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Jung Psiche

Dalla psico

Aveva fissato l’appuntamento. Sarebbe andata dalla ” nuova  psico ” a cercar di capire. 

Nel tempo Elena si era sottoposta a sei terapie. Aveva avuto psicoterapeuti/e junghiane, freudiane, comportamentiste. Le mancava uno psicoanalista lacaniano. A conti fatti non le erano servite troppo queste sedute. Eppure adesso doveva proprio andare. 

Doveva andare a mettere ordine, sgomitolare e sgrovigliare l’intricata matassa che le opprimeva il ventre, che la imprigionava con i fili scomposti e ribelli. Doveva avere davanti a sé una persona in ascolto, veramente in ascolto. In rapport. 

” Al vecchio ipnotismo e alla terapia della suggestione elaborata da Bernheim era già noto che l’efficacia curativa dipende dal cosiddetto rapport ( traslazione nella terminologia freudiana ) e dalla forza di convinzione e penetrazione di cui é dotata la persononalitá di chi cura”. 

Era curiosa e per nulla imbarazzata. Aveva coscientemente desiderato, voluto, fissato questo importante appuntamento. Doveva parlare con un addetto ai lavori. Le amiche servivano, ma non sempre erano sufficientemente distaccate obiettive. La volevano tutta per sé. Come sempre, sotterraneamente, c’era un misto di gelosia e un pizzico di invidia perché lei aveva un compagno e loro no. Assolvevano il loro compito di sorelle: confidenze, compagnia e qualche suggerimento, domanda, osservazione.

Lei, invece, aveva bisogno di chiarire. Di valutare quanto scegliere. Continuare un rapporto che la stava sfinendo. Il suo corpo sempre più magro, il sonno che tardava, l’inappetenza. La stanchezza nel ripetere, nel chiedere: la mano sempre tesa e vuota.

Non si aspettava una soluzione. Né risposte. La sua voce sarebbe sicuramente rimbalzata a vuoto. Nel silenzio. 

” Ma é altrettanto chiaro che, nel caso di nature complesse, spiritualmente superiori, non si approda a nulla usando consigli benevoli, suggerimenti, tentativi di conversazione a questo o quel sistema”. 

Ci voleva tempo nella terapia. Lei non aveva la possibilità di intraprendere una terapia lunga. Non era nella situazione economica da potersela permettere. Se avesse avuto denaro, lo avrebbe speso volentieri perché a lei piaceva andare in una stanza e parlare davanti a uno psicologo o una psicologa. Credeva nella terapia della parola.

Una persona é un sistema psichico che, quando agisce su un’altra persona, entra in interazione con un altro sistema psichico”. 

Le piaceva dire, e mentre diceva, spiegare le grandi nascoste ali. Fare piccoli voli in avanti e all’indietro. Non aveva paura dell’indagine psicologica. Le serviva. Anche per questo si annotava i sogni. Credeva all’importanza dell’inconscio. 

Avrebbe dunque dovuto sfruttare al massimo quell’unica ora per fare un poco di luce e ordine.  – Cosa hai da dirmi e darmi? Lui nulla diceva, lui nulla le dava. Era immobile statico apatico atarassico indifferente anaffettivo non empatico. Per quale oscuro motivo lei non riusciva ad andarsene per sempre?

Qual era il senso di un rapporto sbilanciato non edificante frammentato e schizofrenico? A queste domande lei doveva dare una risposta. Si era decisa a dare una svolta. Doveva riprendere in mano le redini e condurre, invece di farsi condurre stancamente.

” Ora, poiché guarire significa trasformare un malato in una persona sana, la guarigione implica mutamento “.

Lei desiderava mutare. 
Le parti virgolettate sono tratte da: Carl G. Jung – 16 – Pratica della psicoterapia- Bollati Boringhieri