Vivere in montagna mi ha regalato una nuova deliziosa attività: creare i liquori.
Non li avevo mai fatti, ma avevo apprezzato quelli che fa da sempre mia madre: limoncello e liquirizia.
Da piccola ricordo anche le uova a macerare a lungo per il liquore all’uovo: Vov.
Non so come, ma qui ho iniziato a provare a fare i miei liquori. Con quello che ho: la profumata menta o la salvia e, a fine settembre, con le bacche di rosa canina.
A questi ho unito il liquore alla liquirizia: la prendo in farmacia in sacchettini che ricordano cose antiche.
L’ultimo liquore che ho fatto è il limoncello. Ottimo fresco.
Quando ho ospiti è un piacere far scegliere il liquore preferito mettendo le bottiglie sul tavolo. È un bel modo per aggiungere un tocco alla serena convivialità. Un bicchierino di liquore fa bene al cuore.
Esattamente nove anni fa scrivevo sul mio altro blog, relativamente a due articoli letti sul quotidiano La Repubblica:
Uno era di Giacomo Papi che raccontava di un viaggio sul treno Freccia Rossa verso Roma:
” I passeggeri si sono tolti il cappotto e automaticamente si sono collegati in rete con il portatile. Tutti stanno già navigando, chattando, scrivendo, calcolando, rispondendo alle e-mail.
Ca va sans dire: nessuno comunica con il vicino. Nessuno dorme anche se sono le sette e mezza di mattina.
Tutti sono già collegati. Il cordone ombelicale va dritto al pc o all’iPad.
Nessuno guarda il paesaggio che sfila fuori dal finestrino. Attivi con le dita, gli occhi e la mente. Molti già lavorano. Sono tutti connessi, interconnessi e attivi. Presenti alla rete del mondo”.
In una delle pagine successive Federico Rampini raccontava del ritrovato gusto della casalinghità e domesticità delle donne sotto i trenta.
” fare la marmellata, cucinare, cucire, fermentare yogurt all’antica, fare la maglia e coltivare gli orti. Preparare i bambini in casa scolarizzarli tra le mura domestiche: homeschooling.
La nostra generazione satura di tecnologie ha una disperata voglia di manualità, nostalgia del saper fare le cose”.
Nove anni fa chi avrebbe previsto quello che è capitato per il corona virus? Il lockdown da un lato ha amplificato la nostra dipendenza dalla rete, in questo caso unica modalità di comunicazione con l’esterno.
D’altro lato ha imposto una valorizzazione di tutte le attività manuali. Volenti o nolenti, considerata la forzata carcerazione tra le mura domestiche, ci ha presentato il conto di un tempo dilatato da riempire: così abbiamo riscoperto che le mani non servono solo per digitare sulla tastiera ma anche per disegnare e dipingere, scrivere su un foglio con una penna, lavorare a maglia o all’uncinetto, giocare e costruire, modellare.
A volte, se non comprendiamo da soli, la storia ci impone un forte segnale esterno che ci fa cambiare radicalmente comportamento.
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