
Mio padre fumava la pipa con le gambe distese, nelle pause leggeva o meditava.
Mio padre fischiettava, come fischiettava ai tempi suo padre, mentre lavorava nella sua privata officina meccanica con tutti gli attrezzi disposti sulla parete, appesi. Odore di legno e ferro. Metallo e olio.
Mio padre amava lavorare con le mani e con le mani ha costruito una casa per la mia bambina. Con pazienza e tenacia, giorno dopo giorno, ha fatto pareti mobili finestre seggioline tavoli letti quadretti armadi comodini porte. Tutto così piccolo e però così perfetto.
Con molta cura e pazienza fischiettando giorno dopo giorno ha costruito questa piccola grande casa di bambola dove é permesso sognare. Basta aprire il gancio e guardare le quattro stanze per sognare.
Mio padre é mancato molti anni fa. Mia madre mi ha detto che ero stata l’unica a non piangere al suo funerale. Non le ho detto che durante i tre anni di lenta agonia di mio padre io avevo pianto ogni giorno e che solo ora – che aveva cessato di soffrire – io ero, con lui, contenta. Della sua ritrovata quiete.
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