Ho giocato un po’ con le poesie salvate dal rogo. Perché è bene non prendersi troppo sul serio. Stanno in un portalistini dal cellophane celeste. Rileggendole sorrido per il Pathos e l’Eros di più di quindici anni fa.
Qualcuna è proprio adolescenziale. Qualcun’altra invece mantiene un senso. In genere non amo le rime, ma questa che trascrivo a pezzi, essendo piuttosto lunga, la trovo compiuta.
Luglio 2005
Questi fili di ragnatela
in cui cado e mi dibatto
bava mia lucente e tesa…
non ne esco mai illesa.
Estratti di tortura
isole di piacere
celle asfittiche
– geometrie prive di senso –
dove passeggia l’ irruenza
e di rado il mio consenso.
Tessuti come reti calate
la notte pronto l’arpione
inchiostro nero lanciato
a misera protezione.
Quanto male faccio
senza volerlo fare
solo esistendo
assisto
a effetti deflagranti
ambulanti interazioni
di demoni calanti…
Rimango spettatrice
sul campo di battaglia
conto i corpi rimasti
a terra senza lancia.
Tutte le armi usate:
tutto è lecito nel paradosso
osare predicendo
quale predestinato
cadrà nel fosso.
La passione che desto dentro
è un vento devastante
lacera e strappa vele
a chi vuol andar distante.
Uncina gli occhi e il cuore
strizza anche il cervello
dilapidate il senno
compagni di vascello!
Compagni di cordata
trattenete forte il fiato
respirate con lentezza
se all’altezza non osate…
La mia anima è molto antica
porta messaggi arcani
solleva con le dita
maschere e pastrani.
Credete di possederla
ed è lei che vi possiede
credete di ammansirla
con grida di sirene.
Galoppa sempre sola
sul suo destriero alato
ha come meta fissa
un orizzonte devastato.
Vi sovvertirà la vita
scompiglierà ogni cosa
poi vi deporrà per terra
come conchiglia vuota.
Ciò che eravate e siete
son ben poca cosa
per chi ha in mente altro:
l’essenza in cui riposa.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.