – Pascal

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Passa ore serene

Immagine fotografica di Eletta

Passa ore serene – mi scrive un amico di penna, e non di pena. Ore serene. Bisognerebbe augurarle a tutti in questo momento così delicato e stressante. Una psicoterapeuta ha affermato che, in questo periodo di emergenza e quarantena e distanziamento sociale, le nostre emozioni sono amplificate per sette volte.

Sette volte la paura, l’ansia, la tensione, lo stress, la preoccupazione… magari non è per tutti così. Lo è per me. Mi sento tesa, nervosa, preoccupata. Perfino le normali attività mi vengono a nausea.

Il dovere etico, ma anche semplicemente umano – per chi è dotato di un minimo di consapevolezza e umanità – sarebbe quello di alleggerire.

Se si è in coppia una carezza e un abbraccio in più. Una gentilezza. Una cortesia. Se si hanno figli uguale. Essere migliori. Più tolleranti. Più pazienti. Più comunicativi. E saper giocare e inventarsi anche nuove attività insieme.

Parola magica: insieme. Purtroppo c’è già stata una giovane donna uccisa dal proprio uomo. Strangolata.

La stretta convivenza, con l’amplificazione dello stress, porta anche a fare del MALE.

Fare del male significa uccidere realmente o uccidere con le parole, con i comportamenti. L’indifferenza la mancanza di sostegno l’assenza comunicativa la tensione la negatività l’insulto in questo momento sono ancora più ingiustificati e sono MALE.

Penso a tutte quelle persone che devono convivere con il loro aguzzino. Magari lui non le ammazza realmente, ma le uccide giorno dopo giorno con comportamenti di non amore. Fa passare ore di angoscia. Altro che ore serene. Aumenta lo stress, il mal-essere, abbassando le difese immunitarie ( come scrivevo in un post precedente ).

La violenza, come ho già scritto diverse volte, non è solo quella fisica: c’è anche la violenza psicologica. Subdola, sottile, poco appariscente, ma ugualmente letale.

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Immagine fotografica di Eletta

Tutto si mischia e si sovrappone. Da oggi arriva la pioggia dopo mesi di assenza. Qui è attesa neve domani e, naturalmente, temperature in discesa.

Si passa dalle farfalle ai fiocchi. Il lago riceverà acqua e potrà ancora rispecchiare il cielo.

Non metteremo maschere di Carnevale, ma altre. La situazione di allarme, come giustamente diceva Volo ieri sera ( Otto e mezzo ), può essere una buona occasione per valutare il nostro stile di vita ed, eventualmente, modificarlo. Come nella fiaba dei tre porcellini e il lupo. Dipende dalla casa che abbiamo costruito: se è stata costruita con superficialità e materiale inadatto o no. Come mangiamo, cosa mettiamo quotidianamente in atto per il nostro benessere e la nostra salute, quanto riflettiamo – e di conseguenza agiamo – sulla nostra fragilità e impermanenza.

Abbiamo una casa resistente? Ogni giorno, al di là dei momenti di emergenza straordinari, sappiamo mettere in alto nella nostra scale valoriale, due o tre comportamenti etici? Cosa c’entra l’etica adesso? C’entra.

…quello che ognuno di noi deve fare anzitutto è essere in salute. La salute è il nostro primo dovere. Naturalmente mi riferisco alla salute di un essere umano che è corpo, psiche e spirito, la quale quindi si esprime come benessere del corpo, della psiche e dello spirito, del tutto in linea con l’Organizzazione mondiale della sanità per la quale la salute è « uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente l’assenza di malattia o infermità ».

Da Essere migliori – Vito Mancuso