Il nuovo gioco linguistico della settimana è : il Pangramma.
Si tratta di scrivere una frase in cui compaiono almeno una volta tutte le lettere dell’alfabeto. Più corta è la frase meglio è.
Un esempio di Umberto Eco:
TV? Quiz, Br, Flm, DC… Oh, spenga!
Questo Pangramma è legato al tempo:
Br = Brigate Rosse
DC= Democrazia Cristiana
FLM= federazione lavoratori metalmeccanici
Non facile questo gioco, proverò anch’io. Naturalmente le frasi possono essere più lunghe, e le lettere ripetute ma il gioco riesce meglio meno parole si usano, come ha fatto il Maestro Eco.
Buon divertimento
Eletta
«Andavo a Barcellona, fregando zelante pashmine squisite.»
“Fame di parole”: La rete vorace di parole si pasce e le piacque il pangramma dei miei balbettii farfugliati. Ma già si sa che non la sazia la qualità!
Da sabato ore 17, sono senza la linea dello smartphone. La linea, e la connessione Wi-Fi, è caduta partita sparita. Non è la prima volta che mi capita. Non c’era vento né neve né altro che potesse far pensare a un guasto all’antenna. Inspiegabile. Ora sono le otto e mezza del giorno dopo. La linea non è tornata e non so quando tornerà. Essere senza smartphone mi ha creato un improvviso vuoto e scombussolamento nella successione dei riti mattutini:
Non ho potuto leggere le notizie sul quotidiano on line a cui sono abbonata e dare uno sguardo ai titoli degli altri quotidiani
Non ho potuto fare e ricevere telefonate
Non ho potuto ricevere e inviare messaggi
Non ho potuto guardare che tempo fa (incredibile che non si faccia aprendo la finestra e guardando il cielo)
Non ho potuto guardare leggere e rispondere ai commenti sul mio blog e lanciare un altro pezzo
Non ho potuto ascoltare la radio o la musica dalle app mentre mi preparavo a uscire
Questo vuoto, creato dal mancato funzionamento di un aggeggio che ormai è a noi collegato fissamente con un cordone ombelicale virtuale, mi ha imposto la ricerca di un’alternativa.
Quindi, dopo aver fatto colazione, in attesa che arrivasse l’ora meno fredda per una passeggiata ( qui ormai fino alle dieci siamo sotto zero o a pochi gradi sopra lo zero) ho preso a caso un libro dalla pigna che ho in corridoio, il primo che mi è capitato in mano, alla cieca.
Con mio stupore all’apertura ho notato che si trattava di un libro che non avevo mai letto. Mi è stato regalato più di dieci anni fa dall’amante di corrispondenza epistolaria. Oltre a scriverci chilometri di parole leggevamo molte parole e ci scambiavamo pareri sui libri letti, consigli o, come in questo caso, ce li regalavamo i libri.
Fatta tutta questa premessa, se non ci fosse stato questo “incidente” a provocare un vuoto, io difficilmente stamattina avrei preso in mano e letto quasi interamente: Il senso di una fine di Julian Barnes – Einaudi
Sono le sedici e trenta di domenica , il guasto sulla linea telefonica interessa tutta la valle. È ormai da 24 ore che sono senza smartphone e Wi-Fi. Ho quasi finito il libro.
” con quale frequenza raccontiamo la storia della nostra vita?Aggiustandola, migliorandola, applicandovi tagli strategici? E più si va avanti con gli anni, meno corriamo il rischio che qualcuno intorno a noi ci possa contestare quella versione dei fatti, ricordandoci che la nostra vita non è la nostra vita, ma solo la storia che ne abbiamo raccontato. Agli altri, ma soprattutto a noi stessi“.
Questa una chicca del libro su cui riflettere. Forse sarebbe il caso di impostare già nel sistema di uno Smartphone un guasto programmato ogni tot giorni per permetterci di trovare “altro da fare” togliendoci momentaneamente da una schiavitù ormai perenne.
Voi quante volte oggi avete preso in mano lo Smartphone? Per cosa lo avete usato? E riuscireste a stare 24 ore senza usarlo mai, neanche per dare una sbirciatina a WhatsApp? E senza connessione internet cosa fareste di nuovo?
Stamattina ho acceso lo Smartphone. La linea è tornata. Ho finito la lettura del libro.
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