
Cromatismi di un autunno che urla i suoi colori

Non riesco a trovare una nota nostalgica e cupa nella tavolozza autunnale

Trovo le tinte degli smeraldi dei rubini e agate e citrini e olivine. Un tripudio di luce prismatica.
Cromatismi di un autunno che urla i suoi colori
Non riesco a trovare una nota nostalgica e cupa nella tavolozza autunnale
Trovo le tinte degli smeraldi dei rubini e agate e citrini e olivine. Un tripudio di luce prismatica.
Mi piace molto l’effetto pioggia quando guido, in autunno, lungo i tornanti. Le lacrime che scorrono sui finestrini creano una lente deformante che mescola le tinte.
I rossi cupi scivolano giù mescolandosi come lunghe dita ai gialli zafferano.
Tutto esplode sbava scende come nei dipinti degli Impressionisti.
In questo paesaggio in decomposizione
il tempo lentamente si fa di gesso
occorre eliminare tutto l’eccesso
e spogliarsi
– come fanno le piante –
di inutili pepite d’oro
lasciare a terra cadaveri d’abito
con colori che strillano in coro
occorre cercare solitari segnali
sparsi nel paesaggio
tra odori di muschio e selvaggina
Silenzio zoppicante
tra lacrime di pioggia
sto tra costole di libri dormienti
nella perfetta correlazione geometrica
della tortura triplice…
Bussa il bussare – del disperato tempo
tra la variopinta poltiglia e
tra dieci seriche ciglia…
nell’uniforme flusso dei giorni
dal trasmutante colore
Quest’anno all’inquietudine dell’autunno, già insita nella stagione umoralmente malinconica, si aggiunge – calcandone i colori per un contrasto emotivo più che cromatico – l’inquietudine dell’ansia per ciò che accade e accadrà.
Siamo tutti provati e più fragili.
” L’autunno è allegoria infatti delle inquietudini… i colori smaglianti degli alberi, in dissolvenza, invitano al piacere e al privilegio di goderne la bellezza; l’insorgere del bisogno di ripensare al cammino intrapreso, non voltandogli per timore le spalle, genera voglia di scriverne; l’attesa del vino e dell’olio nuovi riaccende ancestrali echi dionisiaci, sensi e umori assopitisi.
L’autunno è un tempo di metamorfosi sublimi e incantamenti, di distacchi e di ritorni, di abbandoni e di rinascita”.
Queste magnifiche riflessioni sono tratte da: Foliage – di Duccio Demetrio – Raffaello Cortina Editore
Nella sala di questa casa editrice milanese ho partecipato a un vernissage anni fa. C’era un operatore della TV RAI che mi ha chiesto di mettermi vicino a un quadro pensando che io fossi l’attrice immortalata… Non ero io. Avevo una leggera fascia, in pied de poule nera/bianca a tenermi i lunghi capelli, della stessa stoffa della stretta gonna.
Era autunno anche allora ed ero presente con due miei amanti che nulla sapevano l’uno dell’altro.
Tornando al mio borgo stasera col buio pensavo a come sono contenta che sta arrivando l’inverno.
Mi piace lo spalancarsi della profondità del nero che è sonno e ritmi lenti. Il vibrare solitario di un lume. Un rilievo inaspettato sotto il manto nevoso che copre. Le correnti magnetiche di nuvole e nebbia.
Foglie come coriandoli pasticche zuccherine pois puntini foulard al vento. Delizie del caos. Tappeto di foglie cromatiche a terra distese languidamente sulla terra zuppa dell’acqua caduta. Foglie che vivono l’ultimo respiro prima di rendere le tinte al terreno, esanime.
Sulle foglie cammino, immersa nel puntinismo delle reduci sui rami. Ho voglia di respirare i colori. Ho voglia di assorbire il lento sonno dell’arresa.
Mi devo chinare alla ennesima prova delle fasi e dei ritmi. Il momento del riposo tra le coltri. Il momento di abbassare la guardia e abbandonarsi a ciò che accade.
Ancora mi si chiede di flettermi come giunco e accogliere. Come la terra accoglie questi minuscoli e variegati doni di porpora e ocra. Gioielli preziosi per chi sa gustare. Campo variopinto di accordi ballerini.
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