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Emozioni

Reazione

Immagine fotografica di Eletta

Penso di essere una persona che quotidianamente cerca di fare un lavoro su di sé. Di introspezione, autoanalisi, consapevolezza.

Un aspetto su cui devo fare ancora molto lavoro è la pazienza. Non riesco ancora a non reagire emotivamente davanti a una persona che mi fa uno sgarbo e poi, invece di scusarsi, pensa ancora di avere ragione e trova tremila inutili giustificazioni o cerca di alterare la realtà a proprio vantaggio.

In queste situazioni mi altero, reagisco emotivamente con rabbia perché sono esasperata. E invece dovrei restare calma e indifferente.

Quando qualcuno, volontariamente o involontariamente, agisce male nei confronti di qualcun altro con una offesa o uno sgarbo, basterebbe un pentimento. Un momento di coscienza per capire che ha agito male. Se poi la persona “ferita o offesa” fa notare il male fatto basterebbe il silenzio. Invece di cercare assurde giustificazioni pur di mettersi in salvo.

A tutti noi capita di sbagliare: un gesto o una parola che non volevamo fare o dire… un attimo di distrazione o di stoltezza. Ci si scusa.

Non è sempre così.

Ultimamente una così detta “amica” ha fatto uno sgarbo piuttosto evidente nei miei confronti. Poi c’è stato il silenzio. L’ho accettato. Tacere in certe situazioni è più corretto che pretendere di avere ragione.

Considerato che quando mi sento offesa per uno sgarbo da parte di una persona vicina chi è nel torto è l’altro e non io, quello su cui devo ancora molto lavorare è accettare l’inconsapevolezza altrui e restare indifferente. Non reagire con rabbia.

Teniamo conto che sfogarsi con rabbia fa bene. La rabbia è ritenuta un’emozione negativa. Ma, invece, buttare fuori invece che trattenere fa bene ogni tanto. È energia che si muove e non ristagna dentro provocando rancore, sicuramente più deleterio.

È che proprio non riesco a restare indifferente davanti alle persone inconsapevoli di aver agito male e, francamente, sono anche stanca di spiegare perché hanno agito male. Soprattutto perché, dopo aver spiegato chiaramente le cadute di stile, pretendono ancora di aver ragione.

Naturalmente provo collera davanti a persone che reputo intelligenti. Non riesco a capire come non possano capire.

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Corpo Emozioni

Dare ricevere

Immagine fotografica di Eletta

Uno dei postulati della pragmatica della comunicazione è che non si può non comunicare.

Comunichiamo anche con il silenzio, comunichiamo con tutto il nostro corpo e anche il corpo, attraverso i sintomi, comunica per noi.

Prendiamo un grande tema della vita: dare e ricevere. Il nostro essere corporeo quotidianamente celebra questo tema che si esplica attraverso un movimento che va dall’interno verso l’esterno: dare, e attraverso un movimento che va dall’esterno verso l’interno: ricevere.

Questi movimenti consentono di assolvere importanti funzioni vitali quali l’inspirazione e l’espirazione, l’ingestione di cibi e l’evacuazione, l’assunzione di liquidi e la sudorazione…

Il dare e ricevere è presente anche nelle funzioni relazionali: porgere, prendere, attirare, allontanare, avvicinare, comunicare o silenziare, accarezzare abbracciare o respingere.

Può accadere, per varie situazioni di squilibrio tra questi movimenti, che accada un blocco per accumulo emotivo. Continuiamo a dare dare dare senza ricevere? Abbiamo paura a dare per traumi relativi al ricevere? Siamo contratti, tesi, non riusciamo a respirare con un corretto ritmo tra inspirazione/espirazione? Non riusciamo ad abbracciare, aprire il nostro essere corporeo verso l’esterno: teniamo sempre le braccia incrociate chiuse sul petto a protezione e difesa? Non guardiamo in viso il nostro interlocutore mentre ci parla? Ci chiudiamo a riccio invece di aprirci?

Quando l’accumulo emotivo è alto può crearsi un blocco fisico. Perdiamo le forze, le nostre funzioni vitali mancano il ritmo normale, ci ammaliamo.

In Oriente ci sono scuole di respirazione in cui si impara a regolare la propria respirazione sul ritmo cardiaco. Respiro e cuore pulsando in sintonia permettono un equilibrio nel dare/ricevere.

Ho già scritto precedentemente del dare/ricevere nell’atto del mangiare ( I Ching ). Per mangiare compiamo movimenti che vanno dall’esterno verso l’interno. A volte questi movimenti non servono a soddisfare il solo bisogno reale di fame.

Si può mangiare troppo per compensare un ricevere non soddisfatto, e – al contrario – si può mangiare poco o niente per sottolineare, come nel caso dell’anoressia, una mancanza di amore ricevuto. Quando il corpo diventa trasparente per l’altro, il corpo si assottiglia.

Il tema del dare/ricevere è un tema fondamentale del vivere.

Saper regolare il ritmo dono dato/ricevuto può permetterci di stare meglio.

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Emozioni

Ieri: emozioni

Albero e nebbia – Immagine fotografica di Eletta

Ci sono giorni dove il richiamo è ripetuto. Ieri è stato il giorno in cui più volte è tornato il richiamo al tema delle emozioni. Un accenno alla radio, in un blog, in un libro, in un film. Ripetutamente: sempre lo stesso tema.

Io considero l’emozione un affetto, nel senso che si è affetti da qualche cosa. Ci fa un certo effetto, sconvolge i nostri piani.

L’emozione ci travolge, non siamo più padroni di noi stessi… l’emozione è caratterizzata da una condizione fisiologica alterata” – Jung

Ieri ho visto un film: Hector e la ricerca della felicità. Alla fine, attraverso una tac, un medico vede tutti i colori delle emozioni di Hector. Ci sono studi ultimi in cui i neuroscienziati fanno proprio ricerche sulle diverse aree del cervello che si accendono nelle diverse situazioni.

https://www.corriere.it/salute/neuroscienze/15_marzo_16/ecco-come-si-illumina-cervello-chi-innamorato-779cbfdc-cbd9-11e4-990c-2fbc94e76fc2.shtml

Questo un articolo del Corriere della Sera sulle aree che si accendono nell’innamoramento.

Rabbia: rosso. Pace: verde. Invidia: viola. Serenità: arancione. Questi potrebbero essere alcune associazioni colore/emozione. I colori freddi come il verde l’azzurro e il blu possono calmarci a livello emotivo, infatti qualcuno ne tiene conto negli studi medici.

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Emozioni

Evitare il dolore


Sto leggendo un libro di uno psicoanalista dedito alla mindfulness. Si chiama Ronald D. Siegel.

Sto cercando di fare gli esercizi che propone. Io mi diverto. Non mi costa nulla perché sono una scrivana.

Nel capitolo che sto leggendo scrive una cosa importante che vi riporto.

” Sforzandoci di evitare il dolore indossiamo degli stati protettivi che alla fine ci isolano dagli altri.

Abbiamo riluttanza a confidare agli altri le nostre difficoltà: nessuno vuole essere considerato un perdente in questa terra di prosperità.

Se ci sentiamo infelici, pensiamo di aver commesso qualche errore, di aver scelto un lavoro, un coniuge o un prodotto sbagliato. Alla fine nella pubblicità sembra che tutti stiano benissimo.

Cercando di apparire felici e di non mostrare le nostre vulnerabilità agli altri, finiamo per essere soli e, paradossalmente, più vulnerabili.

Avevano ragione i Beatles quando cantavano: It’s a fool who plays it cool by making his world a little colder.

È stupido chi mantiene la calma rendendo il suo mondo un po’ più freddo”.

Tutti noi, prima o poi, nella vita ci troviamo in difficoltà. Perché nascondere il nostro stato? Perché dobbiamo sempre far finta di stare bene, come appunto nelle pubblicità? Teniamo il dolore dentro e ci isoliamo. Come scrivo sempre è assolutamente dannoso indossare maschere. Non è funzionale chiudersi e non dire.

In fondo una questione di umiltà. Sono fragile, debole, ho bisogno di aiuto. È importante comunicare il nostro stato emotivo agli amici, al partner, a chi ci sta vicino. Se, come qui, pubblichiamo e abbiamo occhi che ci leggono perché non mostrare le nostre vulnerabilità?

L’uomo forte è un robot. Senza cuore e pulsazioni. Come la donna forte. Androidi non esseri umani.

Senza piagnucolare e continuare con inutili lamentazioni è bene comunque comunicare i nostri giorni felici e quelli più bui.

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Emozioni

Svegliarsi con la neve

È davvero da molto tempo che non mi sentivo così felice.

Stamattina mi sveglio e, dopo la bufera notturna, tutto è bianco. La neve è scesa silenziosa su zampe felpate e ha trasformato ogni cosa.

Stanotte ho dormito al piano alto. Giù, in casa mia, ieri hanno istallato una bellissima stufa in ceramica rossa: il suo fuoco scalderà il lungo inverno. Non è possibile soggiornare nei locali alle prime accensioni e, quindi, la zingara ha ripreso la sacca buttato dentro tre cose e ri-salita in quella casa che è stata anche sua per tre anni con lui.

Lui non c’è. E avere tutta una casa a disposizione sopra/sotto non è poi male. In una esperienza di regressione mi ero vista signora in un castello. Chissà: forse ho sempre amato gli spazi ampi.

Ieri nel trambusto di istallazione della nuova stufa e dell’impianto Tv sarò andata su e giù trenta volte.

Quando sono scesa le ultime volte per chiudere le finestre e verificare che la fiamma fosse spenta ho sentito che io già la amo questa “mia nuova casa”.

Oggi è una settimana esatta che ho traslocato.

Il tecnico ieri mi chiedeva il perché della mia scelta – di vivere in questo paesino di montagna – gli ho risposto:

Perché amo il silenzio. Perché amo l’aria pura.

Perché amo svegliarmi la mattina con la neve che fiocca lenta.

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Amore Emozioni

Quattro emozioni


C’è un libro che riprendo in mano spesso perché mi serve per rimettermi in sesto.

Il titolo è già un programma: Risvegliati alla vita. ( Perché spesso dormiamo in vita e non solo la notte ).

L’altro ieri ho stracciato tre taccuini Moleskine: in alcune pagine c’era appuntato tutto il mio disgusto verso il “mio Maestro” di un tempo che fu. Sapete quelli della categoria ” sono un illuminato ” mentre brancolano nel buio come tutti con la loro finta aureola di carta stagnola. 

Non sopporto chi si atteggia a guru e poi è peggio degli altri.

Comunque, per tornare al libro ripreso in mano, oggi l’ho aperto a caso. Si è spalancato sui quattro incommensurabili.

Nel buddismo sono quattro le emozioni che hanno la stessa capacità di trasformazione: equanimità, gentilezza amorevole, compassione e gioia. A differenza delle emozioni reattive i quattro incommensurabili non sono al servizio di nessuno schema abituale, del senso del sé o di un piano predeterminato. … sono profondamente intimi. La loro forza deriva dalla capacità di aprirsi a un momento di presenza”.

Inutile dire che non sono facili da sentire e mettere in pratica profondamente e intimamente, non formalmente. 

Cominciando dalla prima: equanimità

Vediamo cosa significa:

L’equanimità demolisce ogni giudizio e pregiudizio reattivo sugli altri e ci porta a comprenderli e ad apprezzarli per come sono“.

Mi è davvero difficile accettare l’altro per quello che è senza giudicarlo e senza pregiudizi. Non penso di essere la sola ad avere questo problema. D’altra parte per scrivere occorre osservare. Non è possibile osservare senza giudicare.

C’è differenza tra giudicare e condannare. Tra osservare e comprendere e accettare. Io sono quella che sono. L’accettazione parte da noi stessi. Solo conoscendoci davvero, anche attraverso una consapevole auto analisi, possiamo imparare ad accettare l’altro così com’è. Con gentilezza amorevole e compassione.

Non facile, certo. Il libro che prendo e riprendo in mano spesso mi serve proprio a rimettermi in sesto, esattamente come può fare un buon maestro.

Prendersi del tempo per riflettere sul comportamento e sulle modalità per rompere gli schemi reattivi mi pare sempre utile. Se solo fossimo più consapevoli di come agiamo o reagiamo sarebbe già un buon passo. 

Vi lascio questo brano:

Ogni volta che consideriamo qualcuno senza giudicarlo, che accettiamo la persona per quello che è, si pianta un seme di equanimità.

Ogni volta che, con un atto di generosità o di amore, esprimiamo spontaneamente calore verso qualcun altro, si pianta un seme di gentilezza amorevole.

Ogni volta che rimaniamo presenti al dolore di un’altra persona, si pianta un seme di compassione.

Ogni volta che esultiamo o ci rallegriamo per il successo o la felicità di un’altra persona, si pianta un seme di gioia. 

Ken McLeod