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Comunicazione, Linguaggio, Questionario

Rispondo a Fritz Gemini

Immagine fotografica di Eletta

Stamattina, facendo il solito breve giretto nel blog, ho scoperto che un amico mi ha invitata a rispondere a un questionario. Ho accettato volentieri anche perché non avrebbe altrimenti senso il mio continuo richiamo all’importanza della comunicazione. A me piace. È come la finestra dell’immagine: aperta.

È stato divertente e interessante. Qualsiasi domanda, infatti, permette uno scatto di introspezione. Quindi ringrazio per l’esperienza.

https://fritzgemini.wordpress.com

Ecco le sue domande:

  1. Cosa provi quando scrivi per il tuo blog?
  2. Quale e’ stata la causa scatenante che ti ha portato all’apertura di un blog?
  3. Pensi ai tuoi anni passati a scuola. Quali reputi essere stati i migliori e i peggiori anni e perche?
  4. Quale e’ stato l’insegnante che ti ha trasmesso qualcosa che ritieni ancora oggi importante? E cosa ti ha trasmesso di cosi’ importante?
  5. Tornassi indietro, reputi che la scuola possa essere migliorata? Se si, dove?
  6. Tra gli incontri piu’ importanti della tua vita, ce ne sono stati sicuramente almeno 3. Quali sono stati?
  7. Nel visitare una citta’ o una zona d’Italia, c’e’ stato un posto che ritieni avere un’energia particolare che entra in sintonia col tuo Se’ piu’ profondo? Se si, quale e perche’?
  8. Visitando altri luoghi fuori dall’Italia, hai notato delle cose che ti fanno notare che il nostro paese sia indietro? Se si, in quale settore?
  9. Un desiderio della tua vita che non hai ancora realizzato. Qual e’?
  10. Hai la possibilita’ di prenderti un anno sabbatico. Cosa faresti?
  11. Per cosa ti piacerebbe essere ricordato?

Ecco le mie risposte:

1 – Cosa provo scrivendo per il mio blog: piacere. È da sedici anni che scrivo, prima diari per me. Poi da più di dieci anni scrivo pubblicando in un blog. Scrivo solo per il mio piacere. Scrivo perché le parole sono il mio pane quotidiano.

2 – La causa scatenante è stata la scoperta che, pur non essendo una nativa digitale, non era poi così tanto difficile aprire un blog. Ai tempi sulla piattaforma Blogger con Tranellidiseta. Mi piace condividere.

3 – Ero stranamente una bimba timida. Non ho molti ricordi delle elementari tranne la mia amica di cuore. Le medie sono state un buco nero. Le superiori gran risate e noia. Poi ho fatto l’Accademia di Belle Arti: sono stati gli anni più importanti. Lì ho fatto il salto. Anni davvero formativi perché ho incontrato artisti e scrittori. Un mondo diverso.

4 – L’insegnante che mi ha trasmesso di più è stato il mio Maestro di pittura. Mi ha insegnato, attraverso interminabili esercizi di copia dal vero, a vedere. Che non è solo guardare.

5 – Sì, certo. Quasi tutto quello che so l’ho imparato da sola e non tramite la scuola. La scuola dovrebbe stimolare la curiosità. Non dare solo pagine da studiare. Tutto dipende dall’insegnante. Come sempre e in molti casi: è la persona a fare la differenza.

6 – Allora: tre incontri importanti. Uno, come ho già scritto, il Maestro di pittura. Due: un relatore di un Corso di Comunicazione, diventato poi il mio compagno. Tre: qui mi sono bloccata. Potrei dire mio marito perché tramite lui ho avuto il dono di diventare madre. Potrei dire il mio ultimo compagno perché tramite lui ora vivo in montagna… Come ho spesso scritto: ogni cosa che accade ha un senso. Anche ogni incontro.

7 – In Italia entro in immediata sintonia in Toscana. L’ultima volta che ci sono stata ho visitato la zona del Monte Amiata. Le colline, la luce e le ombre, il verde, la pace, il profumo della cucina…

8 – Fuori Italia ho fatto solo soggiorni turistici familiari. A mio parere l’Italia dovrebbe impegnarsi nel favorire un turismo più sostenibile a livello economico. Ad esempio: nei paesi dell’estero mia figlia, fino a una certa età, non pagava il volo e il soggiorno. Come sentivo anche stamattina alla radio occorrerebbe chiedersi perché molti italiani scelgono di fare le vacanze all’estero: costa meno.

9 – Un desiderio che ritengo non ancora realizzato? Direi d’impulso: nessuno. Vivo dove desideravo vivere, ho già pubblicato e ora non desidero farlo, ho avuto la gioia della maternità… direi che sto bene. Forse avere un’amica: non sono molto fortunata in questo campo.

10 – Il mio anno sabbatico lo sto già vivendo. Dopo aver molto lavorato in diversi campi, il mio tempo sabbatico consiste nel vivere in montagna a contatto con la natura.

11 – Mi piacerebbe essere ricordata per quello che scrivo, anche qui, quotidianamente. Per i piccoli semi gettati.

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Comunicazione, Linguaggio,

Comunicazione

Comunicazione di servizio: i maschietti che utilizzano argomenti e linguaggio non consoni al mio spazio vengono immediatamente bloccati.

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Comunicazione, Linguaggio,

Ripetere

Immagine grafica di Eletta

Mi piace comunicare. Mi piace dire, spiegare il mio punto di vista, anche argomentando. Ho avuto, anni fa, diversi interlocutori a cui piaceva farmi da contraltare e quindi ho potuto allenarmi a lungo. Conversazioni e discussioni infinite, leggere, divertenti come duelli a fioretto.

L’importante è la chiarezza. Dire con chiarezza il proprio punto di vista. L’importante è l’ascolto. Ascoltare con molta attenzione il punto di vista dell’altro.

L’importante è il rispetto dei diversi punti di vista. Non sempre si arriva a una sintesi che trova d’accordo le due parti, ma nessuna discussione è vana. Arricchisce sempre.

Solo ultimamente mi è capitato di dover continuamente ripetere le stesse medesime cose senza un minimo rimbalzo: l’altro/l’altra tace. Non replica. Non esplica il proprio pensiero. Non fa sapere la sua posizione. Non controbatte.

È una posizione che non permette la comunicazione.

È davvero molto frustrante soprattutto se la persona con cui cerchi di comunicare ha con te una relazione amicale. O che credevi amicale.

Non c’è rispetto nel silenzio.

C’è presunzione arroganza e fragilità. Chiusura, supponenza ( io sono nel giusto e nemmeno mi abbasso a dirti perché non vali neppure la mia fatica di aprire bocca ).

Anche qui nel mio blog conduco con- vers – azioni. Rispetto sempre chi la pensa diversamente da me. Mi fa davvero sempre un gran piacere ricevere commenti che siano in linea con quanto espongo o no. Nel lasciare un commento o un “mi piace” c’è rispetto e fatica. Anch’io lo faccio e se lascio un mi piace o un commento vuol dire che ho letto e cercato di “ascoltare” il tema o il contenuto e desidero dire la mia.

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Comunicazione, Linguaggio,

Linguaggio del corpo

Io posso fare tutto con il mio linguaggio, ma non con il mio corpo. Ciò che riesco a nascondere con il mio linguaggio, il mio corpo lo dice.

Posso modellare a mio piacimento il mio messaggio, ma non la mia voce. Qualunque cosa dica, dalla mia voce l’altro si accorgerà che ho qualcosa.

Sono bugiardo ( per preterizione ), ma non so recitare. Il mio corpo è un bambino cocciuto, il mio linguaggio è un adulto molto evoluto”

Da: Frammenti di un discorso amoroso – Roland Barthes

Nel paragrafo precedente, Barthes, enuncia che i segni verbali hanno il compito di tacere, di mascherare, di imbrogliare le cose: io non renderò mai conto verbalmente degli eccessi del mio sentimento.

Sta tutta qui la distanza tra ciò che realmente proviamo e quello che trasmettiamo: verbalmente o con il corpo.

Il corpo dice di più. Narra di più. Dice la verità. Attraverso il tremore rossore sudorazione espressione postura prossemica tensione.

Il corpo dice spesso il contrario di quello che la bocca esprime.

Sono felice, ma i tuoi occhi sono tristi.

Sono forte, ma le tue mani sono angosciate.

Ti sono vicino e soffro con te, ma la prossemica racconta un’altra verità.

Qui – in questo mondo virtuale – passano solo le parole. Il linguaggio verbale. Mi sono sempre chiesta: come reagirei cosa coglierei di Paola, di Giuliana, di Massimo, di Ale, di Neda, di Rodi… di tanti altri che ho il piacere di incontrare qui in questo spazio comunicativo? E loro cosa coglierebbero di Eletta, al di là delle parole che io scrivo?

Una sola volta – in questo decennio di scrittura online – ho scelto di svelarmi come persona, al di là del nickname, sotto cui mi celo.

È stato un buon incontro. Non c’è stata discrepanza dislivello incoerenza distanza tra ciò che sono nella scrittura e ciò che sono nella realtà. E anche il mio amico si è rivelato esattamente come lo pensavo. In questo caso nessuna sorpresa: solo il piacere di conoscersi anche senza schermi a schermare, con i corpi a dire. Una pienezza comunicativa data dalla presenza dei corpi.

Voi avete avuto incontri fuori da qui, con persone conosciute qui? Com’è andata?

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Comunicazione, Linguaggio, Senza categoria

Conversazione 

A me piace analizzare, sezionare, osservare, capire. Non mi piace sostare sulla superficie, non gradisco i muri, i recinti, i box, gli ” alt “, i ” basta “. Non mi accontento dell’evidenza, della maschera, del ruolo.

Credo che la realtà sia complessa e vada analizzata tenendo conto di tutti i punti di vista, di tutte le angolazioni.
Una sera, parlando con il mio uomo, che é divorziato, gli dicevo: – Mi piacerebbe parlare con tua moglie.

Sapere il suo punto di vista, conoscere la sua lettura.

Preferisco la panoramica, dopo aver osservato un dettaglio.

Il frammento fa parte di un insieme, come la tessera di un mosaico.
C’è qualcuno che, invece, chiude tutte le porte a chiavi. Non ammette indagini. Non ammette intrusioni. Non vuole mettere le carte sul tavolo. Teme il giudizio e si chiude a riccio.

Chi sei tu? Non solo quello che racconti di te, ma anche la somma dei racconti che gli altri fanno su di te. La lettura sociale. Il volto che mostri quando il tuo comportamento é semplicemente mostruoso.

Dobbiamo dare conto di ogni nostra azione perché ciascuno é responsabile delle scelte che fa e ne subisce le conseguenze.

In una conversazione con amici e conoscenti io pongo domande, mi piace scavare. Conoscere è non fermarsi allo stato teatrale: ciascuno con il suo ruolo imparato a memoria, recitato ogni giorno dalla mattina alla sera. La coda del pavone per farsi ammirare. Vedi quanto sono bello e intelligente? E sotto cosa c’è? Come vivi soffri gioisci senti? Cosa veramente desideri o provi?

Cosa vuoi dire con questa battuta? Che desiderio ti muove? Che ne pensi di questo fatto?

Ci sono persone che fanno monologhi continui. Neppure ascoltano. Si lamentano incessantemente. Non ho dormito, non ho mangiato, ho un sacco di cose da fare, nessuno mi ama. Mi fa male la cervicale la schiena il piede la testa. Se poi, momentaneamente, sei tu ” fuori uso” l’attenzione non si sposta dal proprio centro egoico per vedere le necessità dell’altro. Non chiedono: come stai? Come posso aiutarti?
Il rimbalzo della pallina comunicativa non c’è.

Io stanotte non ho dormito, e tu?

Ho passato la giornata facendo questo e quello, e tu?

Io esco per andare dalla fisioterapista e tu?

Io vado in città a prendere una cosa che mi serve, e a te cosa serve?

Io vado a giocare con il vicino, e tu che programmi hai?

Io mangio e tu?
In questo ” e tu? ” c’è tutta la magia della comunicazione efficace, inclusiva dell’interlocutore.
L’altro che ci sta davanti, al tavolo a cena o al tavolino del bar, non occupa solo uno spazio fisico.

Ieri ho detto a una persona: – A volte penso che se invece del mio corpo, fermo e muto in ascolto, ci fosse una bambola di plastica, non cambierebbe nulla.

Possiamo educarci a considerare la sua presenza come valore aggiunto in una comunicazione o conversazione? Possiamo sforzarci di uscire dal nostro EGO e vedere anche i desideri, problemi, vissuti dell’altro?

Possiamo imparare ad ascoltare veramente, e non superficialmente l’altro? Possiamo includere anche la persona che abbiamo vicino in una con-vers-azione? La conversazione prevede un movimento “verso” l’esterno e ” con ” cioè insieme all’altro.
Se non possiamo comunicare o conversare, tanto vale chiuderci in una stanza e parlare ad alta voce al muro.

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Comunicazione, Linguaggio, Graffio

Ciccio 

Lui non comunica. Mugugna come un orso. Emette vari rumori, ma non parla. Tranne col suo cane che chiama “Ciccio”.

Ho avuto amanti epistolari. Filavamo una fitta tela verbale. Un sentiero pieno di parole come sassolini bianchi per non perderci, un giardino fiorito tropicale profumato, una giungla brulicante di verbi aggettivi virgole punti e sospiri. Un arabesco calligrafico.

Lui non scrive. Nemmeno un sms. Nemmeno un messaggio su WhatsApp. Non muove le anchilosate ditina per scrivere “mi manchi”, “ti penso”, o altre dolcetti amorosi. Lo ha fatto: i primi mesi per non perdermi e tenermi, poi ha smesso.

Al ristorante lui sta davanti e mastica. Io guardo i quadri appesi, normalmente orrendi. Oppure guardo le altre coppie che parlano e, qualche volta, ridono. E qualcosa dentro mi toglie l’appetito.

Lui parla seduto sul divano di un film visto venti anni fa: racconta scena per scena, battuta dopo battuta. Oppure ha visto Quark la sera prima? Bene. Il giorno dopo, seduto sul divano, racconta per filo e per segno ogni servizio e documentario. Trattengo a stento sbadigli per la noiosa stancante letargica ripetizione del già noto. Mi sembra di assistere alle “serate diapositive” del dopo vacanza di un tempo. Se non c’ero: chissenefrega? Se non ho visto: chissenefrega?

Lui, invece, non trattiene gli sbadigli le volte che gli parlo. Di noi. Dei comportamenti che andrebbero migliorati. O di qualcosa su cui amo riflettere. Lui mi guarda con occhi bovini e mi sbadiglia in faccia. Continuamente. Gli ho detto che non mi sembra educato, ma ha risposto che lo fa perché quella notte ha dormito male. Quando io gli parlo lui – prima – ha sempre avuto una notte d’inferno. Così parlo sempre meno. Nessuno mai mi ha sbagliato in faccia mentre gli parlo. Lo trovo cafone e so di non essere logorroica.

Ma non c’è cosa più irritante della resistenza passiva. Trovo davvero logorante porre un argomento qualsiasi e avere come risposta il silenzio.

In questi anni di frequentazione ho imparato a fare a meno di molte parole. Ho imparato a camminare accanto a lui senza dire una parola, senza fare conversazione. Sento solo la sua voce quando chiama il suo cane “Ciccio” o quando gli dice “Fermo” perché deve fotografare. Poi vige il silenzio. Nulla del fitto cinguettio di due anime in partecipation mistique. Due anime che amano condividere ogni passo fiore nuvola pensiero desiderio ansia.

In questi anni ho imparato a fare a meno di parole scritte. E mail. Messaggi. Lettere scritte a penna e bigliettini. Ho imparato a evitare di dire. Comunicare con lui è un optional. Non basilare anzi – a sua detta – inutile. Inutile parlare di filosofia, psicologia, spiritualità, esoterismo, letteratura. 

L’altro giorno ha portato su in montagna dei libri presi dalla mia casa in valle. 

– Ho preso questo perché mi piaceva il titolo – ha detto, mostrando un libretto con la copertina nera di cui mi ero completamente dimenticata.

– Ah, sì… C’è un racconto che ho scritto io in quel libro, con uno pseudonimo.

Mi ha guardato con i suoi occhi bovini. Credete che mi abbia chiesto altro, mosso da una normale curiosità? Come quando perché dove chi? Sapete le cinque W del giornalismo? Comunque sta con una che scrive e pubblica. No. Non chiesto nulla. Il libro sta lì ammonticchiato tra altri e non ha neppure letto il mio racconto.

Ogni giorno normalmente pubblico nel blog. Credete che mi chieda: – Cosa hai scritto di bello, o di brutto, ultimamente?

MAI. Nemmeno una volta al mese. Mai.

Quando mi vede rispondere ai commenti, farfuglia: – Hai sempre quel coso in mano. 

Inutile che io ripeta che lo smartphone o l’iPad li ho in mano perché – essendo una blogger – ogni tanto devo postare o rispondere. Inutile che io ripeta che in realtà, essendo istintiva e veloce, non andando in giro a fare selfie e aborrendo l’uso e la dipendenza dalle macchine : io in realtà ho in mano pochissimo gli strumenti che, come ora, mi servono per scrivere e comunicare con chi leggo o mi commenta.

Voi direte: – Ti sei scelto un uomo taciturno. Che vuoi allora?

Il problema è che il mio lui non è taciturno: passa ore a parlare con i vicini, gli amici, i passanti, le commesse nei negozi… Scende a portare il cane? Si ferma alle stazioni, come nella Via Crucis, a parlare con i vicini che incontra. Di cosa? Del suo cane: argomento principe. 

Allora perché con me non parla? 

Perché non comunica? 

Perché mi sbadiglia in faccia quando io comunico? 

Perché lui ama parlare solo di sé e di Ciccio. 

Tutto quello che esula dalla sua divina persona con appendice canina annessa è da evitare. 

Il suo pronome preferito è : Io.

Voi capite, dunque, perché io ho ancora amanti epistolari o reali. Perché io di parole mi nutro. Non ne posso fare a meno. 

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Amicizia Comunicazione, Linguaggio,

Narcisismo

Lui, l’ospite, parla solo di sé. Si sporge un poco dal suo balconcino solo per la sua nuova fiamma: semplicemente perché lo fa risplendere.

La parola più usata è IO.

Io leggo un sacco di libri ( peccato che non chieda e tu? )

Io sono molto veloce e organizzato.

Io dico una cosa e non la ripeto due volte.

Io ho imparato a cucinare da diversi chef.

Io ho un rapporto magnifico con mio figlio ( sua madre no ).

Io so sciare benissimo.

Io scelgo di gestire il mio tempo come mi pare.

Io faccio sentire la donna che sta con me una dea.

Ogni sua proposizione è chiusa. Non chiede mai: e voi? Sapete sciare amare leggere organizzare lavorare? E voi chi siete? Cosa fate? Che passioni avete? Di cosa vivete?

Per l’ospite egocentrico e narcisista gli ospitanti sono solo pubblico che ascolta le proprie performance e applaude dicendo: -Bravo!

L’arte dell’ospitare è fatta di discrezione attenzione e calore. L’arte dell’ospitato dovrebbe essere fatta di sana curiosità e attenzione verso i padroni di casa. Non fermarsi solo a fare show. Non fermarsi solo a deporre le uova dorate del proprio ego.

Ho già scritto diverse volte di comunicazione. C’è una sostanziale differenza tra monologo e dialogo.

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Comunicazione, Linguaggio,

Confronto

Sono cresciuta leggendo il lunghissimo ( 5000 pagine ) diario di Anais Nin e la biografia di Lou André Salomè. Mi è sempre piaciuto sapere di alcune donne che hanno avuto modo di confrontarsi con uomini in un fertile terreno culturale e intellettuale.

Come ho già scritto e detto più volte a me piace il confronto, il dibattito, la discussione, la conversazione. Su ogni tema. A largo raggio. Adoro porre il mio punto di vista e conoscere un diverso punto di vista. Argomentare le mie ragioni e sentire le argomentazioni altrui.

In questa piattaforma mi piace proprio l’interazione. Il commento, contributo, parere. Il dire.

Per questo oggi vorrei porvi una domanda.

Se siete in una relazione di coppia, e scrivete in un sito, avete modo di confrontarvi con il vostro, o la vostra, partner?

Mi spiego meglio: quando scrivete un post lo leggete al vostro lui o alla vostra lei? O, se non ne parlate, lui o lei vi chiede: – Cosa hai scritto oggi?

Per quanto mi riguarda ho vietato la lettura diretta dei miei blog alla persona con cui sono in relazione. Ma, francamente, mi lascia un po’ perplessa l’assoluta indifferenza che noto per cui non c’è mai, ma proprio mai, una domanda, una curiosità rispetto a quel che vado scrivendo qui o là o là.

– Di quale argomento ti sei occupata in questi giorni?

– Cosa hai scribacchiato oggi?

Mai. Come se io non scrivessi. Capita anche a voi questa sensazione che all’altro, alla fine, non interessi proprio quello che scrivete? Indifferenza o una sottile invidia? A quale scopo non chiedere mai?

Riprendendo il punto da cui sono partita: adoro la condivisione e la conversazione. Entrambe le parole hanno un ” con ” che significa “insieme“.

Se sto con, insieme a una persona mi piacerebbe avere un minimo di condivisione e confronto. Anche se non legge i miei post, rispettando il mio volere, mi piacerebbe che ogni tanto chiedesse. Che mostrasse un minimo interesse nei confronti di questo campo che occupa la mia vita e i miei interessi.

Per fortuna qui trovo persone che “perdono tempo” a leggermi e commentarmi. Dove là c’è il deserto ( mai una domanda una curiosità una interferenza ) qui c’è una foresta rigogliosa.

Oggi si celebra la giornata contro la violenza sulle donne. Ho scritto nell’altro blog sul tema. L’indifferenza verso una passione del partner, la totale indifferenza, non è forse anche una piccola sottile forma di violenza? Non è forse più sana e fertile la compartecipazione?

Voi osserverete: Eh, ma se sei stata tu a vietare la lettura, cosa pretendi?

Già: ho chiesto di non essere letta perché Eletta ama scrivere liberamente quello che le passa nella testa senza censure. Sapere che lui mi legge implica già una limitazione della libertà espressiva.

Questo non significa che le porte siano sbarrate al campo. Infatti mi capita sovente di leggergli dei commenti o degli articoli di amici blogger. Ma, nonostante questo, rimane l’assoluta totale indifferenza.

Che ne pensate?

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Sei funzioni della lingua 

Il linguista Roman Jakobson ha individuato sei funzioni della lingua.
La FUNZIONE EMOTIVA concentrata sull’emittente; serve ad esprimere direttamente l’atteggiamento del soggetto rispetto a ciò di cui parla.

La FUNZIONE CONATIVA, concentrata sul destinatario ; serve a indurlo a compiere ciò che vuole l’emittente.

La FUNZIONE REFERENZIALE, concentrata sul referente; mira a fornire informazioni su ciò di cui si parla. È detta anche funzione denotativa o cognitiva.

La FUNZIONE METALINGUISTICA concentrata sul codice, viene attuata ogni volta che l’emittente e il destinatario verificano che il codice usato è il medesimo.

La FUNZIONE POETICA è incentrata sul messaggio in quanto tale. È la funzione dominante nella poesia ma si ritrova in tutte le attività linguistiche, nel momento in cui si riserva un’attenzione particolare all’elaborazione e alla strutturazione formale del messaggio.

La FUNZIONE FATICA è invece incentrata sul canale. Verifica se il canale funziona. Attira l’attenzione dell’interlocutore e stabilisce il contatto. 

La funzione che più mi manca con le persone contattate nei social è l’ultima: la funzione fàtica. Dal latino fari che significa pronunciare, parlare… è quella funzione che si attiva in presenza o al telefono facendo capire, anche solo con dei mugolii, che stiamo seguendo il discorso, ci interessa quello che sta dicendo il nostro interlocutore e siamo collegati con quello che sta dicendo. Sì, ho capito… ma… eh, sì… e tu? Hai perfettamente ragione… ma tu… e allora? 

Comunque voce. Presenza. Contatto nel dia-logos. 
Anche la risatina che indica che la cosa ci diverte o gli sbuffi se ci annoia. La tossettina dell’imbarazzo.
Nel linguaggio scritto è stato sostituito con i disegnini. Ma la parola scritta ha comunque un peso specifico diverso e risulta più dura, senza questa funzione che ammorbidisce gli angoli.

Una frase scritta può essere interpretata in maniera univoca e non c’è modo di avere il feed back per capire se è stata compresa, talvolta, nella sua leggerezza ironica, burlesca.

Voce di uno che grida nel deserto. Si direbbe. 
Nella sequenza del “calore-colore” dei messaggi metterei dalla più calda alla più fredda:

vis à vis

telefonata

lettera scritta a mano

mail

chat

messaggio tweet 

messaggino telefonico 
Nella lettera a mano almeno c’è l’impronta calda della scrittura, qualche particella di profumo, qualche frammento di respiro

nella mail si può aggiungere qualche sob, sigh o qualche immagine “calda”

nella chat, anche se scritta, c’è comunque un ritmo di interlocuzione, di attesa e rimando

nel messaggio tweet anche, ma la laconicità, rende il tutto più difficile; ma: anche qui condire abbondantemente con linguaggio figurato e figurativo aiuta

il messaggino telefonico è il più freddo in assoluto, a mio parere.

Nella lettera a mano almeno c’è l’impronta calda della scrittura, qualche particella di profumo, qualche frammento di respiro

nella mail si può aggiungere qualche sob, sigh o qualche immagine “calda”

nella chat, anche se scritta, c’è comunque un ritmo di interlocuzione, di attesa e rimando

nel messaggio tweet anche, ma la laconicità, rende il tutto più difficile; ma: anche qui condire abbondantemente con linguaggio figurato e figurativo aiuta

il messaggino telefonico è il più freddo in assoluto, a mio parere.
Forse mi sono dimenticata qualcosa? Ah, sì. Il linguaggio dei gesti, del corpo. Il più chiaro e immediato. Batte tutti gli elenchi e si prende il primo posto, assoluto.