Joyce e i suoi esercizi di stile

Stamattina lanciavo il gioco di Queneau e non ricordavo che, prima di lui, Joyce aveva giocato con esercizi di stile…


Quando sono arrivata al quattordicesimo episodio dell’Ulisse: “Le mandrie del sole” non capivo, faticavo molto nella lettura.


Finché non ho letto la “Guida alla lettura” dell’Ulisse, pensavo semplicemente di essere una scarsa lettrice, considerato che faticavo così tanto a leggere questa parte così lunga e scritta con un linguaggio così aulico.


Poi ho scoperto che la complessa articolazione di questo capitolo è dovuta al susseguirsi di una serie di “pastiches” di stili letterari inglesi.

Il caro Joyce, giocherellone com’è, si è divertito a giocare con il linguaggio e con il variare degli stili, tant’è vero che – nella guida – si individuano 32 voci tra cui:

Stile involuto, latineggiante, da antica cronaca
Stile anglosassone epico
Antico stile ecclesiastico
Stile di prosa elisabettiana
Stile dialogato (commedia della Restaurazione)…
e via dicendo.

“Si può dire che protagoniste incontrastate dell’episodio sono la lingua e la letteratura inglesi”.
“L’irlandese Joyce sembra provare una feroce soddisfazione nel servirsi in tal modo degli stili più ammirati e codificati della prosa letteraria inglese. Sono per lui gloriosi stracci con cui travestirsi”.

Ca va sans dire che mentre l’autore gioca, il lettore un po’ si annoia perché non c’è ombra di trama e il tessuto del racconto, gli eventi e i protagonisti, si perdono nei suoi eccellenti esercizi di stile.


Più di quaranta pagine così. Ecco perché Cervantes – e altri egregi scrittori – con il suo raccontare piano e senza giochi solipsistici tranne quello di coinvolgere il lettore, alla fine, risulta di più semplice e godibile lettura.

Joyce non è facile, ma rimane comunque un mio prediletto.

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