” Cose che mi sembrano di cattivo gusto: troppi oggetti personali ammucchiati nella stanza dove ci si intrattiene; troppi pennelli in un calamaio; troppi Buddha nel tempio di famiglia; troppe pietre e piante in giardino; troppi bambini in una casa; troppe parole quando si incontra qualcuno; troppe imprese meritorie elencate in una petizione” Da : Momenti d’ozio – Kenkō
A cui posso aggiungere:
troppe rughe spianate per nuovi/e replicanti mummificati/e troppe cartacce sui bordi delle strade e nei prati troppe plastiche nel mare, sulle spiagge, nei pesci e ormai nel nostro sangue troppa cementificazione ovunque troppi centri commerciali troppe automobili aerei troppa terra arsa troppe bombe armi esplosioni guerre troppi videogiochi chat social troppa violenza tra i ragazzi troppi talk show con vecchi cantanti e vip che non riescono a fare altro che apparire troppo rumore e luce la notte troppo caldo, smog, polveri sottili troppa violenza, arroganza, ignoranza delle basilari regole etiche
Ho messo un po’ a posto i libri che sono sulla panca nella stube. Ho ritrovato Dovunque tu vada, ci sei già di Jon Kabat-Zinn.
L’ho aperto a caso:
Rivolgersi all’interno
Dimorare tranquillamente in noi stessi ogni giorno, anche solo per breve tempo, ci permette di prendere contatto con ciò che di più reale e affidabile alberga dentro di noi e che più frequentemente viene trascurato…
Quando riusciamo a rimanere concentrati su noi stessi, anche per brevi periodi, di fronte agli stimoli mondani esterni senza sentire la necessità di rivolgerci altrove per qualcosa che ci completi o ci renda felici, possiamo sentirci come a casa nostra indipendentemente da dove ci troviamo, in pace con le cose così come sono un momento dopo l’altro.
Da: Lao Tzu – Tao te Ching
Il pesante è la radice del leggero, la quiete è la fonte di ogni movimento.
Così il maestro : egli viaggia un giorno intero senza allontanarsi da casa.
Sebbene intorno a lui ci siano un accampamento militare e torri di osservazione, egli rimane tranquillo e al di sopra delle cose.
Come potrebbe comportarsi con leggerezza nei riguardi dell’impero il padrone di diecimila carri di combattimento?
Se si comporta con leggerezza allora perde la radice, se con agitazione, allora perde il dominio.
Siccome vergogna viene dal latino vereor gognam che significa temo la gogna, la mia esposizione pubblica, quando dico non mi vergogno sto dicendo che non temo l’esposizione agli altri. Ho oltrepassato quello che per chiunque sarebbe il pudore e ho fatto della spudoratezza non solo la mia virtù, ma la prova della mia sincerità e della mia innocenza.
Così Umberto Galimberti nel Libro delle emozioni – Feltrinelli
Ne scrive relativamente all’abuso della spudoratezza nei salotti televisivi nei quali mettere in mostra il proprio vissuto intimo é il passaporto per gli animi affamati degli annoiati.
In realtà io giudico spudorato chi non prova vergogna anche nell’intimo delle mura domestiche. Senza telecamere.
Giudico senza vergogna l’inconsapevole che agisce male senza rendersene conto. Se solo i muri delle case fossero trasparenti… quali persone proverebbero vergogna?
La persona etica si comporta secondo le regole del bene e con virtù esattamente dentro e fuori le mura domestiche. Non teme la gogna perché agisce in modo corretto.
Personalmente non mi interessa il gossip, non leggo i vari giornaletti che vivono sui divorzi separazioni tradimenti e affini. Non vedo le varie trasmissioni di Maria & C.
Mi interessa la mia vita privata. Cerco di viverla con decoro e con un minimo di pudore.
In questa fase della mia vita divido in modo netto il bene e il male. Non accetto sfumature giustificazioni psicoanalitiche comprensione e accettazione.
È come un foglio diviso in modo verticale. In uno spazio c’è il male. Nell’altro spazio c’è il bene. Non si sta a cavalcioni della linea un piede penzolante di qua e uno di là.
Chi sceglie il bene fa in modo di essere grato fin dal risveglio perché è sveglio. Sorride ed è grato. Anche se il periodo storico – pandemia e guerra – è tra i peggiori per noi figli del benessere.
Chi sceglie il bene manda, irradia bene. Non servono grandi gesti. Sono sempre i piccoli gesti che fanno la differenza nel quotidiano. Un sorriso, una carezza, un’attenzione. Gentilezza cortesia garbo.
Chi sceglie il bene vive e fa vivere chi sta accanto in un’aura luminosa.
Chi sceglie il male vive e fa vivere chi sta accanto in un cupo basso atro nero.
In questo periodo cerco di stare alla larga da chi sta nella parte del male. Mi voglio troppo bene per guastarmi le giornate.
Un esercizio che consiglio a chi si sente un poco giù è questo:
Osservare, durante la giornata, quante volte le parole che escono dalla nostra bocca sono lamenti e lamentazioni.
Per il cattivo o troppo buono tempo
Perché si è dormito poco o tanto
Perché il cibo non è di nostro gradimento
Perché il nostro o la nostra partner non ha fatto quello che desideravamo
Perché al lavoro il collega è noioso o pedante
Ecc. Ecc.
Ogni volta che, con consapevolezza, notiamo che ci siamo lamentati contiamo. Possiamo anche fare una crocetta su un foglio.
A fine giornata facciamo mente locale a quante lamentazioni sono uscite dalla nostra bocca o mente.
Ora pensiamo: quante volte, nella stessa giornata, abbiamo reso grazie. Siamo stati grati la mattina per esserci svegliati nel tepore del nostro letto? Siamo stati grati per il cibo, poco o tanto, che abbiamo gustato? Siamo stati grati di essere in salute o con piccoli malanni facilmente superabili?
Sono sempre più convinta che occorra fare ogni giorno molto costante esercizio per imparare la gratitudine e non scivolare inevitabilmente nello sport preferito dai molti: lamentarsi.
Provare per credere. Lamentarsi non porta bene anzi deprime. Essere grati anche delle piccole cose solleva.
Polvere ragnava nel suo spento cervello. Polvere di tabacco anneriva i suoi duri denti. Polvere sostava sui libri mai letti. Polvere si posava – sulla bocca semiaperta – davanti alla TV. Polvere sulle stoviglie accatastate nel lavandino. Polvere grigia sulle ordinate e maniacali cose. Polvere sulle infinite scatole e scatoline, sui sacchetti nei sacchetti, negli armadi e nei cassetti. Polvere sulle bottiglie sinuose vuote in vedovanza di-vino. Polvere nello smartphone obsoleto. Polvere sul letto. Polvere anneriva le unghie e le dita inoperose. Polvere sul cumulo statico delle parole mai dette. Polvere nel suo cuore.
( Non so e non mi importa sapere da quanto tempo scrivo pubblicamente. Comunque migliaia di testi. Ogni tanto mi piace rileggere le mie cose e ripescare. Se hanno un loro valore intrinseco e non legato all’attimo fuggente, ri pubblicare. Etichetta: Ripescato)
Era davvero molto tempo che non interrogavo Il libro dei Mutamenti – I Ching. È un libro sapienziale e anche qualcosa di più misterioso.
Occorre usarlo con cautela e animo aperto per chiedere ed eventualmente, capire.
Anche oggi mi ha stupito e meravigliato per l’incredibile senso dei responsi. Così legati al momento storico e al mio momento emotivo.
Stranamente mi sono uscite 3 linee mobili per cui gli esagrammi risultanti sono stati due. Il primo :
mi ha letteralmente lasciato a bocca aperta perché è esattamente l’analisi della attuale situazione politica. Il ristagno.
Per chi ha il libro può verificare.
E per chi legge almeno un quotidiano consiglio la lettera di Antonio Scurati di oggi sul Corriere on line. Di una chiarezza che non è facile trovare.
Dal responso dell’esagramma P’i – Il Ristagno ” Superiori e inferiori non sono in relazione e sulla terra regnano scompiglio e disordine.
Il secondo esagramma dovuto alla trasformazione delle linee mobili è I – Gli angoli della bocca.
La quiete fa sí che le parole che escono dalla bocca non oltrepassino la misura, e il nutrimento che entra nella bocca non oltrepassi la misura. Questa è la cura del carattere.
Io mi sto esercitando nel primo sforzo quello di non far uscire parole che oltrepassino la misura e vi assicuro che il mio karma mi sta mettendo a dura prova. Tacere con persone che ti offendono profondamente e ledono la tua dignità con una perfidia sottile non è davvero così semplice.
Per quanto riguarda la moderazione nel introdurre cibo direi che non ho bisogno di particolare sforzo nell’essere moderata: il mio pranzo domenicale è stato un pezzo di parmigiano e una albicocca.
Visto il caldo torrido stamattina sono stata all’esterno e nel pomeriggio ho preferito stare all’interno.
La casa protegge dalla forte calura nel pomeriggio. Mentre la mattina presto è piacevole stare a bordo d’acqua del ruscello a sentire musica (con gli auricolari) e dipingere. Il caldo era talmente forte che riuscivo a tenere i piedi a mollo per più di un minuto…
Esterno/interno. Ci sono persone che curano molto l’apparenza dell’esterno della propria casa. Il prato rasato, i fiori accostati perfettamente per colore forma e dimensione, gazebo, sdraio, gerani alle finestre…
Ci sono persone che curano molto l’interno della casa. Entri e senti un buon profumo di fresco e pulito, ordine e pulizia, cuscini ben allineati e assortiti sui divani, mobili scelti con cura e buon gusto.
Sarebbe interessante fare una correlazione psicologica tra le persone che curano maggiormente o solo l’esterno e persone che curano maggiormente o solo l’interno.
A mio parere se c’è un buon equilibrio la persona dovrebbe curare sia l’interno chel’esterno della propria casa.
Se, invece, c’è disequilibrio per cui una persona cura in modo ossessivo l’esterno (il prato del giardino dev’essere sempre curato e guai se l’erba cresce ad esempio…) e nel contempo se ne strafrega dell’interno tanto quello che c’è dentro interessa solo a chi ci vive, e i muri sono opachi per cui nessuno vede dentro…
In questo caso, a mio parere, c’è un disequilibrio poco sano che potrebbe indicare una personalità narcisistica: guardate passanti e vicini come tengo bene il mio giardino come accosto meravigliosamente fiori e colori, come sono costosi e belli i gerani alla mia finestra…
C’è una mia vicina che ha un orto gioiello. Le prose perfette, la verdura che sembra di plastica, ordine e perfezione e nemmeno un filo d’erba selvatica… Peccato che il tavolo della sua cucina su cui taglia miss perfezione verdura è a dir poco sporco, l’interno della casa non ha un gesto di cura.
Come sempre e regola che vale per tutto: è una questione di misura ed equilibrio. Curare sia l’interno che l’esterno della propria casa è un bene.
Esattamente come è bene curare sial’esterno che l’interno della propriapersona.
Questa volta non si tratta di spiegare la bellezza di un luogo a chi non vede… Ma si tratta di spiegare perché un comportamento non è giusto, adeguato, buono a un deficiente.
Uso questo termine senza remore perché ogni tanto è bene definire le cose, e le persone, con il proprio nome.
Deficiente deriva da deficere=mancare. Mancare di logica, comprensione, consapevolezza.
Ho davvero riso nella acuta descrizione di un comportamento da deficiente/idiota di Neda di cui riporterò il link.
Cosa puoi spiegare a uno che scorazza in piena notte con il quad non permettendo il silenzio della notte agli abitanti del paese?
È lo stesso con persone a cui pedissequamente spieghi: passaggio dopo passaggio perché il loro comportamento non è corretto. Personaggi che ti guardano con lo sguardo vacuo e che non sanno nemmeno argomentare una possibile risposta. Incapaci di sillabare una replica.
Penso sia la cosa più stancante che esista: cercare di spiegare a un deficiente. Perché il deficiente non può capire. È in deficit di consapevolezza e anche di una fetta di intelligenza. Perché, come si è ormai capito, l’intelligenza non è solo sapere i nomi delle capitali o i sette re di Roma, c’è l’intelligenza emotiva che, per vivere dignitosamente a contatto con l’altro, è fondamentale.
Mentre qualcuno gioca a bowling con i corpi sulla Rambla, io giro e rigiro le pieghe scomposte del mio abito. Non so stare ferma perché il mio centro centrifuga pensieri che scattano come fulmini. Vorrei essere più semplice e calma, più stupida e accontentarmi della vita senza logica e regia. Fare shopping e ridere con un calice di bollicine in mano tra amiche e amici come nella pubblicità dove tutto è arancione. Vorrei essere tanto stupida e leggera. E vedere tutti i canali della tv e avere gli ultimi modelli di macchine e smartphone e ridere come nelle pubblicità. Vorrei non sapere quello che capita dentro e fuori di me. Vorrei non sapere. Non pensare. Essere più viziosa. Annegare nell’alcool o in qualche droga. Non sapere che questa vita va a picco. Che si staccano i ghiacci e che il mare ha isole di plastica – che la figlia di mia figlia non avrà un mondo nuovo. Vorrei fingere di essere amata mentre lui mi ignora perché fa continui girotondi intorno al suo totem Ego. Prego sempre di diventare più leggera meno pensante e pesante. Ma sono quello che sono. Scorticata ed esposta come sono i poeti. Sono nata così e se vedo vedo. Se vedo parlo. Non so fingere. Non so ridere. Provo orrore. Sento dolore. Sono inquieta. Scrivo. E solo questo mi aiuta a trovare un po’ di sollievo in questo mondo che non mi piace. Tra persone che non mi piacciono. Che non apprezzo. Tra questi politicanti da osteria che giocano con i missili come se fossero su Risiko. Tra queste rovine di un mondo stanco. Le uniche gioie le ho quando sto immersa nella natura e quando leggo un buon libro, ascolto buona musica, vedo opere esteticamente estasianti come un bel film o un’opera artistica e quando scrivo e comunico con anime simili.
L’arroganza è debolezza, non forza. Il forte sa stare fermo e non si altera. Sa dialogare. Non aggredisce. Non si chiude in una posizione rigida di orgoglio. Pessimo stato di immobilismo e chiusura. Chi lo prova non si abbassa. È rigido. Poco flessibile. Peccato che la rigidità comporta fratture irreparabili, al contrario della flessibilità. Il giunco, vegetale flessibile, si piega al vento ma non si spezza.
Senza estendere la riflessione alla guerra in atto, pensando che è lontana e fuori da noi, pensiamo invece a tutte le volte che la guerra la facciamo noi.
Ci sono momenti nella vita in cui pensiamo di aver ragione e ci arrocchiamo nel nostro monolite senza piegarci un istante per prendere in considerazione il punto di vista altrui. Non ascoltiamo con un minimo di umiltà disponibilità e rispetto il punto di vista dell’altro.
In una disputa, in una lite, normalmente la ragione non sta totalmente solo da una parte o dall’altra.
Due persone adulte dovrebbero in una situazione emotivamente alterata, passato il momento di rabbia ( è sano e normale avere un momento di rabbia che non va demonizzata) due adulti dovrebbero sapersi guardare e dirsi con calma cosa ciascuno pensa. Solo così si può procedere.
Poi si guarda fuori e ci si inorridisce per la guerra e ci si riempie la bocca di grandi parole. Qualcuno non ha ancora capito che la pace nasce da noi. Come chi punta il dito sempre all’esterno perché il mondo è diventato cattivo e i giovani sono violenti e non c’è più l’armonia e la semplicità di un tempo quando per telefonare c’era il duplex.
Forse è ora, per qualcuno, di farsi un serio esame. Invece di continuare a guardare trasmissioni improponibili dove il male della cronaca nera viene spulciato in tutti i suoi – macabri – dettagli… possiamo chiederci finalmente a cuore aperto: Ma io agisco per il BENE? Ma io so creare pace e armonia? Oppure la guerra comincia dentro di me e si allarga a tutte le persone che incontro e che mi stanno vicino?
Ogni santo giorno che il Fato mi regala lo trasformo in un giorno buono o lo faccio diventare un campo di battaglia? Quanti sorrisi dono? Quanto gioco? Quanto sollevo lo spirito e quanto, invece, lo inabisso?
Perché tocca a noi fare per primi la pace. Fare la pace con noi stessi con i nostri errori e con le nostre debolezze e finalmente perdonarci e amarci. Fare la pace con chi ci sta vicino portando un aiuto se serve, una carezza, una cortesia.
Sarò retorica, ma è solo questione di etica. Durante le mie camminate trovo per terra a volte pezzi di plastica. Ho sempre l’istinto di raccogliere e mi sono detta che dovrei mettere nello zaino un paio di guanti e un sacchetto per lo scopo. Se non raccolgo è perché penso: a che serve? A che serve questo mio piccolo gesto di fronte allo scempio mondiale? La guerra se ci sarà avete presente cosa causerà all’ecosistema oltre alle morti?
Essere etica significa fare ogni minuto di ogni giorno tutto quello che mi è possibile fare nel bene e per il bene.
Anche il ghiaccio si forma e si scioglie. Si modifica. Persino la pietra – vedi il famoso esempio della goccia…
I fenomeni atmosferici modellano, trasformano, modificano gli elementi naturali. E nulla rimane sostanzialmente uguale a se stesso indefinitamente.
Ci sono persone che, invece, paiono inalterabili anche se investiti da violenti tornado emotivi. Da fenomeni esperienziali avversi. Una malattia un lutto una perdita grave…
Stanno accucciati nella minuscola grotta del proprio macroscopico Ego ad attendere la fine della tempesta senza muovere un ciglio. Non apprendono come ripararsi. Come uscire nonostante le intemperie. Come coprirsi per evitare il freddo. Come vivere comunque al meglio costruendo un forte riparo. Una casa sicura, forte dove ci sia un caldo focolare.
Oggi qui infuria il vento e le temperature sono molto basse. Uscirò molto ben coperta e attrezzata. La stufa già sta scaldando a pieno ritmo la casa.
Ogni esperienza che ho vissuto, e che a volte ritorna come monito nei sogni o nei pensieri, mi ha trasformato in quella che sono oggi. L’obiettivo che mi pongo ogni giorno è di vivere al meglio al di là degli eventi perturbatori esterni. Scegliendo cose e persone che mi facciano stare bene.
” Cose che mi sembrano di cattivo gusto: troppi oggetti personali ammucchiati nella stanza dove ci si intrattiene; troppi pennelli in un calamaio; troppi Buddha nel tempio di famiglia; troppe pietre e piante in giardino; troppi bambini in una casa; troppe parole quando si incontra qualcuno; troppe imprese meritorie elencate in una petizione” Da : Momenti d’ozio – Kenkō
A cui io posso aggiungere: troppe rughe spianate per nuovi replicanti mummificati troppe cartacce e mascherine nei bordi dei sentieri e nei prati troppe plastiche nel mare troppa cementificazione ovunque troppe automobili e aerei troppi incendi e disboscamenti troppi videogiochi chat social troppe app troppi talk show troppi adoni e starlette troppi divorzi e separazioni troppe dipendenze troppo smog, polveri sottili troppa violenza, arroganza, ignoranza e prepotenza
Volete aggiungere voi altre cose di cattivo gusto? Scrivete…
Occorrono limiti anche nel limitare. Per diventare forte l’uomo deve istituire volontarie barriere di doveri.
Il libro dei Ching pone questa riflessione. Volontarie barriere di doveri.
Dove “volontarie” è la parola chiave.
Ci sono persone che decidono di fare una scelta, la portano avanti con coerenza per tre giorni, per poi abdicare e far tornare tutto come prima.
Mi chiedo quale sia il senso. Scelte a singhiozzo continuo.
Se io decidessi, per esempio, di smettere di fumare farei di tutto per portare avanti questa mia scelta con ogni mezzo e con estrema disciplina in modo da raggiungere il risultato prefisso.
Qualsiasi scelta che rompe uno schema cristallizzato costa, costa parecchio in sforzo costanza fermezza disciplina.
Si fa davvero fatica a rompere uno schema.
In genere amo la coerenza e mi infastidisce chi proclama ai quattro venti scelte e azioni che poi, immancabilmente, non porta a termine. Per quanto mi riguarda preferisco tacere. Se poi decido di fare qualcosa semplicemente lo faccio.
Occorrono limiti anche nel limitare. Frase sibillina. È sempre una questione di misura.
Chi è soggetto a dipendenza dall’alcool nel momento in cui decide di smettere, non beve più un goccio di vino. In realtà un buon bicchiere di vino rosso fa bene, non male. Tutto sta nella propria capacità di limitarsi, di non eccedere. Ogni piacere della vita è benefico se lo si usa in maniera propria, senza esagerare.
Bacco Tabacco e Venere. Procurano gioia purché non se ne sia dipendenti. Nel libro “La coscienza di Zeno” per giorni e giorni il protagonista dice: – Fumo l’ultima sigaretta. Non è mai l’ultima. Questo è il suo cruccio quotidiano.
Ci sono persone che passano la vita a farsi, in giorni alterni, buoni propositi che poi non mettono mai in atto. Tutta l’energia incanalata per disperdersi inutilmente. Fuma e goditi il fumo, piuttosto.
Sii consapevole che proprio non riesci a smettere e finiscila una buona volta di raccontarti e raccontare frottole.
O poniti dei limiti accettabili: dieci sigarette nel pacchetto e non una di più. Due bicchieri di vino rosso e non uno di più a pasto, niente superalcolici dopo. Per non parlare delle dipendenze più importanti come quella da cocaina o di altre droghe tanto in uso a quanto sembra…
L’uomo è un animale pigro, fa fatica a fare fatica. Darsi una disciplina in ogni aspetto della propria vita è dell’uomo ( e della donna ) forte e maturo. La disciplina è la basedell’etica.
” Siccome parte del nostro comportamento impulsivo è distruttiva e dannosa, abbiamo bisogno di trovare un modo per trattenerci dall’intraprendere queste azioni impulsive e distruttive.
Il primo stadio di addestramento è quello in cui adottiamo deliberatamente una serie di precetti o un codice di vita: questo è l’addestramento nella disciplina etica”.
” L’ossessione latina del confine spaziale nasce con il mito della fondazione: Romolo traccia un confine e uccide il fratello perché non lo rispetta. Se non si riconosce un confine non può esserci Civitas.
Orazio Coclite diventa eroe perché ha saputo trattenere il nemico sul confine, un ponte gettato tra i romanie gli altri. I ponti sono sacrileghi perché varcano il sulcus, il cerchio d’acqua che definisce i limiti della città: per questo la loro costruzione può avvenire solo sotto il rigido controllo rituale del pontifex“…
Da: Don’t. I limiti della interpretazione – Umberto Eco – La nave di Teseo
Ho imparato a tracciare e difendere il mio confine da poco tempo. Prima lasciavo ai barbari l’invasione. Le mie tinte mescolate e confuse con altre di altri, come nell’immagine fotografica.
La difesa del proprio confine, quando aprire e quando chiudere le porte, è molto importante non solo per la civitas, ma anche per il privato. Anche nella vita affettiva con il proprio partner o con i propri amici o familiari.
Ci sono persone che ti inglobano, di te si nutrono, ti mangiano energia e sorriso. Meglio tracciare un confine. Meglio tenerli a distanza. Sono orchi.
Nella mia terra torre eburnea sto bene. Quando voglio apro la finestra e getto una treccia.
“L’essere umano è parte di un tutto che chiamiamo Universo, una parte limitata nel tempo e nello spazio.
Percepisce se stesso, i propri pensieri e sentimenti, come qualcosa separato dal resto : una sorta di illusione ottica della sua coscienza.
Questa illusione è per noi una specie di prigione che ci limita nei confini dei nostri desideri personali e dell’affetto per le poche persone a noi più vicine.
Il nostro compito deve essere liberarci da questa prigione, ampliando il nostro cerchio di compassione fino ad abbracciare tutte le creature viventi e l’intera natura in tutta la sua bellezza.
Nessuno riesce a farlo completamente, tuttavia impegnarsi a fondo per raggiungere questo obiettivo è già una parte del processo di liberazione e un fondamento della sicurezza interiore”.
Aprire chiudere. I temi e tempi di questo difficile periodo. Pare che prossimamente si riaprirà.
Sono contenta della prossima apertura per tutti i lavoratori che hanno perso fiducia speranza lavoro e soldi per le chiusure. Sono preoccupata per i comportamentiindividuali.
Qui, in questo piccolo rettangolo di mondo alpino, basta camminare sui percorsi più battuti per notare come molti non hanno comportamenti corretti. Vengono in montagna e pensano che qui esiste la libertà da Covid. Vanno in giro in mucchi pascolando allegramente e vociando senza mascherina. Ti passano al fianco come se nulla fosse. Io giro sempre con la mascherina e se sono da sola all’aperto non la alzo, ma se incontro qualcuno: / distanza/ bocca chiusa/ e mascherina ben messa sul volto.
Già questa estate alle dieci scendevo dal lago per l’allegra fiumana di gitanti in libera uscita che a quell’ora arrivava su. Poi si è visto a settembre e ottobre il risultato delle libere uscite.
Ma non impariamo mai? Ieri sera ho sentito l’intervento del Dott. Galli a Otto e mezzo e sono pienamente d’accordo con lui.
Tenendo conto che tutti, ripeto tutti, siamo davvero molto stanchi di restrizioni e regole… una regolata comunque dovremmo darcela.
Devo ripetere quelle quattro regole generali? No. Penso che le abbiamo imparate.
Bene. Allora cominciamo a metterle in pratica. Rispetto delle regole, please.
Tutti.
È, purtroppo di questo che non mi fido. Della responsabilità individuale. Qualcuno non ha ancora capito che riaprire non è far finta che il virus non esista. Rischiamo un nuovo lockdown per di più estivo e, invece di correre tutti in vacanza, qualcuno – ancora troppi – finirà in ospedale.
Bastava aspettare due tre settimane di vaccinazioni… Come dice il proverbio: La gatta frettolosa fa i gattini morti.
Speriamo che non sia così, ma ho seri dubbi che dal 26 – aperti i cancelli – molti penseranno che si può fare liberamente quello che si vuole senza pensare che l’infido virus se ne frega della nostra voglia di libertà e incoscienza.
Mi piace molto la moda che ultimamente fa tendenza su Instagram delle ragazze che mostrano le ascelle non depilate, a volte anche con i peli colorati. Mi pare un buon modo per sottrarsi – vistosamente e non elegantemente – ai diktat della moda che ci vuole levigate come un asse da stiro.
Mi ricordo una sera a cena con un uomo piemontese che già faticava a tener desta la mia attenzione… Ricordo il mio segno netto di cancellazione, quando con la bocca umidiccia e tumida, se ne uscì dicendo che lui – là sotto – la preferiva nuda.
Un altro uomo, sempre piemontese, descrivendosi ha pensato bene di comunicarmi che era completamente depilato. Mi sono trattenuta dal rispondere con un secco: – Bravo, io no.
Pare infatti che questa moda di asse da stiro sia molto diffusa tra i maschietti che, sicuramente, in questo periodo soffriranno più di noi donne per la chiusura dei centri estetici… Come faranno senza ceretta e pinzetta per le sopracciglia ad ali di gabbiano?
Tanto per alleggerire un po’… con facezie. Sentiremo stasera se Draghi darà loro un po’ di sollievo riaprendo.
La parola demoralizzato contiene la parola morale. Siamo giù di morale, siamo demoralizzati.
“Come non si devono curare gli occhi senza prendere in esame la testa, né la testa indipendentemente dal corpo, così neppure il corpo senza l’anima” – Platone
Se siamo tra i fortunati ad avere un corpo sano, non malato, perché siamo demoralizzati? Perché da un anno stiamo vivendo con importanti limitazioni della nostra libertà con la paura costante del virus e della pandemia. Per esempio.
Cosa c’entra allora la morale?
Avere una morale tira su il morale. Stare bene nel corpo significa stare bene nella psiche.
Come stai? Come stiamo?
Per stare bene dobbiamo lavorare per stare bene. Per lavorare occorre scegliere la strada del bene, e non quella del male. Non solo per noi, ma per tutti. Scegliere la strada del bene è la strada dell’etica. Ecco la morale. Al di là delle regole esterne, dei comandamenti, delle leggi… ogni giorno, ogni momento possiamo scegliere la strada che ci dona bene, benessere e che, immancabilmente, si irradia verso gli altri.
Ogni essere umano dipende dal pensiero che ospita perché è questo pensiero che dà forma al suo essere e al suo agire. Ognuno di noi è la propria coscienza.
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