
Lui non comunica. Mugugna come un orso. Emette vari rumori, ma non parla. Tranne col suo cane che chiama “Ciccio”.
Ho avuto amanti epistolari. Filavamo una fitta tela verbale. Un sentiero pieno di parole come sassolini bianchi per non perderci, un giardino fiorito tropicale profumato, una giungla brulicante di verbi aggettivi virgole punti e sospiri. Un arabesco calligrafico.
Lui non scrive. Nemmeno un sms. Nemmeno un messaggio su WhatsApp. Non muove le anchilosate ditina per scrivere “mi manchi”, “ti penso”, o altre dolcetti amorosi. Lo ha fatto: i primi mesi per non perdermi e tenermi, poi ha smesso.
Al ristorante lui sta davanti e mastica. Io guardo i quadri appesi, normalmente orrendi. Oppure guardo le altre coppie che parlano e, qualche volta, ridono. E qualcosa dentro mi toglie l’appetito.
Lui parla seduto sul divano di un film visto venti anni fa: racconta scena per scena, battuta dopo battuta. Oppure ha visto Quark la sera prima? Bene. Il giorno dopo, seduto sul divano, racconta per filo e per segno ogni servizio e documentario. Trattengo a stento sbadigli per la noiosa stancante letargica ripetizione del già noto. Mi sembra di assistere alle “serate diapositive” del dopo vacanza di un tempo. Se non c’ero: chissenefrega? Se non ho visto: chissenefrega?
Lui, invece, non trattiene gli sbadigli le volte che gli parlo. Di noi. Dei comportamenti che andrebbero migliorati. O di qualcosa su cui amo riflettere. Lui mi guarda con occhi bovini e mi sbadiglia in faccia. Continuamente. Gli ho detto che non mi sembra educato, ma ha risposto che lo fa perché quella notte ha dormito male. Quando io gli parlo lui – prima – ha sempre avuto una notte d’inferno. Così parlo sempre meno. Nessuno mai mi ha sbagliato in faccia mentre gli parlo. Lo trovo cafone e so di non essere logorroica.
Ma non c’è cosa più irritante della resistenza passiva. Trovo davvero logorante porre un argomento qualsiasi e avere come risposta il silenzio.
In questi anni di frequentazione ho imparato a fare a meno di molte parole. Ho imparato a camminare accanto a lui senza dire una parola, senza fare conversazione. Sento solo la sua voce quando chiama il suo cane “Ciccio” o quando gli dice “Fermo” perché deve fotografare. Poi vige il silenzio. Nulla del fitto cinguettio di due anime in partecipation mistique. Due anime che amano condividere ogni passo fiore nuvola pensiero desiderio ansia.
In questi anni ho imparato a fare a meno di parole scritte. E mail. Messaggi. Lettere scritte a penna e bigliettini. Ho imparato a evitare di dire. Comunicare con lui è un optional. Non basilare anzi – a sua detta – inutile. Inutile parlare di filosofia, psicologia, spiritualità, esoterismo, letteratura.
L’altro giorno ha portato su in montagna dei libri presi dalla mia casa in valle.
– Ho preso questo perché mi piaceva il titolo – ha detto, mostrando un libretto con la copertina nera di cui mi ero completamente dimenticata.
– Ah, sì… C’è un racconto che ho scritto io in quel libro, con uno pseudonimo.
Mi ha guardato con i suoi occhi bovini. Credete che mi abbia chiesto altro, mosso da una normale curiosità? Come quando perché dove chi? Sapete le cinque W del giornalismo? Comunque sta con una che scrive e pubblica. No. Non chiesto nulla. Il libro sta lì ammonticchiato tra altri e non ha neppure letto il mio racconto.
Ogni giorno normalmente pubblico nel blog. Credete che mi chieda: – Cosa hai scritto di bello, o di brutto, ultimamente?
MAI. Nemmeno una volta al mese. Mai.
Quando mi vede rispondere ai commenti, farfuglia: – Hai sempre quel coso in mano.
Inutile che io ripeta che lo smartphone o l’iPad li ho in mano perché – essendo una blogger – ogni tanto devo postare o rispondere. Inutile che io ripeta che in realtà, essendo istintiva e veloce, non andando in giro a fare selfie e aborrendo l’uso e la dipendenza dalle macchine : io in realtà ho in mano pochissimo gli strumenti che, come ora, mi servono per scrivere e comunicare con chi leggo o mi commenta.
Voi direte: – Ti sei scelto un uomo taciturno. Che vuoi allora?
Il problema è che il mio lui non è taciturno: passa ore a parlare con i vicini, gli amici, i passanti, le commesse nei negozi… Scende a portare il cane? Si ferma alle stazioni, come nella Via Crucis, a parlare con i vicini che incontra. Di cosa? Del suo cane: argomento principe.
Allora perché con me non parla?
Perché non comunica?
Perché mi sbadiglia in faccia quando io comunico?
Perché lui ama parlare solo di sé e di Ciccio.
Tutto quello che esula dalla sua divina persona con appendice canina annessa è da evitare.
Il suo pronome preferito è : Io.
Voi capite, dunque, perché io ho ancora amanti epistolari o reali. Perché io di parole mi nutro. Non ne posso fare a meno.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.